L'ideale classico tra scultura e pittura
Forlì | Il collezionismo di Antonio Canova al complesso di S. Domenico a Forlì
di Andrea Carnevali

Musei S.Domenico
La mostra di Forlì dal titolo "Canova - l'ideale classico tra scultura e pittura" è tra gli eventi di maggiore rilievo del 2009. Profondi sono i legami colla storia delle Marche perché, dopo il tratto di Tolentino, come segno di sottomissione a Napoleone Bonaparte, vennero sottratte al territorio un elevato numero di opere. Dalla mostra dei musei di San Domenico molto marcata è la passione per il collezionismo di Papa Pio VII. La mostra di Forlì mette l'accento su una questione storica, oltre al ruolo dei personaggi che favorirono l'arte romana tra il Cinquecento e l'Ottocento.
Nel 1802 papa Pio VII Chiramonti nomina Antonio Canova Soprintendente Generale del patrimonio archeologico ed artistico dello Stato e direttore dei musei. Ciò è il consapevole calco che fece Leone X nel 1515, nominando Raffaello Soprintendete alle antichità di Roma.
La linea del discorso espositivo della mostra è agganciata al collezionismo che Pio VII favorì nel suo pontificato, grazie alla maestria di Antonio Canova. Tra l'altro Pio VII era il difensore più strenuo e colto delle arti. È questa, infatti, la prima sensazione che si vuole dare con Creugante e Dammosseno scolpite nel 1802 per sostituire le statue portate a Parigi da Napoleone.
La cultura romana e la veneta della metà del Settecento e Ottocento mostrano i cambiamenti di culturali: nella concezione urbanistica della città e nella pittura e scultura. Dalle piccole tavole di Gaspar Vanvitelli si scopre come l'abitato venga concepito attraverso nuove forme e prospettive. Il rinnovamento avviene anche nella scultura utilizzata in nuovi spazi espositivi, anche per soddisfare il gusto estetico e placare l'anima.
I toni caldi e virili della scultura di Canova trovano un largo consenso nella pittura di Francesco di Hayez che sarà acclamato da Giuseppe Mazzini con l'Ajace d'Oileo naufrago caposcuola della pittura romantica.
Anche le sculture di Papa Pio VI di Agostino Penna e di Antonio Canova hanno originalità e forza nella rappresentazione del personaggio religioso. Però sarà proprio Canova a accentuare ed esaltare il messaggio religioso raccolto nelle mani giunte verso l'arto di Papa VII. L'opera di Canova appare un mezzo di riflessione tra i rapporti Papato e Francesi, tant'è che Pio VI venne fatto prigioniero e morì in esilio a Valence.
Nei busti degli artisti che gravitarono nello Stato della Chiesa, esposti a Forlì, c'è tutta la cultura canoviana neoclassica degli sguardi, delle espressioni eleganti e degli interrogativi. A dire ancora di più nel dipinto Ritratto del nobile Antonio Pezzoli accanto al busto di Antonio Canova di Ludiwing Guttenbrum dimora la scoperta dell'antico e dal collezionismo tanto caro a Antonio Canova ed al Papa VII. Sono per lo più questi due ambiti di conoscenza - pittura e scultura - che tenendo ad incontrarsi ad interrogare lo stile Neoclassico.
In parte questo ci riporta alla pittura aneddottica dei racconti di vita quotidiana, ma un atteggiamento nuovo verso la riscoperta del passato. Con Giuseppe Moltemi nel dipinto Fanciulla che addita a un vecchio l'erma di Maria Luigia emerge la pittura di genere: anedottico e minuziosa.
Suggestivo è l'accostamento delle statue sulla fede: La Religione che invocano con il pesante panneggio la fedeltà e moralità e La Religione cattolica che simboleggia il ritorno di Pio VII in Italia. C'è tanto della mostra ai musei civici di San Domenico della storia politica di Italia e dello Stato della Chiesa, tanto da aprirsi a suggestioni trionfali come nel disegno di Tommaso Minardi che racconta l'Ingresso trionfale di Pio VII a Roma.
Molto accentuato nell'esposizione di Forlì le strette relazioni artistiche tra Antonio Canova e Franacesco Hayes con il quale quest'ultimo ne imita il canone. La fortuna del genere con la scultura Ebe trova larghi consensi nella pittura di genere classico come nell'ebbrezza di Domenico Pellegrini. E che dire di Amore e Psiche che si abbracciano di Canova? Gaspare Landi tenta di recuperare il mito antico, elevandolo addirittura a poetica d'arte.
A chiudere l'esposizione l'originale dipinto Citareda del 1799 di Antonio Canova dai toni pacati caratteristica delle opere del Cinquecento italiano e dei colori delle opere di Tiziano e di Correggio. Ma l'ultimo respiro va ad Andrea Appiani con il Ritratto di Carolina Pitrot Angiolini con chitarra fa pensare alla vasto interesse dell'artista per la musica e l'arte.
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20/06/2009
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