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La riforma scolastica Gelmini non poggia su alcun fondamento pedagogico né storico

San Benedetto del Tronto | La riforma scolastica Gelmini non poggia su alcun fondamento psico-pedagogico, è solo un'operazione decisa dal ministro Tremonti insieme alla Gelmini per "fare cassa" tagliando circa 8 miliardi di euro in tre anni alla scuola pubblica.

di Giuditta Castelli

Un momento dell'incontro

La riforma scolastica Gelmini non poggia su alcun fondamento psico-pedagogico, è solo un’operazione decisa dal ministro Tremonti insieme alla Gelmini per “fare cassa” tagliando circa 8 miliardi di euro in tre anni alla scuola pubblica. A sostenere ciò è il dirigente scolastico e pedagogista Emilio Vita, invitato ad intervenire in qualità di esperto all’incontro aperto organizzato dal PD di San Benedetto del Tronto, presso la sala della Provincia a Porto d’Ascoli.

Tanti i partecipanti, oltre al segretario Gregori e agli assessori Sorge ed Emili, iscritti e cittadini intervenuti esclusivamente per saperne di più. Ripercorrendo tutte le tappe storiche e culturali più significative per l’evoluzione della scuola primaria italiana che l’hanno portata al 5° posto nel mondo, il prof. Vita ha evidenziato lo sforzo congiunto di tutte le forze politiche presenti in Parlamento e i 4 anni di riflessione e di confronto di ben 60 esperti per l’approvazione dei nuovi programmi del 1985 per la scuola primaria ed i 3 anni di dibattiti e di “sperimentazione assistita” per approvare, sempre con l’intervento diretto di esperti (pedagogisti, psicologi, sociologi) e la consultazione di 4500 collegi di docenti, la legge 148/90, cioè la legge che introduce l’organizzazione modulare che la Gelmini vuole cancellare con il ritorno al maestro unico.

Un impegno politico e culturale imponente che in venti anni ha trasformato la scuola primaria dall’essere soltanto un “mezzo” per imparare a “leggere, scrivere e a fare di conto” in un ambiente formativo centrato sul bambino e organizzato per assicurargli lo sviluppo armonico della personalità consentendogli di crescere come uomo e cittadino migliore.

La scuola del terzo millennio deve assicurare a tutti uguaglianza di opportunità, il diritto di svilupparsi secondo le proprie predisposizioni, attitudini, capacità, interessi, diversità. Essa riconosce nell’integrazione, nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità la civiltà di un popolo e di una nazione. Per raggiungere tali obiettivi irrinunciabili occorrono maestri e professori sempre più specializzati, programmazione sistematica degli interventi didattici, verifica e valutazione degli esiti, collegialità e sinergia tra tutti gli operatori scolastici, risorse temporali e finanziarie, altro che riduzione dell’orario e maestro unico proposti dalla Gelmini.

In questi due decenni i maestri hanno dovuto ricalibrare la loro formazione per adeguare l’insegnamento alle richieste sempre più complesse degli alunni e della società. Tutti i docenti, sono del resto una categoria “speciale”di lavoratori poiché ad essi vengono richieste oltre alle competenze disciplinari anche il coinvolgimento emotivo, l’empatia, la capacità di relazionarsi con bambini e giovani che sono anche affettività, creatività, socializzazione, oltre che intelligenza e abilità.

La scuola del progresso non è la scuola dei grembiulini, o del voto in condotta. E’ la scuola della conoscenza e la conoscenza è anche conoscenza psicologica (dell’età evolutiva) e pedagogica (scienza dell’insegnamento) di coloro che la progettano e la riformano. La società della conoscenza postula una formazione continua perché c’è un invecchiamento precoce del bagaglio conoscitivo, occorre pertanto, come scrive Jacques Delors che lo studente ”impari ad imparare” per poter fronteggiare le future nuove situazioni di vita e di lavoro.

Questa è la scuola che la riforma Gelmini vuole cancellare con un colpo di spugna per una incomprensibile politica di risparmio che va a colpire nel cuore la società italiana e la scuola pubblica. Sacrifica la professionalità docente e le esigenze formative dei bambini ad una scuola pubblica pensata per le fasce più deboli della società, mentre all’orizzonte si prospetta una scuola privata sempre più attrezzata e appannaggio di pochi. Sulla domanda riguardante l’insegnante unico previsto dalla riforma, il prof. Vita ha affermato: “Le esigenze educative e formative di un bambino in una società tanto complessa come la nostra e in un periodo di vita “irripetibile” per l’apprendimento anche futuro, non può essere delegata a un insegnante tuttologo. Il modulo è scaturito, del resto, da una attenta e lunga riflessione pedagogica e organizzativa e dal confronto leale di tutte le forze politiche e sociali degli anni ’80-‘90.

Per quanto riguarda il tempo pieno il prof. Vita ha sottolineato che esso è un modello formativo a 360°, la variabile “tempo” e la pluralità docente rappresentano una risorsa fondamentale per effettuare il maggior numero di attività formative richieste dalla poliedrica personalità del bambino, pertanto le ore di insegnamento pomeridiano non sono da intendersi come “doposcuola” per fare i compiti della mattina”.

Il prof. Vita ha concluso il suo intervento con una domanda: “Mi dica la Gelmini come può costruire una scuola migliore, tagliando il personale, riducendo il tempo scuola, aumentando il numero degli allievi nelle classi, tagliando risorse finanziare e annullando realtà scolastiche minori?”.

23/10/2008





        
  



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