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“Chi ha paura muore ogni giorno”, Il Giudice AYALA Alla Palazzina Azzurra

San Benedetto del Tronto | Ascoltare Ayala è pensare a Falcone e Borsellino, è “rivederli” nella mente nelle immagini di allora, con un rimpianto e una nostalgia che il tempo trascorso non riesce ancora a consolare.

di Maria Teresa Rosini

(Foto: A. Cicchini)

Nell'ambito della manifestazione "Incontri con l'autore", organizzata dal Comune di San Benedetto del Tronto con la libreria "La Bibliofila", il giudice Giuseppe Ayala ha presentato il suo libro "Chi ha paura muore ogni giorno", edito da Mondatori, in cui ripercorre la storia del pool antimafia di Palermo e dei giudici Falcone e Borsellino, con cui ha condiviso la passione professionale e le vicende umane nella stagione che ha visto la magistratura assestare colpi decisivi nella lotta contro l'organizzazione mafiosa.

Il giudice Aldo Manfredi, oggi collega di Ayala alla Corte d'Appello dell'Aquila, mostrando chiarezza, passione e abilità narrative analoghe a quelle dell'autore, nel citare avvenimenti, occasioni, episodi e nel proporre sollecitazioni e rimandi, ha offerto un valido supporto nella conduzione della conversazione con il pubblico.

Ascoltare Ayala è pensare a Falcone e Borsellino, è "rivederli" nella mente, nelle immagini di allora, con un rimpianto e una nostalgia che il tempo trascorso non riesce ancora a consolare.
Ayala si sente un sopravvissuto quando ci parla delle circostanze che, anche in occasione della tragica scomparsa dei due colleghi e amici, per casualità (o cosa altro?) lo hanno legato indissolubilmente ad essi, pur preservandolo da un epilogo altrettanto drammatico.

Le sue parole rinnovano la nostra consapevolezza della statura morale e dello spessore umano dei due magistrati costretti a confrontarsi con le condizioni estremamente difficili e insidiose nelle quali hanno condotto il loro mandato professionale, mantenendo lucidità, responsabilità e consapevolezza estrema del loro dovere nell'affrontarne i rischi.

Ci rinnovano anche l'amarezza per il trattamento che alcune istituzioni hanno loro riservato, per la solitudine in cui sono stati lasciati a perseguire con coerenza obiettivi che dovevano essere dell'intero paese e non di un avamposto, per quanto valoroso e accorto, di uomini costretti all'eroismo.

E si parla anche di giustizia, in un momento in cui la magistratura, che ha la funzione di amministrarla e che è una delle istituzioni fondamentali dello Stato di diritto, è sotto attacco. Ripercorrere la storia del pool antimafia e la tragica conclusione di una vicenda che aveva alimentato la concreta speranza di conseguire una definitiva vittoria sulla mafia, con la consapevolezza sconcertante dell'attualità e delle vicende cui, in un crescendo di disillusioni e di incredulità abbiamo assistito in questi anni, ci sprofonda in un pessimismo cupo nel quale ci sembra di aver perduto ogni possibilità di redenzione.

Le inefficienze attribuite al funzionamento del nostro apparato giudiziario, quelle che realmente rendono i procedimenti "percorsi a ostacoli", non sono, secondo Ayala, il vero obiettivo delle riforme che si stanno prospettando (relative all'obbligatorietà dell'azione penale, alla separazione della funzione requirente da quella giudicante, al ridimensionamento del Consiglio Superiore della Magistratura), che sembrano invece obbedire ad "altri" scopi, dato che, sono ancora parole di Ayala, qualunque riforma tra quelle ipotizzate "non accorcerà di un minuto i processi".

Nessun serio disegno di legge invece è mai stato elaborato per andare ad incidere nei meccanismi tecnici e pratici che rallentano fino alla paralisi le attività dei tribunali, rendendo, per chi ne ha interesse, "fascinosissima" la possibilità della prescrizione del reato( che viene conseguita, secondo i dati forniti da Ayala, quasi nell'80% dei casi), e che trasforma in "follia quotidiana" esercitare oggi il mestiere di giudice.

"La lentezza è voluta" accusa Ayala e delle mancate riforme che sarebbero state necessarie per risolverla, portano la responsabilità "in maniera trasversale" tutte le aree politiche che si sono succedute al governo della nazione.
Ora, però, sembra che il pericolo che corre nel nostro paese l'amministrazione della giustizia sia ancora più grave: i cittadini, per questo, devono essere vigili, non avvallare l'operazione di screditamento della giustizia e dei giudici lasciandosi confondere da ragionamenti propagandistici.

L'autonomia e l'indipendenza della magistratura, stabilita dalla nostra Costituzione, è un valore e un principio che tutela tutti i cittadini, un elemento di equilibrio e garanzia nei rapporti tra i principali organi dello Stato: deve essere oggetto di riforme ai fini dell'efficienza, non di interventi atti a svuotarne i poteri.

26/07/2008





        
  



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