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L'UOMO SCOMPARSO - I parte

San Benedetto del Tronto | Una storia inverosimile che potrebbe capitare a chiunque, uno di questi giorni. Un nuovo racconto a puntate di Francesco Tranquilli.

di Francesco Tranquilli

Francesco Tranquilli

"Ragazzi, quando si scherza si scherza, ma adesso piantatela! Avete rotto il c...!. Insomma, ci siamo capiti... Non sono mica rincoglionito."

Attento a come parli, professore. Una parola di troppo in questa classe e finisci subito sul libro nero del dirigente, che ti scatena contro un'inchiesta disciplinare. E' dura insegnare il rispetto e l'educazione se il tuo capo per primo ti considera un inutile, incompetente parassita. Tu pensi che lo sia lui, e siete pari.
Ma di tutte le balordaggini che si inventa questa II E per farti uscire dai gangheri, questa è la più irritante: giocare a scambiarsi le identità, nientemeno. E una delle ragazze più bravine, poi.
"Ma prof... E' lei che mi prende in giro: io sono Roberta Luisetti, non Roberta Michetti. Sono due anni che..."
"Ohé, ma basta, sai! Vuoi una nota di venti righe di quelle che so scrivere io?"
E' un silenzio strano e raro quello che si propaga a macchia d'olio in questa classe così caciarona, professore. Li hai davvero spiazzati. E sì che di note ne hanno prese tante! Da te, poi...
"Pensi davvero, Michetti, che non sappia distinguere fra te, che sei una delle meglio, e quella pupazza vuota di Luisetti, che fra l'altro oggi nemmeno c'è? Sono miope, certo, ma non cecato!"
E ancora quel silenzio di fiato trattenuto accoglie il tuo sfogo. Ti avvicini a questa Roberta che è presente, come a volerla intimidire con la tua massa di professore sovrappeso, ma speri solo che la ragazza scoppi a ridere e ammetta lo scherzo. Ma non lo fa. Giri lo sguardo sui suoi compagni, su tutti, anche quelli che detesti di più e mai vorresti vedere, per cogliere un mezzo sorriso, un occhiolino di complicità. Invece tutti a bocca aperta, qualcuno letteralmente.
"Allora, Michetti? Allora?"
La ragazza pure si guarda intorno, scuote la lunga coda senza capire, prova a parlare, ci rinuncia. Ci riprova.
"Allora che, prof? Vuole vedere il diario? Ecco qua: Luisetti Roberta. Non capisco ..."
Pensi: diabolica, si è pure scambiata il diario con quell'altra. E poi: ma perché lo fa? Lo fanno, tutti d'accordo?
Stai per dire: Michetti, questa me la paghi!, ma suona la campanella della ricreazione, le tue parole si perdono nell'improvviso clamore da stadio, chissà se poi le hai pronunciate.
Frustrato e triste, te ne torni alla cattedra e ci pianti sopra un pugno violento. Una bidella si affaccia.
"Professò, tutto bene? La fanno sempre incazzare, questi, eh?"
Rispondi una balla assurda.
"No, Maria, ho sbattuto il ginocchio per sbaglio..."
Con la mano dolentissima e le ginocchia in perfetto stato recuperi la tua cartella e te ne razzoli fuori e giù per le scale.
"Ma io non sono Maria, sono Adriana..."

Fortunatamente per oggi è finita qui. Hai voglia di un caffè, oh quanta voglia ne hai, ma il tuo cuore poi si ribella. Devi accontentarti di qualcos'altro.
Una passeggiatina di venti metri al sole estivo di primavera (poi dicono che il riscaldamento globale è una balla, guarda qua, si soffoca!) ed entri nel bar usuale. E come ogni giorno il tuo ex-alunno con la divisa nera impeccabile ti saluta.
"Salve, prof. Il solito?"
"Sì, Marco, la solita spremuta. Mi accomodo un attimo, ti spiace?"
"Ma... faccia pure, gliela servo al tavolo."
Non ti siedi, ti accasci. Quella classe ti lascia sempre esausto. Ti allenti il nodo della cravatta, fai scivolare un altro sguardo sfocato sui titoli del quotidiano.
"Ecco la sua spremuta, prof. Però..."
"?"
"Marco era il mio compagno di banco. Io sono Marcello."
"Mar..."
"Todaro Marcello. Cinque anni insieme prof! Bei tempi, no?"
"Marcello. Sei sicuro?"
Quello ti guarda con un mezzo sorriso di compatimento.
"Eh be'. Direi."
"Non Marco."
"No."
Fai esplodere una risata secca a mitraglietta. Marcello non ci crede che scherzavi, ma è bravo e finge di crederci.
"Scherza sempre lei prof, non è cambiato, vero?"
"No. Sempre, sempre..."
E ti nascondi nella spremuta d'arancia.
Pensi: oh, ma sono proprio stanco, oggi. Devo stare a casa qualche giorno...
E poi: e al medico che gli dico, che sbaglio i nomi? Quello mi dice: demenza precoce.
La spremuta è ottima, ma finisce presto.

Dunque ti va di allungare la passeggiata, allora fai un'altra puntatina dal tuo edicolante di fiducia. Quello che se tu morissi o cambiassi città dovrebbe ridimensionare drasticamente il suo tenore di vita, per quanti soldi gli lasci.
"Alberto, ciao. E' arrivato qualcosa di nuovo?"
Una cosa qualunque, tutto ti interessa, dvd, fumetti, classici della letteratura, riviste filosofiche.
L'edicolante ti guarda fisso per due secondi, poi scuote la testa.
"No."
"Grazie, Albè. A domani."
Dietro front, e sgattaioli fuori, a disagio senza motivo. Non abbastanza in fretta, però.
L'eterno scroccone di giornali che staziona lì davanti perennemente non si fa abbastanza i fatti suoi.
"Alfredo, ma questo viene qui ogni giorno da dieci anni e non sa come ti chiami?"

Fine prima parte

19/06/2009





        
  



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