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Il bambino fa le smorfie - parte II

San Benedetto del Tronto | Continuano le peripezie di Albertino e dei due scombinati genitori... La seconda parte del racconto di Francesco Tranquilli.

di Francesco Tranquilli

Dottoressa

La dottoressa Elisabetta Pippa, pediatra di famiglia, era una biondina dagli occhi cerulei e dai capelli biondo slavato mal lavati. Aveva due espressioni facciali: con le borse sotto gli occhi o senza. Quando Camilla e Filippo, che erano arrivati all'ambulatorio prima che iniziasse l'orario di visita, compresero che la pediatra era in studio, si decisero a bussare.

"Sì, chi è?" squillò una vocina dietro la porta chiusa.
"Siamo i genitori di Albertino: possiamo entrare?"
"Oh, un attimino..."
Si sentirono i rumori di sedie spostate, cassetti aperti, cassetti chiusi, finestre spalancate. Poi la Pippa fece capolino socchiudendo la porta.
"C'è un po' di aria consumata: potete aspettare qualche minuto?"
"Come no, dottoressa."
Quando finalmente Camilla e Filippo e Albertino furono invitati ad entrare nello studio, la finestra era chiusa, la pediatra era seduta alla scrivania con espressione di benevola accoglienza, l'aria recava solo minutissime tracce olfattive della canna che si era fatta pochi minuti prima.
"Buonasera: cosa posso fare per voi? Avevate un appuntamento? Abbiamo fatto la visita di controllo la settimana scorsa: Albertino come sta?"
Imbarazzati dalla quantità e qualità eterogenea delle domande, e anche dall'inconsueta giovialità della dottoressa, né Camilla né Filippo sapevano bene come affrontare l'argomento "il bambino fa le smorfie". Con virile decisione, fu lui che dopo qualche secondo ruppe il silenzio.
"Dunque, ecco, appunto proprio di Albertino volevamo parlarle..."
"Certo, io sono una pediatra: l'avevo capito."
"No, dottoressa, a parte gli scherzi; io sono preoccupata," intervenne ancor più virilmente Camilla. "Il bambino fa le smorfie: fa brrrrrleaaaah"
Nei secondi seguenti il sorriso da velina della Pippa non s'incrinò nemmeno per un attimo, ma Filippo osservò le sue pupille, fisse su Camilla, dilatarsi e restringersi a ripetizione, come se trovassero difficile mettere a fuoco la mamma e il bambino che si succhiava placido il pollice e non accennava a smorfie di sorta. Camilla guardò il marito, che guardava la dottoressa, che guardava lei, chiudendo la triangolazione visiva. Lui ne fu conscio, e abbassò lo sguardo sul pupo, cercando con tutte le sue forze di rendersi trasparente.
"Ha la febbre?" fu la frase che finalmente ruppe quegli angoscianti secondi di silenzio.
"Io sto benissimo!" s'inalberò subito la mamma.
"Il bambino, intendo. E' irrequieto? Piange? Non mangia? Ha la diarrea? E' stitico?"
"Niente di tutto questo. Le ho detto che cos'ha. Che cosa devo fare?" chiese, anzi pretese Camilla.
La Pippa spostò per una frazione di secondo lo sguardo, temporaneamente dilatato, su Filippo, che però era concentratissimo a tradurre dal tedesco il poster pubblicitario di un vermifugo svizzero. Allora, la pediatra dovette dar fondo a tutta la sua scienza.
"Guardi, non ho casistica di bimbi di cinque mesi che fanno le smorfie. Non so cosa dirle. Le posso dare però l'indirizzo di un bravo osteopata, mio amico. Il dottor Alexander Proszhcvwienslskyn."
"Come si chiama?"
"Proszhscwiensklyhnnsin. E' bravissimo. Non so cos'abbia vostro figlio, ma certo l'osteopatia lo può curare. Ai bambini nati col cesareo può capitare di avere di questi disturbi."
"Albertino è nato naturale." ruggì Camilla, cogliendo in fallo la Pippa.
"Insomma, non siete obbligati ad andarci: ma vedrete che con due o tre manipolazioni il dottor Prostarzinnharkwlyew ve lo rimette a posto."
"Non so. Non sappiamo..." Filippo cercò di riprendere un benché minimo ruolo in questo surreale scambio di battute. "Non ci saprebbe suggerire..."
"Naturalmente, signor Filippo," la voce della Pippa si abbassò e si arrochì all'istante, mentre si rivolgeva a lui, "c'è sempre l'omeopatia. Perché non provate venti gocce di OPIUREDESÚRS, tre volte al giorno. E' un rimedio efficacissimo. Se non dovesse funzionare, chiami pure quando vuole, e vedremo di studiare altre soluzioni. Aspetti, glielo scrivo: EAU PURE DE SOURCE..."
In ascensore, Camilla ruminava rabbia, Albertino si succhiava il pollice, Filippo si faceva aria con la ricetta omeopatica.
"Questa non capisce niente: voglio andare da uno specialista!" eruppe infine la mamma.
Filippo alzò, ma appena appena, gli occhi al soffitto dell'ascensore.
"Già, uno specialista. Ma di che?"
"E che ne so io? Leggo, mi informo, vado personalmente su Internet, qualcosa vedrai che scoprirò. No?"
Filippo si frugava freneticamente nel cervello per trovarvi un'argomentazione, un consiglio, una battuta, un metaforico spillo che bucasse questo pallone ansiogeno di ansia che Camilla stava gonfiando. Perciò fu tardo a replicare al retorico "no?" di lei.
"Pronto? C'è qualcuno qui con me?" lo intimidì Camilla
"Eh, ah, scusa, sì, stavo pensando... (Cosa? Cosa?) Potrebbe essere difficile spiegare ad uno specialista qual è il problema se Albertino non fa la smorfia proprio... mentre... insomma, se il dottore non lo vede. Dovremmo... aspettare qualche giorno, magari tenerlo d'occhio con la cinepresa in mano..." Filippo si stava ingarbugliando drammaticamente. "E poi, con la prova del fatto, del verso, insomma della smorfia, allora potremmo andare da uno specialista ed essere presi (per matti) sul serio, presi sul serio. E se poi nei prossimi giorni non succede più, vorrà dire che era un fenomeno passeggero, e..."
Vedendo che Camilla rifletteva sulle torbide argomentazioni che lui le forniva, Filippo prese a rilassarsi; si sentiva ad un passo dal disinnescare la miccia paranoica che aveva appena preso fuoco. Intanto erano saliti in auto, e lui si sentiva sempre più convinto delle panzane che stava sfornando, tanto che cominciavano a sembrare perfettamente sensate anche a lui. Mise in moto, partì. Camilla sembrava essersi calmata; non voleva ancora dargliela vinta ammettendo che aveva ragione lui, ma era ad un passo. Si tirò fuori un seno per allattare Albertino strada facendo. Il pupo si attaccò garrulo e beato, ma per poco. Dopo tre secondi si staccò, scosse la testa come se avesse un saporaccio in bocca, e nel panico di entrambi i genitori fece:
"Brrrrrleaaaah."
Poi riprese a succhiarsi il pollice.


Fine parte II

 

15/07/2009





        
  



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