Il giornalista Remo Croci replica alle accuse a lui mosse in una trasmissione televisiva
San Benedetto del Tronto | Croci non ci sta a passare per fomentatore di folle, ricorda la sua grande passione per la Samb e "invita"a lasciarlo fuori dalle problematiche attuali della Società e della squadra.
di Redazione
Remo Croci con Francesco Chimenti
All'indomani dell'infuocata diretta andata in onda su Tvp, con i tifosi fuori dagli studi ad attendere Piccioni e con lo sfogo del presidente Tormenti, abbiamo raggiunto telefonicamente uno dei personaggi tirati in ballo nel corso della trasmissione, Remo Croci.
Il nome del giornalista, ex direttore tecnico della Samb, è infatti venuto fuori nelle affermazioni di Claudio Di Giuseppe, uno dei dipendenti della società di viale dello Sport intervenuto telefonicamente. Le accuse, neppure troppo velate, per Croci sono quelle di essere il gran maestro della contestazione in atto.
Il giornalista del Tg5, che raggiungiamo al telefono mentre è in viaggio verso Napoli, non ci sta: "Sinceramente - afferma - non so neppure chi sia questo signor Di Giuseppe. Non l'ho mai visto, non so nemmeno come sia fatto. Non capisco come faccia a dire certe cose e a lanciare, pubblicamente da un'emittente televisiva, certe accuse".
La sua risposta si fermerebbe qui, ma lo incalziamo e gli chiediamo, una volta per tutte, ma Remo Croci va davvero muovendo le folle?
"Ma come farei? - sbotta -. In primo luogo la tifoseria sambenedettese, la storia ce lo insegna, non l'ha mai strumentalizzata nessuno. E poi per quale motivo io dovrei fare una cosa del genere? All'inizio del campionato sono stato intervistato dal Corriere Adriatico ed ho espresso, pubblicamente, delle perplessità sulla gestione dei fratelli Tormenti. A domanda ho risposto esprimendo una mia opinione come tutti sono liberi di fare in Italia. Non mi risulta che questo costituisca un reato".
A questo punto Croci diventa un fiume in piena. Non ci sta a passare per la persona che rema contro: "Sono stanco di sentire illazioni di questo genere - spiega -. Il 28 maggio 2006, al termine dei playout con il Lumezzane, mi sono ripromesso di chiudere la mia avventura con la Samb con quella miracolosa salvezza ottenuta insieme ad una squadra e uno staff fantastici, in una giornata memorabile macchiata, per quanto mi riguarda, da uno striscione comparso ai distinti (Questa Samb ha troppe Croci ndr). Da lì in poi mi sono rimesso a fare il giornalista a tempo pieno. Giro l'Italia, non mi occipo di calcio ma dei più importanti fatti di cronaca del panorama nazionale. Non capisco quando, secondo queste persone, troverei il tempo di girare per i bar della città e parlare male della mia squadra del cuore".
Una Samb che lo ha visto protagonista dai tempi di Gaucci fino al miracolo playout: "Ci sono stato con la gestione di Alex Gaucci, terminata con i playoff che di Pescara. Poi l'anno successivo, con Trillini ma me ne sono andato, perché furono fatte delle promesse e presi degli accordi che non sono stati rispettati. Ci furono dei cambi di programma, io sono una persona che crede alla parola data, e avevo preso degli impegni con la piazza. Mi avevano tolto la possibilità di mantenerli e me ne andai. Con Mastellarini sono stato nel consiglio di amministrazione, ho partecipato ad una sola riunione e sono stato l'unico a criticarlo dopo la gara con la Vis Pesaro quando scaricò tutte le responsabilità su D'Ippolito. Non lo ritenni giusto. Anche lì, alla vigilia dell'avvento di Soldini, c'erano cose poco chiare e me ne andai. Anche in questo caso pubblicamente, non in maniera privata. Poi ci fu Soldini che mi chiamò in febbraio, dopo la partita con il Ravenna. La storia la ricordano tutti. Con Chimenti, Beni e Voltattorni arrivò il miracolo, non senza grandi difficoltà. Fui io ad affrontare il fantomatico commercialista che venne a nome del presidente e fui io a contattare l'avvocato Grassani e muovermi con l'avvocato Silenzi per perfezionare un fallimento tecnico della società ed evitare di sprofondare nuovamente tra i dilettanti. Io e Silenzi ci presentammo in tribunale. Io e l'avvocato, basta. Nessun altro. Non c'era nessuno all'epoca. Andavo in giro a fare la questua, a prendere assegni intestati alla Samb da amici che volevano aiutare nelle spese per il pullman, per le medicine, per i giocatori. Solo i tifosi hanno fatto lo stesso con le collette organizzate da don Stefano e dagli altri supporters rossoblu. Il curatore fallimentare mi mise sotto contratto e l'assegno che mi diede, alla fine del campionato, ammontava a 100 euro. Non credo di essermi mai arricchito con la Samb e sfido chiunque a dimostrare il contrario perché ormai sono stanco di essere additato come il nemico di turno. Potevo sempre restare nell'ombra, dietro le quinte, ma ci ho sempre messo la faccia, a differenza di altri. E quando sono subentrati i Tormenti, l'amarezza provata è stata perché nessuno si è degnato di farmi una telefonata. Con il presidente della Samb c'è stato solo un incontro, a campionato avviato, dopo la sconfitta subita a Lanciano. Gli esternai personalmente le mie perplessità, sulla scelta di Calori e su quella di Pavone e Molinari. Credo di essere stato un buon profeta. Da quel giorno, ad ogni modo, non ho più avuto contatti con nessuno della famiglia Tormenti. Amo la Samb e sarò sempre innamorato dei colori rossoblu, ma sono stanco di essere additato come ‘colui che rema contro'. Ho espresso opinioni su un giornale e non credo che mi si possa togliere il diritto di dire la mia anche perché non ho mai offeso nessuno e ho la fedina penale pulita".
Il nome del giornalista, ex direttore tecnico della Samb, è infatti venuto fuori nelle affermazioni di Claudio Di Giuseppe, uno dei dipendenti della società di viale dello Sport intervenuto telefonicamente. Le accuse, neppure troppo velate, per Croci sono quelle di essere il gran maestro della contestazione in atto.
Il giornalista del Tg5, che raggiungiamo al telefono mentre è in viaggio verso Napoli, non ci sta: "Sinceramente - afferma - non so neppure chi sia questo signor Di Giuseppe. Non l'ho mai visto, non so nemmeno come sia fatto. Non capisco come faccia a dire certe cose e a lanciare, pubblicamente da un'emittente televisiva, certe accuse".
La sua risposta si fermerebbe qui, ma lo incalziamo e gli chiediamo, una volta per tutte, ma Remo Croci va davvero muovendo le folle?
"Ma come farei? - sbotta -. In primo luogo la tifoseria sambenedettese, la storia ce lo insegna, non l'ha mai strumentalizzata nessuno. E poi per quale motivo io dovrei fare una cosa del genere? All'inizio del campionato sono stato intervistato dal Corriere Adriatico ed ho espresso, pubblicamente, delle perplessità sulla gestione dei fratelli Tormenti. A domanda ho risposto esprimendo una mia opinione come tutti sono liberi di fare in Italia. Non mi risulta che questo costituisca un reato".
A questo punto Croci diventa un fiume in piena. Non ci sta a passare per la persona che rema contro: "Sono stanco di sentire illazioni di questo genere - spiega -. Il 28 maggio 2006, al termine dei playout con il Lumezzane, mi sono ripromesso di chiudere la mia avventura con la Samb con quella miracolosa salvezza ottenuta insieme ad una squadra e uno staff fantastici, in una giornata memorabile macchiata, per quanto mi riguarda, da uno striscione comparso ai distinti (Questa Samb ha troppe Croci ndr). Da lì in poi mi sono rimesso a fare il giornalista a tempo pieno. Giro l'Italia, non mi occipo di calcio ma dei più importanti fatti di cronaca del panorama nazionale. Non capisco quando, secondo queste persone, troverei il tempo di girare per i bar della città e parlare male della mia squadra del cuore".
Una Samb che lo ha visto protagonista dai tempi di Gaucci fino al miracolo playout: "Ci sono stato con la gestione di Alex Gaucci, terminata con i playoff che di Pescara. Poi l'anno successivo, con Trillini ma me ne sono andato, perché furono fatte delle promesse e presi degli accordi che non sono stati rispettati. Ci furono dei cambi di programma, io sono una persona che crede alla parola data, e avevo preso degli impegni con la piazza. Mi avevano tolto la possibilità di mantenerli e me ne andai. Con Mastellarini sono stato nel consiglio di amministrazione, ho partecipato ad una sola riunione e sono stato l'unico a criticarlo dopo la gara con la Vis Pesaro quando scaricò tutte le responsabilità su D'Ippolito. Non lo ritenni giusto. Anche lì, alla vigilia dell'avvento di Soldini, c'erano cose poco chiare e me ne andai. Anche in questo caso pubblicamente, non in maniera privata. Poi ci fu Soldini che mi chiamò in febbraio, dopo la partita con il Ravenna. La storia la ricordano tutti. Con Chimenti, Beni e Voltattorni arrivò il miracolo, non senza grandi difficoltà. Fui io ad affrontare il fantomatico commercialista che venne a nome del presidente e fui io a contattare l'avvocato Grassani e muovermi con l'avvocato Silenzi per perfezionare un fallimento tecnico della società ed evitare di sprofondare nuovamente tra i dilettanti. Io e Silenzi ci presentammo in tribunale. Io e l'avvocato, basta. Nessun altro. Non c'era nessuno all'epoca. Andavo in giro a fare la questua, a prendere assegni intestati alla Samb da amici che volevano aiutare nelle spese per il pullman, per le medicine, per i giocatori. Solo i tifosi hanno fatto lo stesso con le collette organizzate da don Stefano e dagli altri supporters rossoblu. Il curatore fallimentare mi mise sotto contratto e l'assegno che mi diede, alla fine del campionato, ammontava a 100 euro. Non credo di essermi mai arricchito con la Samb e sfido chiunque a dimostrare il contrario perché ormai sono stanco di essere additato come il nemico di turno. Potevo sempre restare nell'ombra, dietro le quinte, ma ci ho sempre messo la faccia, a differenza di altri. E quando sono subentrati i Tormenti, l'amarezza provata è stata perché nessuno si è degnato di farmi una telefonata. Con il presidente della Samb c'è stato solo un incontro, a campionato avviato, dopo la sconfitta subita a Lanciano. Gli esternai personalmente le mie perplessità, sulla scelta di Calori e su quella di Pavone e Molinari. Credo di essere stato un buon profeta. Da quel giorno, ad ogni modo, non ho più avuto contatti con nessuno della famiglia Tormenti. Amo la Samb e sarò sempre innamorato dei colori rossoblu, ma sono stanco di essere additato come ‘colui che rema contro'. Ho espresso opinioni su un giornale e non credo che mi si possa togliere il diritto di dire la mia anche perché non ho mai offeso nessuno e ho la fedina penale pulita".
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