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Il bambino fa le smorfie - parte III

San Benedetto del Tronto | Si concludono le verosimili avventure del piccolo Albertino e dei suoi dissociati genitori. Racconto di Francesco Tranquilli.

di Francesco Tranquilli

chinotto

Sei settimane più tardi Albertino, accompagnato dai genitori, dormicchiava nella sala d'attesa del più grande esperto mondiali di S.I.R.I., cioè Sindromi Infantili Rarissime e Inspiegabili, il dottor professor Mario Maria Spocchia De' Malinverni. Nel corso di quei quarantadue giorni, l'ansia di Camilla aveva seguito un andamento altalenante, cosiddetto a schiena di stegosauro, toccando in più occasioni picchi di autentica isteria. Filippo, maledicendo la propria lingua più rapida del buon senso, si era trasformato suo malgrado in una sorta di Grande Papello, tenendo inquadrato Albertino con la videocamera dalle sei alle otto ore al giorno, soprattutto i festivi, in ogni occasione immaginabile, dal bagnetto alla pappa, e in particolare la notte, visto che il pupo aveva assunto la deplorevole abitudine di produrre il suo brrrrrleaaaah con maggior frequenza dalle tre alle cinque del mattino.

Attendendo l'inizio dell'orario delle visite nell'anti-anticamera del dottor Spocchia, Camilla si sventolava sudatamente con il DVD che immortalava circa cinquecento performance di quella che ormai era per antonomasia La Smorfia, senza attinenza col celebre trio comico, e che solo il papà si ostinava a chiamare Il Verso, albergando nel proprio cervello insonne confuse allucinazioni di futura gloria poetica del figlioletto.
Alle quindici esatte di quel torrido pomeriggio di luglio, le due porte scorrevoli dello studio si spalancarono: un'altissima e rossissima giovane signora in camice candido, corto e aderente, li invitò flautando ad accomodarsi e li scortò lungo quaranta metri di corridoio fino al sancta sanctorum del Luminare della Pediatria. A Camilla, che si stringeva al petto Albertino dormiente con gesto tragico da Corazzata Potiomkin, sembrò che quel corridoio non avesse mai fine. A Filippo, che respirava l'aria fresca smossa dalle gambe dell'infermiera e/o segretaria, parve tristemente troppo breve.

Il dottor Spocchia era un sosia pasciuto di Oliver Hardy, con la sola variante che non parlava con la voce di Alberto Sordi ma con quella di Stan Laurel. Accettò con gesto aggraziato la cartellina con tutte le analisi e gli esami a cui il pupo era stato sottoposto nelle ultime settimane, se la appoggiò davanti come se non sapesse bene che farsene, e poi guardò con curiosità pediatrica il DVD che Camilla gli stendeva, muta.
"Che cos'è? E' per me? Oh, ci voleva proprio." ringraziò con la vocina, prendendo il disco e inserendolo in un lettore sotto la scrivania.
Passarono lenti secondi silenziosi, il dottore tamburellava sul tavolo con aria di gioiosa aspettativa; infine si chinò a guardare.
"Oh, peccato. Mi dice: disco rotto. Grazie del pensiero, però: come sapevate che mi piace la musica?"
Camilla guardò Filippo, Filippo la riguardò, entrambi volsero gli occhi al piccolo in sonno, poi, allo stesso tempo, lui prese fiato, e lei parlò:
"Dottore, ma non è un cd musicale: è un DVD. Abbiamo registrato 463 volte la Smorfia per fargliela vedere, nel caso Albertino non gliel'avesse fatta."
Filippo ebbe l'impressione di leggere nella mente del dottore come attraverso un cristallo: una parte del suo cervello riproduceva immagini di Massimo Troisi, un'altra scorreva rapidamente la cabala per trovare il numero d'o pazz', il 22, e la sua mano destra zampettava verso un pulsante nascosto che avrebbe fatto intervenire in men che non si dica due grossi uomini forzuti che li avrebbero, gentilmente ma fermamente, muniti di camicie di forza. Quest'allucinazione telepatica svanì allorché il dottore chiese a Camilla, con bonomia:
"Una smorfia? Be', me la mostri lei."
"Io? Ma... ci sono le riprese..."
"Sia buona. Non mi faccia accendere il computer: l'ultima volta mi ha morso..."
"Morso?" chiese Filippo.
"Dove?" chiese Camilla
"Qui: guardi." mostrò il dottore la manona destra.
"Ah, sì: il mouse! Può farlo." confermò Camilla.
"Ma che ca... ma che cosa dici, amore..." si scandalizzò Filippo.
"Sta' zitto. Sei medico, tu? No. E allora?" ordinò Camilla
"Ora è passato tutto." li rassicurò Spocchia. "Però non vorrei ricascarci. Visto che il frugolo dorme, ripeto, me la mostri lei. O il papà, se preferisce..."
"No, graz..."
"Certo che no! Ecco qua: brrrrrleaaaah! Brrrrrleaaaah! BRRRRRLEAAAAH!"
A questa triplice esecuzione materna, pregevole per fedeltà acustica, e addirittura commovente per intensità espressiva e immedesimazione psicologica, il volto già capiente del dottorone s'illuminò arrotondandosi ancor di più, e si aprì infine in un gongolìo a tutti denti.
"Ah, ma certo. E' chiaro. Sì sì sì... Avete fatto bene a venire da me: si tratta di una sindrome rarissima, ma ben nota alla Scienza Medica da almeno cinquecento anni..."
Componendo il volto in un'espressione di viscerale orrore materno, Camilla riuscì tuttavia a infilarvi una punta di coniugale compiacimento per non aver sottovalutato la gravità della cosa, come l'inetto consorte aveva persistito a fare tutto il tempo. Spocchia intanto continuava.
"...bambini di ogni parte del mondo, qualsiasi classe sociale, alimentati con latte materno, artificiale, sotto-nutriti o malnutriti, nati da cesareo, in provetta, portati dalla cicogna, bianchi bruni crema fucsia, maschi femmine e incerti: è la Sindrome di Bottom-Spanking, dal nome dei due grandi studiosi inglesi che l'hanno evidenziata, Nobel per la Letteratura nel 1920...."
Si interruppe a prender fiato.
"Vorrà dire..."
"... per la Medicina?"
"Eh? Chi? Cosa? Ah, il Nobel. No, erano studiosi di Lingue Romanze. Ma che c'entra? Non m'interrompete! Dicevo, dicevo...?"
"Ma in che consiste questa Sindrome, insomma!" sbottò Camilla, quasi svegliando Albertino, che sgambettò.
Seguì un secondo di silenzio, durante il quale risuonò un lungo, melodico peto. Soffocato, ma udibile.
Filippo ridacchiò, imbarazzato: "Sono cose che succedono, dottore..."
Spocchia gli sgranò tanto d'occhi: "Oh, ma per carità. Io pensavo fosse stato il bambino."
"Ma veram..."
"Piantatela, voi due!" tagliò corto Camilla. "Come si cura?"
Il dottore aggrottò il frontone.
"Ah, cure non ce ne sono... La Scienza è impotente."
"Cosa? Come? Perché?" Camilla si levò dalla sedia come un sol uomo, sballottando il pupo che era lì per vomitare. "Impotente sarà lei! Insomma, voglio dire, vado da un altro medico, da un santone, un guaritore!" Tacque bruscamente, piantò gli occhi su Albertino, che ormai sveglio si ciucciava il pollice, e gli gridò in viso: "Amore di mamma TUA!". Quindi scoppiò in un pianto dirotto.
Marito e medico si affaccendarono per cercare di calmarla e rimetterla seduta, specialmente per salvaguardare l'incolumità del bimbo che era innaffiato da una copiosa doccia calda e salata
Dopo alcuni minuti di melodramma, mutatosi il pianto disperato in un mite piagnucolio, così Spocchia parlò.
"Mi rincresce, signora, ma qui c'è un malinteso. La Sindrome di Bottom-Spanking non si cura perché, primo, non è una patologia, e secondo, passa da sola."
Camilla emerse lentamente dall'abisso della materna disperazione.
"Non è...?"
"Non è."
"Passa?"
"Passa."
"Ma quando?"
"Quanti mesi ha il bambino?"
"Ne compie sei domani."
"A che ora?"
"Alle otto di sera: perché?"
"Bene. Quindi a partire dalle otto e uno, due minuti di domani sera, il bambino non farà più quella smorfia. La Sindrome regredisce spontaneamente a sei mesi appena compiuti."
"Possibile?"
"La Scienza è categorica su questo. A otto mesi nei settimini. Puntuale come un orologio svizzero."
Camilla fece un respiro profondissimo, e l'aria in ingresso sciolse le incrostazioni polari di pianto rimpiazzandole con tropicali ondate di solatia esultanza. Passò Albertino a Filippo, e si lanciò al collone di Spocchia.
"Lei mi ridà la vita, dottore. Dio la benedica. Smack! Smack! Smack!"
Assumendo in rapida successione tutti i colori dell'iride, il Luminare si asciugò le guancione e le labbra, là dov'era caduta la frenesia della gratitudine materna.
Anch'egli sollevato, ma soprattutto imbarazzato, Filippo riportò la situazione su terreno più prosaico.
"Quanto le dobbiamo, dottore?"
"Oh, be'," si schermì lui, "ma no, cosa volete che... Non ho fatto niente, un semplice parere medico..."
"Allora, gra..."
"Pagate pure alla mia segretaria."

Con la stessa aria di Rugantino in attesa del boia, a cui dicono che è morto il Papa e c'è amnistia generale ma poi è solo uno scherzo, Filippo si avvicinò a capo chino alla scrivania della rossissima, che nonostante l'aria condizionata aveva il camice generosamente sbottonato. Portò la mano alla tasca della giacca.
"Ehm. Quant'è?"
Senza sollevare lo sguardo, gli occhiali verdi sulla punta del naso, lei digitò rapidissimamente qualcosa sulla tastiera, aspettò qualche secondo, e finalmente lo inchiodò con lo sguardo verde smeraldo e il sorriso bianco smalto.
"Sono mille euro."
In pochi attimi Filippo vide tutta la propria vita scorrergli davanti agli occhi. Finita la proiezione, incrociò lo sguardo della moglie sbigottita. Le porte scorrevoli si aprirono, la rossa lanciò un fugace sguardo sul nuovo paziente.
"Signora Pallanzoni, buonasera. Il dottore l‘aspetta. Ehi, ma cosa...?"
Camilla e Filippo schizzarono via a una velocità che sfidava i principi della fisica einsteiniana, non si fermarono lungo i sette piani di scale, né quando furono giunti in auto, e nemmeno allo stop all'uscita del parcheggio.
Solo dopo duecento chilometri di autostrada, mentre sostavano a rifocillarsi nella piazzola di un autogrill, Albertino, protagonista inconsapevole di tante emozioni genitoriali, ebbe modo di dire la sua.
"Brrrrrleaaaah!"
Camilla lasciò andare il panino che stava sbranando, si strinse il figlioletto al collo, e si abbandonò ad un fluviale pianto di commozione.
Esterrefatto, anche Filippo smise di masticare, e a bocca piena le chiese:
"E adesso che c'è?"
"Povero amore di mamma! E' tanto carino quando fa questa smorfietta. Non ci posso pensare, che da domani non la farà più. E' inutile. E' cresciuto. Non sarà mai più bellino come ora"
E riprese a lacrimare, con brevi pause per soffiarsi il naso.
Filippo, da buon marito e padre, la coccolò, la consolò, se li strinse al petto.
Decise che quella sera si sarebbe procurato una sbronza colossale con svariati litri di chinotto.

 


Fine

17/07/2009





        
  



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