A meno di due settimane dalla beffa che ha colpito le maestranze dello stabilimento, le quali dopo aver visto i cancelli del sito aprirsi, gli stessi sono stati richiusi dopo meno di un ora dalla ripresa delle attività produttive: i lavoratori hanno inviato un comunicato stampa di protesta e riflessione.

Dopo la "seconda" chiusura dello stabilimento le maestranze si interrogano se l'acquisto di sementi, i contratti di coltivazione, le semine gia effettuate, l' assunzione degli addetti per la manutenzione degli impianti e la certezza di un programma di assunzione scaglionato siano realmente le cause in questo caso.

"La realizzazione di questo progetto è stata bloccata da una miriade di cavilli che noi lavoratori consideriamo altamente pretestuosi, giacché la miglior garanzia per la tutela del concordato è il nostro lavoro." - scrivono letteralmente nella lettera inviata.

I lavoratori inoltre tendono a ricordare che la chiusura ha portato alla cassa integrazione, tra l'altro neanche percepita, di 80 famiglie di cui la gran parte monoreddito e con mutuo e che "non vogliamo gli ammortizzatori sociali come soluzione quando c' è la possibilità di riavviare uno stabilimento efficiente con un piano industriale ritenuto da tutti, istituzioni, assindustria e sindacato, valido e con una prospettiva di sviluppo futuro per il territorio" - aggiungono.

Va da ricordare che il territorio del Piceno ad oggi conta più di 3000 cassa integrati, la maggior parte a causa della politica economica di sciacallaggio di alcuni imprenditori irresponsabili, e che l'ex surgela, industria leader a livello italiano nella produzione di prodotti surgelati potrebbe essere il punto di non ritorno per il crollo dell'economia di tutta la Provincia.