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Truffa da 40 milioni di euro. 39 arresti in tutta Italia

San Benedetto del Tronto | I reati contestati (associazione a delinquere, truffa in danno dello stato, emissione ed utilizzo di false fatture, frode fiscale, riciclaggio e reinvestimento di capitali di provenienza illecita ed altro), riguardano le posizioni di 75 soggetti indagati

di Williams Di Mizio

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La vasta operazione di servizio, che vede dalle prime ore di stamane impegnati gli uomini della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Cosenza, in collaborazione con i Reparti di altre Regioni, sotto l'attenta direzione del dott. Bruno Giordano, Procuratore della Repubblica di Paola, tenta di chiudere definitivamente il cerchio intorno ad una organizzazione che, per mezzo di un ingegnoso sistema fraudolento e, soprattutto, grazie alla collaborazione di abili professionisti di vari settori economici, era riuscita, nel tempo, a costruire un articolato meccanismo di truffa, abilmente combinando tra loro una serie di operazioni che risultavano apparentemente lecite.

Smascherate 50 società utilizzate per l'emissione di fatture false, la metà delle quali assolutamente adibite solamente alla emissione di fatture, denunciati 75 soggetti, per lo più imprenditori, scoperte fatture false per più di 40 milioni di Euro, finanziamenti pubblici indebitamente percepiti per 4 milioni di Euro ed un colossale giro di usura.

Teatro dell'operazione, alla quale partecipano 160 finanzieri, le province di Cosenza, Rimini, Ascoli Piceno, Napoli, Ravenna, Pavia, Forlì e Pescara.

L'associazione criminale oggi sgominata aveva ideato un complicato sistema truffaldino, ben radicato sul territorio, creando una rete di imprese "cartiere" e cioè di soggetti economici che, sebbene totalmente inidonei alla produzione di alcun bene o servizio, venivano utilizzati al solo scopo di emettere fatture false.

Tale illecita documentazione fiscale veniva intestata, dietro lauto compenso, ad altre imprese che così riuscivano a giustificare grosse uscite di danaro sì da poter: chiedere ed ottenere rimborsi IVA non effettivamente dovuti; abbattere il carico fiscale, indebitamente riducendo la parte dei ricavi da sottoporre a tassazione; riuscire ad ottenere illecitamente finanziamenti pubblici ed altre agevolazioni o emolumenti, offrendo a garanzia crediti le somme relative a transazioni economiche effettivamente mai avvenute.

Per i più "sprovveduti" (se mai ce ne fossero stati), l'organizzazione aveva altresì allestito un vero e proprio "staff di esperti", ingaggiati tra i più affermati professionisti, sempre a diposizione per suggerire "saggi consigli" su come raggirare le leggi. Anzi, in alcuni casi, veniva addirittura offerto all'imprenditore interessato un "pacchetto tutto compreso" che includeva la fornitura della falsa documentazione fiscale unitamente all'istruzione degli atti burocratici necessari (con, in aggiunta, l'eventuale interessamento "personale" finalizzato ad ottenere il "buon esito" della pratica).

Grazie alle ingenti disponibilità di danaro liquido illecitamente ottenuto, i responsabili oggi sottoposti a misure cautelari personali avevano ben pensato di organizzare anche un corposo sistema di prestiti a tassi usurai.

Anche in questo settore le "abili" menti criminali avevano ideato un sofisticato meccanismo di finti scambi di prestazioni di servizio o di vendita di merci tra imprese. Lo stratagemma serviva a mascherare il prestito usuraio dietro la falsa parvenza di semplici e legittimi rapporti commerciali tra imprenditori. L'usurato era, infatti, costretto ad emettere anche formale fattura (per l'importo ottenuto) nei confronti di società riconducibili all'usuraio, le quali (e questa è l'ulteriore beffa oltre al danno già creato!), si "scaricavano" contabilmente sia l'IVA che il costo indicato nel documento fiscale estorto.

Con tale sistema non solo si rendeva estremamente difficile per eventuali investigatori provare il rapporto usuraio, ma si godeva degli indubbi vantaggi fiscali di detrazione dell'iva e di deduzione dei costi.

Le citate dazioni di denaro avvenivano prevalentemente tramite metodi di pagamento tracciabili (tale tracciabilità serviva a dimostrare la genuinità della fattura) mentre a garanzia dei crediti venivano spesso usati assegni post-datati. L'imprenditore al momento in cui riceveva il prestito emetteva oltre alla fattura di pari importo anche un assegno post-datato con l'importo già comprensivo degli interessi. In tal modo, qualora l'imprenditore in difficoltà non avesse pagato, l'usuraio avrebbe posto all'incasso l'assegno che, privo di provvista avrebbe determinato il protesto e la rovina dell'impresa del debitore in difficoltà.

L'associazione a delinquere scoperta dalla Compagnia delle Fiamme Gialle di Paola, nel corso delle indagini coordinate dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Paola, dott. Eugenio Facciolla, si è rivelata eccellente anche per riciclare i proventi di altri reati consumati fuori dal territorio calabrese. Sono emersi, infatti nel corso delle indagini, stretti collegamenti tra i soggetti destinatari delle misure di coercizione della libertà personale ed altri soggetti coinvolti in rapine effettuate nel nord Italia.

Con l'odierna operazione, che costituisce il prosieguo dell'attività condotta nella scorsa annualità che già nel mese di luglio portava all'arresto di 8 responsabili, si è potuto constatare che il volume complessivo delle illecite operazioni concretamente poste in essere dal sodalizio cui si è fatto riferimento attraverso l'emissione e/o l'utilizzo di false fatture ammonta a 40 milioni di euro.

09/07/2009





        
  



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