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Crack Vitawell: tutta la verità in un libro shock

Ascoli Piceno | Finalmente Mauro Scaramucci fa sentire la sua voce e lo fa in un libro dove è racchiusa tutta la truffa che lo ha portato alla bancarotta.

di Francesca Poli

Mauro Scaramucci

Finalmente parla Mauro Scaramucci, l'imprenditore e proprietario della Vitawell, azienda capogruppo di diverse società operanti nel settore benessere che nell'agosto 2004, a causa di una truffa, subì un forte crack finanziario a cui seguirono numerosi scandali, e che, nel 2007, portò l'azienda alla bancarotta.

Parla, Scaramucci, e lo fa in un libro shock dal titolo emblematico: "Finanza Assassina". 350 pagine nelle quali sono racchiusi i fax, le mail, le lettere che provano la truffa ai danni dell'imprenditore Ascolano. "Sono scontento e affranto dalla decisione del giudice - afferma - dopo 4 anni di indagini che in realtà sono durate 4 mesi, tempo che a Fineco Capital è bastato per liquidare il patrimonio del fondo a danno di Vitawell e non solo, la soluzione della Procura pare un "contentino". Certo, è stato contestato il reato di truffa aggravata ai danni di 6 indagati, tra cui Scarpis, il principale fautore dell'inganno, ma il reato, consumato nel maggio 2002, è praticamente prescritto".

A maggio del 2002, infatti, Vitawell acquistò, da Fineco Capital S.C.A. (già socio anche al 34% di Vitawell) e dalla famiglia Sansoni, l'intero capitale del gruppo J. Klebs, operante nel settore della bellezza e del benessere, che possedeva i noti marchi Jean Klébert, Gil Cagné e Hey Man. L'operazione si concluse con un accordo verbale e con un contratto scritto di vendita definitivo, ad "esecuzione differita" (ovvero con consegna differita del bene, acquisito con effetti economici e giuridici immediati) ad un prezzo di oltre 23 milioni di euro. L' accordo verbale, secondo Mauro Scaramucci, prevedeva la conversione del prezzo in capitale.

I dati relativi alla società acquistata, dai quali scaturiva una situazione finanziaria patrimoniale ed economica entusiasmante e che erano stati forniti da Fineco Capital attraverso Alto Partners s.r.l. (advisor esclusivo del fondo), presto si rivelarono palesemente falsi tanto è che prima dell'immissione in possesso (la consegna a Vitawell) del bene acquisito, il gruppo J.Klebs era di fatto già in liquidazione per le perdite latenti (oltre 10 milioni di euro in un solo anno).

Ciò portò alla totale erosione del capitale sociale della J Klebs e conseguentemente della stessa Vitawell, per effetto della svalutazione della partecipazione. Inutili furono i tentativi di risoluzione contrattuale di Mauro Scaramucci. Nei successivi due anni, sino all'esplosione del caso Vitawell ed il conseguente fallimento di quest'ultima e di quasi tutte le sue controllate, Mauro Scaramucci ha dovuto gestire il dissesto causato dalla truffa nel 2002, ed attuare un piano di ristrutturazione delle decotte società del gruppo J Klebs, che Alto Partners si era impegnata a finanziare. Nel 2004 il gruppo è andato in default e ha dovuto compiere per la sopravvivenza quotidiana manovre poco "ortodosse", tutte con una caratteristica: le date di esecuzione (tutte successive al 2003) si sono aperti diversi contenziosi giudiziari, tra i quali quelli tra il socio Fineco e il socio Scaramucci che si contraddistinsero per la totale divergenza delle due tesi.

"Io non voglio discolparmi - afferma Scaramucci - ho intenzione di pagare le mie colpe, è giusto così. Dopo il 2003 ho preso i soldi di Henderson e della Montecatini Terme e li ho usati per pagare gli assegni di Vitawell. E' stato un grosso errore ed ho intenzione di subirne le conseguenze. Ma anche chi mi ha truffato e ridotto a questo punto, deve pagare e anche cara. Ho deciso di pubblicare questo libro perché voglio che la gente sappia cosa mi è accaduto. In un paese piccolo come Ascoli, potete immaginare cosa ha potuto dire la gente. Molti amici sono spariti e mi hanno lasciato solo. I miei stessi figli pensavano che io rubassi i soldi alla gente! Potete immaginare il mio stato d'animo e cosa ho dovuto soffrire".

"Ho insistito con la procura per il reato di estorsione e per contestare il reato di bancarotta conseguente alla truffa ma non ci sono riuscito. - conclude l'imprenditore - In questi quattro anni di indagini ho subito sequestri, interrogatori, ma non ho mai parlato con la stampa che, al contrario, ha inventato e pubblicato accuse gravissime. Mi hanno chiamato ladro, parlavano di un tesoro nascosto chissà dove... dopo tanta frustrazione, e alla "conclusione" di questa vicenda, ho pensato di scriverne un libro perché non voglio che la gente mi creda sulla parola ma legga i documenti di indagine e capisca da sola la trappola in cui sono finito".

24/11/2008





        
  



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