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Lecturae Francisci-Lecturae Dantis

Ascoli Piceno | Continua la fortunata serie di incontri culturali incentrati su Dante e San Francesco. Si riprende il 9 marzo al Palazzo dei Capitani.

di Teresa Piermarini

San Francesco che predica agli uccelli dipinto nel pilastro di sinistra nella chiesa di San Gregorio

Bella iniziativa quella che i due Licei cittadini stanno portando avanti insieme all'Istituto Superiore di Studi Medievali "Cecco d'Ascoli", che da sempre onora la città promuovendo incontri di studio ai più alti livelli: stiamo parlando della nuova serie di Lecturae Francisci-Lecturae Dantis, intitolate "All'eterno dal tempo. Dante e Cecco: conoscenza e scienza tra immagine e parola".

La conferenza inaugurale del 13 dicembre 2008 ha visto la presenza eccezionale ed emozionante di un astrofisico dell'Università di Milano, Marco Bersanelli, il quale ha parlato del rapporto tra l'universo di Dante e la scienza moderna. Una lezione splendida, sostenuta dal profondo entusiasmo dello studioso che, occupandosi della ricerca sull'universo primordiale, ha colto una chiara similarità delle più moderne teorie scientifiche con la visione cosmologica dantesca. "Nel gran mar dell'essere" l'ordine e l'armonia dell'intero cosmo, segno del divino e del suo immenso amore per l'uomo, riletti nella poesia dantesca hanno accompagnato il viaggio dell'astrofisico che ha percorso, insieme ad un uditorio attentissimo e numerosissimo, un itinerario poetico e scientifico che, tra le intuizioni balenanti di una realtà fenomenica tutta percepita nella sua poeticità, porta a concludere che l'universo primordiale, ricercato dalla scienza moderna, appare similare a quello delineato nella poesia di Dante: quella costruzione un po' assurda dei cieli, del Primo Mobile, dell'Empireo, che ci è sempre sembrata un cervellotico vagheggiamento di menti medievali ingenue ed ascientifiche. Corrisponde invece alle ricerche astrofisiche più moderne, se la consideriamo in uno spazio non euclideo, cioè disegnata non a tre dimensioni su una superficie piana ma a quattro dimensioni, come sfere concentriche che diventano sempre più piccole fino "all'infima lacuna dell'universo", la terra (Paradiso, canto XXXIII, vv.222-23).

"Mentre, dunque - conclude l'astrofisico - si trova una sorprendente analogia tra lo spazio dell'universo dantesco e lo spazio-tempo della cosmologia moderna, oggi si rischia di perdere di vista l'unità che i singoli fenomeni avevano nell'abbraccio cosmico della Commedia. La frammentazione e l'impossibilità del rapporto odierno con gli oggetti, dai fili d'erba alle stelle, fa smarrire allo scienziato moderno i criteri che permettono un utilizzo responsabile dei risultati. La sfida più impegnativa per chi si occupa di scienza oggi è riscoprire il gusto della ricerca come totale apertura alla realtà. Forse in questo la compagnia di Dante può essere preziosa".

La prima lezione è stata tenuta, il 5 febbraio, dalla grande medievista Chiara Frugoni su San Francesco e un'iconografia tra le più famose, la "predica agli uccelli".
Chiara Frugoni, nata a Pisa e figlia del grande medievista Arsenio Frugoni, ha studiato alla Scuola Normale Superiore di Pisa ed ha insegnato storia medievale nelle Università di Pisa e Roma. Collabora al giornale "La Repubblica" e al "Manifesto".
Nella sua lezione Chiara Frugoni ha trattato in particolare dell'iconografia della predica agli uccelli, prendendo lo spunto da un dipinto che ci appartiene: nel pilastro di sinistra della chiesa di San Gregorio un ignoto frescante dipinse nel lontano XIII secolo, forse subito dopo il passaggio del Santo nella nostra Ascoli, un San Francesco che predica agli uccelli. L'affresco, suggestivo e ben conservato, mostra un Francesco in saio con cappuccio, sandali ai piedi, che approccia, chinandosi verso di loro, varie specie di uccelli; si riconoscono uccelli da preda, uccelli d'acqua e piccoli passeri che guardano attenti al volto del santo. L'iconografia tradizionale riporta un episodio della vita di Francesco raccontato dal suo biografo Tommaso da Celano, ma per la Frugoni, al di là del passo autobiografico, l'episodio assurge a simbolo del vasto uditorio umano che Francesco affascinava con la sua parola: i passeri, le allodole e gli uccelli campestri e acquatici rappresentano i poveri e gli operai ma anche i suoi stessi frati (poveri e lavoratori manuali, ma liberi di muoversi ovunque, perché non devono preoccuparsi per il domani, ma confidare nella Provvidenza sollecita verso ogni creatura), quelli da preda, invece, rappresentano le classi agiate che con quegli uccelli cacciavano o anche il clero dal cuore duro. La chiesa preferì nascondere dietro gli uccelli la straordinaria capacità di predicazione agli uomini, che il santo aveva e che l'autorità ecclesiastica avversò con grande tenacia, dato che Francesco era un religioso sui generis e tale rimase sempre. Così nell'iconografia tradizionale non gli fu mai concessa una folla umana da approcciare. Dice la Frugoni: "l'assenza di una folla umana, sostituita invece da quella pennuta, si può qualificare come una vera e propria censura: tradisce il disagio della chiesa rispetto ad un religioso molto particolare, che assomiglia ancora troppo da vicino ad un laico."

Le Lecturae continueranno il 9 marzo, ore 16, nella Sala dei Savi del Palazzo dei Capitani, con la relazione del Prof. Sasha Zamler-Carhart, docente di Musica Medievale e Lingua Latina al Royal Conservatory de L'Aja su "L'idea di tempo nella musica all'epoca di Dante e Cecco". In apertura e in chiusura della serata l'attore Stefano Artissunch reciterà brani scelti dalla "Divina Commedia" e da "L'Acerba".

21/02/2009





        
  



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