Canzian, Capriotti e la divisione da Fermo
Ascoli Piceno | Fra le numerose voci del coro che si alzano per la spinosa questione della divisione patrimoniale delle due province, intervengono anche gli assessori provinciali Canzian e Capriotti con alcune riflessioni.
Palazzo S.Filippo ad Ascoli Piceno
Riceviamo e pubblichiamo la nota degli assessori della Provincia di Ascoli Piceno Antonio Canzian e Nino Capriotti sulla questione della divisione provinciale.
Poiché si moltiplicano gli interventi sulla questione della divisione dei beni della Provincia, e non intendiamo sfuggire alle nostre responsabilità, sentiamo il dovere di fare anche noi, come assessori del territorio ascolano, alcune riflessioni utili a comprendere meglio la situazione. Siamo consapevoli che l'impatto delle scelte da compiere sulle due comunità sarà comunque doloroso e che questo territorio non ha mai condiviso la decisione del Parlamento. Ma, come amministratori pubblici, siamo tenuti ad applicare la legge per evitare ulteriori danni.
Alla vigilia della definizione di questo difficile percorso amministrativo, viene per l'ennesima volta sollecitata una revisione dei criteri per la divisione del patrimonio che, più volte rivisti, sono stati condivisi dall'intera Giunta. I solleciti sono motivati dal fatto che, nel corso dell'ultima seduta del Consiglio provinciale, sarebbero emerse delle novità. La principale sarebbe rappresentata dal fatto che il patrimonio andrebbe valutato secondo i criteri previsti dal Testo Unico degli Enti Locali, in particolare quello della rendita catastale. In realtà, questa non è una novità in quanto la scelta di non adottare tale criterio fu oggetto di una lunga ed attenta valutazione supportata dai pareri non di uno ma di vari dirigenti della Provincia: essa fu ritenuta tecnicamente non appropriata in questa straordinaria fattispecie poiché avrebbe fornito una rappresentazione della situazione non aderente alla realtà. Seguendo il criterio del conto patrimoniale, per esempio, un edificio acquistato dopo il 1996 senza contrarre debito (ad esempio, utilizzando un avanzo di bilancio) andrebbe valutato zero. Il che non è ovviamente ipotizzabile.
Pertanto i criteri da adottare non possono che essere differenziati in base a natura, destinazione e storia contabile del bene e devono comunque essere ispirati all'attendibilità della valutazione. Un altro esempio: per evidenti motivi la Cartiera Papale non può essere valutata con criteri di mercato (come avrebbero voluto i Fermani) ma solo in base al costo di acquisto, piuttosto recente, con l'aggiunta degli investimenti nel frattempo effettuati. Altra cosa, per fare un secondo esempio, sono gli appartamenti di via Ruffini, in pieno centro di Ascoli, che una volta liberati dagli uffici dell'Ente potrebbero essere venduti da qualsiasi proprietario a prezzi di mercato.
Ferma restando dunque la nostra ulteriore disponibilità a dar conto delle scelte da compiere in perfetta buona fede (perché poi dovremmo danneggiare il nostro territorio?), siamo convinti della bontà del percorso sin qui compiuto. D'altronde, non può sfuggire quale sarebbe il danno per gli ascolani derivante da un mancato accordo, esito probabile in caso di riapertura della questione considerato anche il poco tempo a disposizione.
Infatti, ammesso e non concesso che da un'eventuale riapertura del confronto derivasse una riduzione del conguaglio patrimoniale, l'entità dello stesso non sarebbe comunque commisurabile al prevedibile blocco operativo e al dissesto finanziario che subirebbe la Provincia ascolana.
La mancata divisione del patrimonio, qualora delegata ad un commissario o rinviata nel tempo, comporterebbe necessariamente la cointestazione di strade, scuole e altri beni con impossibilità di qualsiasi efficace gestione. Il mancato trasferimento di personale, poi, comporterebbe che l'intera attuale dotazione organica andrebbe in carico alla provincia di Ascoli con bilancio dimezzato e il dissesto sarebbe immediato. Qualora invece la divisione fosse attuata da un Commissario, il quale non sarebbe certo tenuto a mantenere la concertazione sindacale, si determinerebbe un devastante impatto sociale e conflittuale sui dipendenti ascolani. Questo è lo scenario che abbiamo davanti e che necessita di un'assunzione di responsabilità alla quale nessun amministratore può sottrarsi.
Non possiamo quindi che riconfermare il nostro impegno a operare con grande scrupolo e piena consapevolezza della responsabilità che il territorio ci ha assegnato. Chiediamo la stessa disponibilità a tutti gli altri soggetti istituzionali coinvolti nel delicato processo.
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20/11/2008
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