Artabano il re dei re
San Benedetto del Tronto | III puntata (IV parte) de "L'eterno e il regno" del Professr Angelo Filipponi
di Angelo Filipponi
Izate aveva rinviato i due Esseni con molti regali per Jehoshua: li fece scortare da una pattuglia di cavalieri, che dovevano presentare al confine il lasciapassare per il Tempio di Yerushalaim.
Ad Antiochia Nisibi si raccoglieva il denaro, dovuto al tempio dai giudei dell'impero parto, che annualmente il re poi inviava, protetto da militari.
Era, quindi, un annuale convoglio, che poteva passare le varie frontiere, e che, in questa occasione, accompagnava a Caphernahum prima e poi a Damasch i due esseni: da lì si saliva a Gerusalemme, si depositava la somma di denaro con le offerte votive e poi si ripartiva per tornare in patria.
Il re aveva scritto lettere da dare segretamente a Jehoshua: lo assicurava di un suo appoggio militare in caso di pericoli a Yerushalaim e ne lodava la marcia verso la città santa: con poco più di una settimana i suoi cavalieri corazzati sarebbero apparsi in territorio giudaico.
Aggiungeva di ridare le lettere segrete al latore e di inviare tramite la stessa persona, fidatissima, lettere per lui, spiegando più dettagliatamente il suo piano.
Lo informava della gioia della sua conversione, cosa di cui erano testimoni suo fratello e Melazar.
Izate si trasferì definitivamente ad Antiochia Nisibi, che era una città dell'Armenia, occupata da suo padre un ventennio prima, la cui occupazione era stata ratificata dall'ultimo accordo, voluto dai Romani.
Ora il re, durante il trasferimento, fece un incontro.
Un numeroso seguito accompagnava il re verso la sua nuova capitale, quando vide dirigersi verso di lui uno squadrone di cavalieri parti, che erano sconfinati dalle regioni vicine.
Man mano che questi si avvicinavano, Izate vide cavalcare, secondo il costume scitico, tra i cavalieri sciti un gigante, che era a capo della schiera: il re ordinò subito di arrestarsi ai suoi cavalieri e di disporsi per lo scontro, temendo di essere attaccato. Poi inviò due cavalieri a chiedere chi fossero e di intimare di fermarsi a cinque stadi.
Gli sciti si fermarono, mentre i suoi due con una diecina di cavalieri sciti tornarono lentamente ed avanzavano pacificamente.
Il capo si fermò davanti alla portantina regale, ad un mezzo stadio, e scese da cavallo: chiedeva un colloquio con il vizir Anania.
Anania lo riconobbe subito e riferì che un illustre parto voleva onorarlo.
Izate fece fermare la carovana, fece fare il campo vicino alle sorgenti del Nifate, la prudenza non era mai troppa: questo aveva appreso dai romani ed ordinò ad Anania di condurgli il capo.
Questi era un gigantesco parto, vestito alla scita.
Molti nobili lo riconobbero e bisbigliavano fra loro: é Artabano18 il gran re, fuggiasco tra gli sciti, cacciato dal suo regno.
La notizia della presenza di Artabano III passava di bocca in bocca nel campo di Izate
Il giovane re non conosceva Artabano di persona, ma Anania subito gli disse il suo nome all'orecchio, quando già il parto aveva fatto la proskynesis e atto di omaggio, dovuto ad un re superiore e cominciava a dire: non disprezzare me tuo servitore e non insuperbire contro un supplice, che da re è diventato, per mutamento di fortuna, privato cittadino: io chiedo il tuo aiuto.
Parlava lentamente, misurando ogni parola, come se la pesasse.
Egli era regale in ogni gesto e in ogni movimento del capo, in ogni espressione del viso:
Esamina l'incostanza della sorte e comprendi che essa è comune ed ha forza eguale su tutti: perciò se tu mi disprezzerai e non mi vendicherai, molti diventeranno più audaci contro gli altri re.
E l'uomo piangeva e teneva la testa in basso, verso terra, umilmente, come un supplice
Izate, appena sentì il nome, subito si alzò dal suo trono e vi fece sedere Artabano, lo riverì secondo il suo costume patrio e disse: confidate o re e non vi lasciate sopraffare dalla fortuna: tu presto lascerai lo stato di dolore perché tu troverai in me un amico e un difensore, più grande di quanto tu possa pensare: o io ti restituirò nel regno parto o tu sarai re nel mio.
Poi, dopo essersi lasciato scortare anche dai cavalieri sciti, riprese il viaggio e fece cavalcare davanti Artabano, come re dei re, mentre lui seguiva a piedi, onorandolo come si faceva per un re superiore, per due stadi.
Artabano vedendo ciò, giurò che egli per il suo onore e per la sua presente sfortuna sarebbe smontato di cavallo, se lui non risaliva sul suo.
Allora Izate montò a cavallo e lo condusse alla sua nuova reggia e gli fece ogni onore: gli diede il primo posto tra i convitati.
Egli non considerava lo stato presente, ma la sua antica dignità e spesso lo consolava con ragionamenti e gli diceva, specie durante le visite a Ninive, quando andava a trovare Anania: questa città è stata la più grande del mondo ed ora è un mucchio di rovine: essa testimonia la mutevolezza della fortuna a cui non solo le città ma anche noi uomini siamo soggetti: tu ora, o re, sei esempio della sorte: io ti sono vicino e condividerò la tua fortuna: tu, mio ospite, presto sarai di nuovo re dei re.
Un giorno, Izate, festoso, si presentò dal re dei re e disse raggiante: presto tornerai re tra i parti. Asineo e i suoi giudei babilonesi sono con te e tramite un trapezites ti mandano i denari che possono esserti utili per il tuo ritorno, assicurando l'appoggio militare.
La fazione parta, a te favorevole, da me contattata, ha detto ( promesso e giurato) che sta preparando un'insurrezione.
Al segnale convenuto tu guiderai le mie truppe e quelle di Asineo alla riconquista di Ctesifonte mentre Anileo, da Seleucia, da lui controllata, verrà con le barche, cariche di armati.
I tuoi fautori a Ctesifonte mi pregano di ottenere da te un'amnistia generale: così essi potranno persuadere anche quelli che sono stati coinvolti nella tua cacciata, senza effettive colpe.
Un messaggero giunse alla reggia con la notizia che l'insurrezione era fissata per il primo giorno di Shivan: le forze di terra, la cavalleria e le barche dovevano per quel giorno esser sotto Ctesifonte o perlomeno gli armati di Anileo, che erano di fronte, a pochi stadi, allora gli avversari avrebbero accettato senza combattere e la conquista sarebbe stata senza spargimento di sangue fraterno.
I parti avevano eletto un re romanizzato, Cinamo, imposto da Roma, ma l'opposizione nazionalistica era predominante.
L'insurrezione scoppiò come stabilito e Cinamo era titubante perché l'aiuto romano era esiguo e i suoi fautori pronti a vendersi al miglior offerente.
Egli, avendo visto le truppe di Anileo sbarcare, convinto che anche le milizie di Izate e di Asineo sarebbero giunte, portando Artabano, considerò persa la battaglia, prima ancora di combattere: si arrese ai rivoluzionari ed accolse Artabano, gli fece la proschynesis, lo chiamò re dei re, si tolse la tiara e gliela pose in testa, rimettendosi alla sua clemenza.
Izate, Anileo, Asineo erano col gran re, che fece un proclama di amnistia generale anche per Cinamo.
Il gran Re ratificò la nomina a Satrapo per il piccolo Asineo, confermò la conquista fatta da Monobazo della Gordiene e di una parte dell'Armenia e rinviò adiabeni e mesopotamici dopo averli riempiti di doni dicendo: senza di voi, amici, io non sarei qui: il gran re non dimentica!
Io sono per sempre vostro debitore e gratissimo a te, Izate, che mi hai sollevato, quando era esule, dall'afflizione, e mi hai sostenuto ed, infine, mi hai ricondotto nel mio regno.
Poi chiamò Izate e gli diede le più alte onorificenze tra i parti: il privilegio di portare la tiara diritta, e di dormire su di un letto d'oro.
Allora il popolo festeggiò il proprio re: ora Izate era il primo re tra i re della confederazione e il secondo dopo il Gran re.
Fermenti rivoluzionari tra gli adiabeni
Certo la conversione del re al giudaismo era stato un colpo per i magi, che ora erano vigili per poter sorprendere il re e gli odiati giudei in fallo: essi avevano iniziato una campagna di screditamento della monarchia e specificamente di Izate non più rappresentante di Ahura ma di YHWH: in questo modo ogni suddito era svincolato dall'obbligo dell'obbedienza e potenzialmente poteva uccidere il suo sovrano e definirsi giusto.
I nobili si erano riuniti in varie assemblee ed avevano denunciato il re di aver liberato i popolani dal servizio e quindi reclamavano il ripristino della legge ed implicitamente dichiaravano guerra al re in caso di inadempienza, sentendosi già liberi dalla tradizionale devozione.
Il re, perciò, suggerito da Anania, aveva cacciato i più ostili sia dei nobili che dei magi e li aveva confinati ai margini del regno ma il pericolo di insurrezione restava perché si vedevano gli effetti della persecuzione regia: nobili decaduti e magi esautorati erano uno spettacolo miserando, che faceva soffrire la stessa plebe, che per secoli aveva riverito ed amato-odiato quel mondo clerico-aristocratico, d'altra parte incolpevole.
Da qui la volontà congiunta delle due classi sociali di eliminare il re, causa dei loro mali.
Trovarono un coordinatore e capo in G. Licinio Muciano, l'ambizioso legatus, che iniziava la carriera politica, venuto da Roma per la ratifica del trattato, immobilizzato da Izate ed Anania in Adiabene già da un anno, infecta re (senza fare niente).
Egli apparteneva al partito Giulio, fautore dei figli di Germanico nella successione all'impero.
I suoi capi da Roma lo accusavano di non aver fatto niente (e ciò era pericoloso per la sua carriera diplomatica) e lo consigliavano di servirsi di Felice, un liberto, fratello di Pallante, che era presso Asineo, incaricato di tentare un'alleanza con il satrapo, pur improbabile, data la recente amicizia col re di Adiabene.
Antonia stessa sollecitava il trattato con un re non giudaico perché bisognava arginare prima il torrente dell'invasione romana, in modo che lo straripamento arrivasse all'improvviso ed inondasse il regno parto, impreparato, con la massima violenza.
Antonia parlava sempre con termini velati, metaforici, segreti, ma il legatus aveva la chiave decodificatoria.
Muciano, quindi, capì che lui doveva fare una barriera di re amici alla frontiera, tale da impedire ogni rapporto con il regno parto, creando un cordolo di alleati pronti a scattare sotto la guida di un generale giulio.
Da un paio d'anni Antonia parlava di siepe per il campo romano:ella amava la campagna e vedeva i contadini fare recinti ai confini per separarsi dai vicini dicendo spesso la siepe fa buon vicinato
Ella seguiva alla lettera il proverbio agricolo.
Ella invece temendo il pericolo giudaico in quanto Tiberio, conoscitore dei caldei, diceva sempre che il re sarebbe venuto dalla Giudea e che precisamente l'adir sarebbe venuto da Bethlem, la casa del pane credeva necessario placare i giudei palestinesi sempre ribelli, e limitare lo strapotere degli emporoi giudei ellenisti, prima di riprendere il piano di Cesare, già tentato di applicare da suo padre Antonio e da suo figlio Germanico contro i Parti.
Ella, vera figlia di Antonio, aveva un vero piano di razionalizzazione imperiale.
Ella ora pensava di riorganizzare l'impero dopo la conquista dei territori parti, insomma lavare i panni entro i propri confini senza interferenze e preparare la fiumana inondatrice, contenuta prima dentro le dighe.
Inoltre Antonia avvertiva Muciano di tenersi pronto perché grandi avvenimenti sarebbero accaduti a Roma, che avrebbero sconvolto il mondo, specie il settore orientale.
Ora, perciò, Muciano sentiva la responsabilità politica di un così grandioso piano e perciò aveva coagulato tutte le forze antiregie.
Egli favoriva gli adiabeni pahlavici che volevano eliminare Izate perché traditore, apostata e servo dei giudei e cercavano non l'abolizione della basileia , ma un sostituto.
Tutto questo era perfettamente in linea con gli ordini ricevuti.
Ora insieme bisognava trovare quindi il sostituto fra i membri regali: sia i nobili che sacerdoti dopo qualche tempo di incertezza, si decisero e all'unanimità indicarono accordarono il nome del successore, Monobazo 18 fratello maggiore di Izate.
Questi, secondo tutti,doveva avere il massimo odio sia verso la madre che aveva preferito il minore al maggiore che verso Izate, che gli aveva usurpato il titolo.
Aveva, inoltre, un carattere, docile: era rispettoso del credo tradizionale formalmente, legato ai circoli aristocratici, amato dal popolo.
Inoltre una lettera venne da Roma, datata 21 ottobre anno 784 di Roma, consulibus Tiberio et Seiano.
La lettera era riservatissima.
Il testo era in latino, leggibile solo da Muciano che lo esaminava, con lenti di ingrandimento e lo decodificava: Seiano è stato condannato a morte dal senato, ucciso, gettato giù dalle Gemonie e il suo cadavere è stato dilaniato dalla folla per tre giorni e buttato nel Tevere.
Muciano impallidì già nel leggere "condannato a morte", si dovette sedere, quando decodificò "ucciso, gettato giù dalle Gemonie".
" Il suo cadavere dilaniato dalla folla per tre giorni e buttato nel Tevere" lo depresse a tal punto da non mangiare e da rimanere da solo a riflettere nella grande sala del suo palazzo.
Un intero giorno stette a meditare sul "dopo Seiano" su ciò che sarebbe accaduto dopo la morte di Seiano.
Comprese che tutto l'assetto mediorientale ora sarebbe caduto e che ora nuovi uomini sarebbero venuti che avrebbero sostituito i vecchi gerarchi, caduti in disgrazia, richiamati, uccisi, esiliati o confinati.
Tiberio avrebbe fatto una strage di amici di Seiano: tutta la classe senatoriale avrebbe perso ogni credito e l'imperatore avrebbe ripreso il comando assoluto, dopo aver fatto una carneficina.
Ora lui doveva agire: la situazione lo richiedeva: se fosse rimasto inattivo, le accuse e le delazioni contro di lui si sarebbero moltiplicate: anche con un successo forse non si sarebbe neppure salvato,
Si sentiva un nodo alla gola , si vedeva cadavere gettato nel Tevere; sentiva il freddo delle acque .
Non poteva più indugiare.
Perciò decise di convocare, senza dare la notizia, lo zaotar ed Artavaste, il capo della aristocrazia per stabilire i tempi della insurrezione.
Muciano, dunque, accettò e ratificò la loro scelta e passò al piano attuativo: i congiurati avrebbero ucciso il re durante la visita mensile ad Anania ad Arbela e una legione romana con gli auxilia armeni sarebbero giunti a sedare la guerra civile.
Muciano, lo zaotar capo e il nobile Artavaste, dopo l'accordo preliminare, furono molto accorti: la congiura fu organizzata lontano dalla corte ad Alessandria Migdonia, città non scelta come capitale del regno, i cui cittadini erano molto ostili ad Izate.
Presi gli accordi con Monobazo, stabilita ogni clausola, Muciano aveva predisposto il piano in ogni particolare, approfittando del fatto che le sue guardie del corpo erano di stanza, proprio nella città, da dove sarebbe partito per l'imboscata contro Izate, di ritorno dal mensile convegno con Anania, scortato solo da una diecina di cavalieri.
Monobazo era per tutti il legittimo re, l'erede vero del trono, l'eletto di Ahura.
Nessuno sapeva che Monobazo era diventato giudeo, anche lui, anche se non circonciso.
Monobazo governava, allora, la regione di Arbela e quindi poteva di nascosto avere colloqui con Anania, che si era ritirato dopo la sua crisi spirituale e meditava, cosciente che presto sarebbe venuto il Regno dei cieli e che bisognava prepararsi.
Per lui la preparazione consisteva nell'essere puro come un vero contemplativo: il regno dei cieli egli lo considerava, come attuazione di uno stato edenico sulla terra, quasi una partecipazione diretta del vero Malkut di YHWH nella profondità dei cieli.
Nel cielo c'era già scritto la nascita di un grande regno: un nuovo astro era sorto improvvisamente tra la luna e Sole e la sua luce era sempre più chiara e di giorno e di notte.
Da religioso, seguiva l'interpretazione tradizionale della Bibbia e specificamente quella di Isaia e di Daniele, da dove venivano le due certezze della venuta del Messia e della ecumenicità del Nuovo Regno con capitale Gerusalemme, da astronomo rilevava una grande novità: da politico, però, non capiva come potesse verificarsi un evento così grande e così tanto atteso ; eppure tutto parlava di questo nuovo fenomeno e i tempi erano veramente maturi.
Un giorno, però, ricevette un lettera di un corriere, da cui apprendeva che Seiano era morto.
Egli ne fu felice: la giustizia di Dio aveva punito il persecutore .
Finalmente!
Era contento e danzava: sfogava così la lunga repressione di tanti anni.
Cantava alleujah ,Allelujah !
Alleluiah ! andava dicendo come manifestazione di giubilo, mescolando un sentimento nobile con uno non certamente positivo.
Egli ora entrava meglio nell'arcano del disegno di Dio: egli leggeva anche la storia.
Ora sapeva che i romani erano alla mercé dei nemici: l'oriente era sguarnito, senza autorità; Tiberio avrebbe richiamato, processato, ucciso, confinato, esiliato tutti gli amici di Seiano.
L'avvento del Regno dei cieli era possibile: le stelle non mentivano; i profeti non si erano sbagliati
Questa certezza e questa euforia improvvisamente venivano condannate da un giudizio morale.
Sulla base dei suoi midrashim (commenti interpretativi ) egli aveva certezze, egli dogmatizzava.
Subito si definiva nabal, stolto, perché si credeva capace di capire il mistero, di entrare nel pensiero di Dio: Nabal si ripeteva anche per l'euforia e perciò si ricomponeva e razionalizzava ogni cosa secondo l'ottica religiosa, moralmente.
L'uomo è nulla e il nulla non può comprendere l'infinito, l'arcano di Dio, andava ripetendo a se stesso. Sarebbe più facile che un cammello entrasse nella crune di un ago! Sentenziava semiticamente.
Quindi annullava la sua stessa razionalità e la sua sapienza politica e si diceva solo fiducioso in Dio e nella interpretazione dei tanti confratelli esseni e terapeuti, che concordavano tutti nel riconoscere i tempi maturi per il Regno dei Cieli.
Egli si uniformava al consesso dei santi terapeuti, non mostrava il suo parere, non peccava più di superbia.
D'altra parte, pensava che anche la cultura magica aveva presentito l'arrivo di un santo dalla Giudea, che avrebbe vinto il dragone e portato la pace nel mondo. Questo lo zaotar leggeva nell'Avesta e predicava spesso. Egli, comunque, ricercava come un terapeuta secondo l'ermeneutica terapeutica. La sua meditazione in quei giorni verteva su Isaia e su Daniele; egli cercava i segni per convincersi ancora di più, dopo la lettera, inviatagli dai fratelli esseni.
Questi, convinti che il Regno dei Cieli era prossimo, gli annunciavano la loro decisione di favorire ed aiutare Jehoshua che, seguito da zeloti, sarebbe andato, in marcia, verso Yerushalaim, trascinandosi folle di credenti. Anania , anche lui convinto, ancora di più, per la conoscenza della morte di Seiano, era d'accordo con la loro ratifica e con l'azione di Jehoshua.
Egli, comunque, consultava Isaia, lavorava analiticamente, cercando di leggere ogni elemento:
Ed esulterò per Ierushalaim
e godrò per il popolo mio,
non si udrà più in essa
voce di pianto né voce di lamento.
Non verrà più fanciullo di giorno,
né vecchio che non compia i suoi giorni.
Il più giovane morrà di cento anni,
e chi non tocca i cento anni sarà segno di maledizione.
E fabbricheranno case e vi abiteranno
pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto.
Non edificheranno perché un altro vi abiti,
né pianteranno perché un altro mangi.
Perché come la durata di un albero saranno i giorni del mio popolo:
i miei eletti consumeranno l'opera delle loro mani
Non faticheranno invano,
né faranno figli destinati a una morte rapida
perché essi saranno una progenie di benedetti di JHWH e i loro rampolli con essi.
E avverrà: prima che invochino io risponderò,
mentre ancora parlano io li avrò già esauditi
Il lupo e l'agnello pascoleranno insieme,
il leone come il bue mangerà paglia:
ma nutrimento del serpente sarà la polvere.
Non nuoceranno e non depraveranno
in tutto il mio santo monte.
Anania metteva l'età messianica in relazione con i versetti. Il signore stesso vi darà un segno. Ecco un'almah gravida e partoriente un figlio chiamato Emmanuele. Egli mangerà panna e miele fino a tanto che saprà rigettare il male e scegliere il bene. Infatti, prima che il fanciullo sappia rigettare il male e scegliere il bene, sarà abbandonato il paese del quale tu paventi i due re.
E ragionava: certo panna e miele sono cibi egizi, interpretati dai fratelli terapeuti per dire che il salvatore viene dall'Egitto, dove è stato bambino e poi cercava di capire:
Ecco è nato a noi un bambino
a noi è dato un figlio, e il principio è sulle sue spalle,
ed è chiamato col nome: Mirabile consigliere, Dio forte,
Padre sempiterno, Principe della pace,
per estendere il principato,
con una pace senza fine
sul trono di David e sul suo regno,
per consolidarlo e fortificarlo
col giudizio e con la giustizia,
del presente e per sempre.
Comunque, nonostante le perplessità interpretative, era convinto che Jehoshua era il virgulto del tronco di Isai, capace di realizzare il tempo messianico, in cui il pardo col capretto, il vitello il leone e la pecora staranno insieme e un piccolo fanciullo li guiderà; la vacca e l'orso vivranno in compagnia, insieme si accovacceranno i loro figli, il bambino lattante giocherà nella buca dell'aspide e alla buca del basilisco stenderà la sua mano, appena svezzato.
Di questo solo era certo: Jehoshua era il Mashiah
Era sicuro che le nazioni, convertite (Egiziani, Adiabeni, Babilonesi e ogni orientale), dopo la vittoria sugli occidentali Edomiti, Kittim, necessariamente puniti, avrebbero cercato il nuovo David, su cui era stabilmente lo spirito profetico, pronto a fissare il regno della giustizia e della pace, il Malkut ha shemaim.
Ora, anche lui concordava perfettamente sulla possibilità di un prossimo Regno dei Cieli.
Anania stava preparando la sua risposta ai fratelli esseni e stava consultando Daniele, quando entrò Izate.
Il re era andato a trovare il suo consigliere spirituale e ministro e lo trovò con la lettera agli esseni incominciata ed ancora assorto nella lettura.
Il vecchio non disse niente della lettera ricevuta da Roma, meditava sulle Quattro bestie, sull'Antico dei giorni e sul Figlio dell'uomo e studiava la rivelazione di Gavriel sul tempo della visione.
Izate amava guardare il maestro che lavorava: lui lo aveva visto così intento da sempre: ragazzo, non capiva cosa dovesse penetrare e perciò lo sforzo di concentrazione e le rughe che si formavano sulla fronte, a forma di zeta, greco lo facevano sorridere; ma ora capiva cha da quei santi studi derivavano la conoscenza e il progresso del mondo, la formazione ideologica di popoli, da cui venivano mossi poi gli uomini: dalla spiegazione della parola, fatta da quei giusti, loro, i re facevano la storia, che andava in un senso o in un altro.
Ora capiva anche che la lettura del cielo fatta dai sacerdoti aveva un suo valore come quella della Bibbia: erano tutti segni celesti che Dio mandava per annunciare la sua volontà! Le sacre lettere e i segni astrali erano Dio.
Le sacre lettere sono la vita di un popolo, rifletteva.
Perciò attendeva come quando era ragazzo che il maestro gli dedicasse il suo prezioso tempo.
Attendeva lui re che Anania parlasse.
Attendendo sorrideva
Vistolo,poi, rasserenato e gioioso, contento della sua visita, Izate, sorridendo e celiando un poco, intelligentemente chiese: come voi terapeuti e i vostri fratelli esseni avete stabilito che questo è il tempo del regno dei cieli?
Quale computo avete fatto per dire che questo è il tempo del figlio dell'uomo, il cui potere sarà eterno e il suo regno tale che non sarà mai distrutto?
Il vecchio sorrise, compiaciuto che il suo re lo guardasse, lo stimasse e lo amasse.
E così rispose:
Dai calcoli fatti sulle settimane, spiegate dall'arcangelo, noi deriviamo che il Regno è prossimo e che il signore è presente.
Infatti si legge: Fa dunque, attenzione alla parola, e sta attento alla visione: Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua città santa, finché abbia fine il delitto e sia sigillato il peccato ed espiata l'iniquità e sia fatta la giustizia eterna e sia messo il sigillo alla visione e al profeta e sia unto il santo dei santi.
Sappi, dunque, ed intendi.
Dall'uscita della parola di far restaurare e ricostruire Yerushalaim fino ad un principe unto ci saranno sette settimane, e, in sessantadue settimane, sarà rifatta piazza e forza in angustia di tempi.
E dopo sessantadue settimane un unto sarà ucciso, ma non per colpa propria.
E il popolo di un principe che verrà, distruggerà la città e il santuario e la sua fine sarà un'inondazione e fino alla fine sarà guerra e distruzione stabilita.
Ed egli salderà l'alleanza con molti in una settimana e, alla metà della settimana, egli farà cessare il sacrificio e l'oblazione e sul santuario verrà un'abominazione desolante, finché la distruzione stabilita si riversi sul devastatore.
Queste sono le parole, o mio principe.
Noi le abbiamo studiato a lungo, confrontate con altre, commisurate con le risultanze astrali ed ora siamo certi.
Ebbene noi crediamo, o Izate, e siamo discordi nelle date intermedie, che i tempi della venuta del Regno e del Messia siano ben delimitati come termine di inizio del computo e come termine finale.
Abbiamo dubbi, però, su particolari.
A noi tutti, concordi, risulta che la data del decreto di Artaserse di ricostruzione della città santa, fissata nella ottantesima olimpiade del calendario macedone20 sia il punto di partenza della visione danielica e che quella della metà della settantesima settimana debba essere fissata al
ventesimo anno di Impero di Tiberio, data indicante i nostri tempi21 quando il caprone vincerà.
Ora congiungeva gli ultimi avvenimenti romani della morte di Seiano con l'avvento del Messia e diceva: Questi tempi corrispondono esattamente alle azioni di Jehoshua, che ha stabilito di non fare più il sacrificio annuale per i romani e di non pagare le tasse, dopo aver saldato alleanze con molti: quella con te o re, con Asineo, con Areta ed ultima con Artabano.
Ora è da attendersi la distruzione del devastatore romano: quest'anno sarà l'anno del Signore.
Dalle ultime sette settimane, da quando è iniziata la rivoluzione di Giuda il Gaulanita e di Sadok, ci sono state guerre e distruzioni, e in questa ultima settimana i tempi sono compiuti.
Izate, che aveva ascoltato con fede, replicò: Maestro, i dati interni sono veramente contrastanti o sono solo dibattuti i nomi degli unti? Tu sai bene che a volte le interpretazioni piegano la lettera al fine voluto dall'ermeneuta ed anche le date finali possono spostarsi.
Anania subito, senza incertezza, rispose: noi uomini possiamo sbagliare, ma alcuni santi esseni ed alcuni terapeuti, cari a Dio, hanno profetizzato che questo è l'anno del Signore, questo è l'anno del Regno dei Cieli: i loro conti sono guidati dall'Eterno e non possono essere errati!
Certo noi interpreti, quando leggiamo confondiamo immettendo i dati storici ed allora computiamo complessivamente le 70 settimane (490 anni).
Separiamo poi le 62 settimane (434 anni), in cui "piazza e forza saranno rifatte in angustia di tempi" dalle 7 settimane (49 anni) in cui viene unto un principe (su cui c'è controversia, comunque, molti ritengono Nehemia) e cerchiamo di individuare come segno la morte del giusto e discutiamo sul termine giusto, sacerdote, unto, principe, accapigliandoci, da uomini, sul nome stesso da dare.
Allora parliamo dell'arrivo dei romani (di Pompeo? O di Antonio che fece la guerra contro Antigono o di Erode romanizzato indegno, che uccise Aristobulo?) e facciamo tante congetture.
Il santo di Dio, che è la sua parola, mette in chiaro ogni cosa: egli rivela la verità e fa luce, precisando quel che noi non abbiamo letto bene: Pompeo, che prese la nostra città santa, fu ucciso in Egitto, il luogo della "inondazione" e quindi ci viene indicato un altro dato sicuro, l'invasore.
Il terapeuta allora concludeva: Comunque, figlio, sarebbe lungo seguire i nostri intricati ragionamenti e sinuosi percorsi di vecchi ermeneuti: quello che conta è che ci sia un Santo di Dio.
Nessuno nel mondo Giudaico dubita ormai: Jehoshua è il figlio dell'uomo, colui che caccerà i nemici dai luoghi santi.
Questi ultimi tre anni e mezzo ormai sono trascorsi: noi dobbiamo essere pronti, ognuno con i suoi compiti. io come terapeuta, tu come re: Il regno dei Cieli è prossimo.
Izate era un fedele zelante e, perciò, accettava ciecamente l'interpretazione dei santi e le parole di Anania.
Non poteva fare a meno di pensare, mentre andava verso Arbela, quanto fossero complicate le menti degli interpreti, quanto ardua fosse il loro midrash.
Essi dovevano far corrispondere ad ogni parola una data storica: questo era proprio di anime invase da Dio, espressione della voce stessa divina.
Lui, per conto suo, era fiducioso nella parola ed avrebbe fatto il suo compito per far parte del Regno dei Cieli: era giovanilmente felice ed infervorato di essere nella nuova epoca, di vivere l'impresa messianica.
E come sempre faceva, prima di ripartire per la sua reggia, si diresse, per salutarlo, da suo fratello Monobazo, che pur felice di rivedere il re, era un pò preoccupato.
La sua preoccupazione era grande e nemmeno il fratello, che mensilmente andava a trovarlo, quietava la sua anima: voleva rivelare la congiura, ma temeva per se stesso e non sapeva trovare le parole: si bloccava e, quando lo salutava, aveva il cuore triste.
Monobazo ora frequentava ancora più del solito, data la vicinanza, oltre che per ordine del re, Anania, ed una sera, di nascosto, con una sola guardia, andò a trovarlo.
Egli era insicuro non se tradire o essere fedele al fratello, ma come il fratello avrebbe interpretato il fatto che i congiurati avessero pensato a lui.
Si arrovellava in questo dubbio e non sapeva come venirne a capo.
Fu già quieto appena che sentì il saluto di Anania, un padre per lui, come per Izate.
Anania aveva intuito tutto, non solo per le doti profetiche, ma anche per logica: lui prevedeva le mosse dei suoi nemici le anticipava sempre, proprio per la sua superiorità intellettiva (che lui diceva dono di Dio).
Perciò, il terapeuta assunse la funzione del confessore ed aspettava.
Monobazo gli rivelò la congiura e chiese consiglio come doveva comportarsi col fratello, che poteva perfino dubitare di lui innocente.
Ed ora che si era liberato del peso, pensava cosa fare per neutralizzare la congiura e come concordare il piano per annientare i congiurati.
Anania leggeva il fatto come la parola, ma sapeva anche altri fatti e conosceva altre notizie: Dio mandava un messaggio a lui e lui, da saggio, lo decifrava.
Il vecchio era contento.
Dio lo vuole, diceva.
YHWH lo vuole, ripeteva.
Il vecchio politico era di nuovo sulla breccia: YHWH lo chiamava.
Lui doveva rientrare nella politica attiva: lui nel pericolo si esaltava.
La sua genialità risplendeva quando gli altri entravano in crisi.
Anania quietò ed assicurò il giovane: avrebbe provveduto lui a tutto.
E provvide.
Anania andò personalmente da Izate e gli rivelò la morte di Seiano, gli svelò la congiura, l'innocenza del fratello: insieme stabilirono il piano per precedere i congiurati.
Izate era partito dalla capitale con pochi cavalieri: lo zaotar avvertì Artavaste, che subito si preparò a seguirlo con un gran numero di cavalieri.
Izate invece di andare direttamente da Anania aveva deviato per la vecchia reggia, dove era Monobazo, poi era uscito e con le guardie era andato dal terapeuta.
E più velocemente del solito era ripartito.
Dopo un diecina di stadi venne fermato da Artavaste, che avanzava a spron battuto contro di lui.
Un polverone ancora maggiore di cavalieri, però, veniva da Arbela contro Artavaste e contemporaneamente un'altra turma di cavalleria da oriente e un'altra ancora alle spalle bloccava il gruppo dei congiurati, praticamente circondato.
Il nobile capì di essere stato tradito.
Allora si scopri che Artavaste non andava contro il re, ma contro Monobazo vestito da re, che sembrava Izate, data anche la stretta somiglianza, mentre il re veniva da Arbela a dare man forte ai suoi squadroni, inviati dalla capitale e fatti venire dal confine parto.
La legione romana e le truppe armene poi trovarono sul confine schierati quaranta mila fanti e 5OOO cavalieri: era chiaro che la congiura era fallita: le aquile ripiegarono verso l'Eufrate per tornare ad Antiochia sull'Oronte.
Artavaste rivelò i complici, chiese perdono.
Il re volle solo vendicarsi di Muciano: lasciò la sorte di Artavaste, dello zaotar e degli altri nobili e sacerdoti al consesso di amici, con cui governava.
Licinio Muciano e tutti i romani, nudi, furono costretti a marciare a piedi fino al confine, a Zeugma dopo aver subito le ingiurie più infamanti da tutti i popoli, attraversati nel tragitto: tutto l'odio delle genti di confine contro Roma fu riversato contro quel miserabile gruppo di uomini irriconoscibili per la fatica e per le sevizie.
Muciano e gli altri romani furono lasciati, esanimi, ma vivi, nell'isoletta sull'Eufrate, a Zeugma, luogo di trattati tra Roma e i Parti.
I suoi complici furono tutti uccisi.
Note della IV parte
1. Monobazo è re di Adiabene, uno stato della confederazione Parta, nel periodo Tiberiano ostilissimo ai romani; suo figlio Izate ha una politica incerta, ambigua, opportunistica.
La moglie di Monobazo, Elena, regina e reggente del regno, dopo l'incoronazione del figlio, viene a Gerusalemme. La tradizione siriaca attesta di una sua presenza tra le pie donne al momento della morte di Gesù: e' testimoniata la sua assistenza alla popolazione gerosolimitana nella carestia del 44 d.C.,durante il regno di Erode Agrippa I (37-44 d-C.).
2. La regina Elena è personaggio storico. Di lei Flavio ( Antichità giudaiche XX,17-96) dice che fu regina di Adiabene e moglie di Monobazo, che andò a Gerusalemme e vi rimase, dopo la morte del marito, fino alla fine della sua vita. Ancora oggi si ammira la tomba della regina Elena adiabene e di suo figlio Izate in Gerusalemme.
3 Sul personaggio di Anania, conosciuto come un ricco mercante giudeo che conosceva le mogli del re Monobazo e che le aveva convertite al culto di JHWH (Cfr Flavio, Antichità Giudaiche, XX, 34) ho fatto aggiunte, tramite notizie tratte sempre da Flavio ed l' ho fuso con un certo Eleazar, un giudeo della Galilea, che aveva fama di esser molto severo sulle patrie leggi e che convinse Izate alla conversione e alla circoncisione.
Infine l'ho definito terapeuta, per esigenze narrative.
4. Il culto di Arta( giustizia) nel sistema medico-persiano in senso zaratustriano è attestato da molte fonti classiche (Erodoto, Senofonte, Plutarco). Basterebbe riflettere sulla onomastica: Artabano, Artaserse, Artavaste e sull'educazione dei giovani e sulla giustizia ebraica, da essa derivata (Cfr A. Filipponi, Traduzione di Vita contemplativa di Filone)
5. Sargon II (721-705 a. C.), successore di Salmanassar (727-22 a.C.) aveva distrutto Samaria nel 721 e deportò 27290 israeliti nella regione di Halab (Halahhi, vicino ad Haran) e lungo l'Habor, affluente orientale dell'Eufrate, nella provincia di Gozan, non lontano da Nisibi.
6. Nabocodonosor (604-562 a.C.) fece una prima deportazione nel 597 a Babilonia e una seconda deportazione, sempre nella stessa città dopo la distruzione di Gerusalemme e del tempio il 23-24 giugno del 587.
7. Ciro (578?-529 a.C.) dopo la vittoria su Nabonide e la conquista di Babilonia nell'ottobre del 538, diede il permesso di rientrare in patria ai giudei nel 536 e di ricostruire il tempio.
8. Zarathustra visse in una regione forse iranica (Chorasmia o Margiana o Bactriana) nel VII-VI sec a.C., fu sacerdote vagante con tendenze mistico-visionarie e riformò il mazdeismo. La sua vita leggendaria è divisa in tappe nelle Gathe, in relazione alle fasi della riforma religiosa. Dapprima fu osteggiato dagli altri sacerdoti mazdaici,poi fu accolto da Kavi Vishtasp, che lo protesse. In seguito i suoi discepoli, i magi, propagarono la sua dottrina e mostrarono i suoi miracoli e le sue profezie. Da alcuni magi veniva seguita anche la linea del Saoshyant (salvatore), che sarebbe nato da una vergine bagnatasi nel lago Kansaviya ,dove Zaratustra aveva depositato il suo seme, conservatosi miracolosamente.
9. I nomi di Abennerigo e sua figlia Amaco sono testimoniati solo da Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche, XX 22,23)
10 Lucio Licinio Lucullo console nel 73 a.C.fu proconsole in Bitinia e vincitore di Mitridate VI in molte battaglie. Fu richiamato a Roma nel 66, in un clima di brogli elettorali, dopo la conquista di Amiso. E' celebre per i banchetti
11. La sconfitta di Carre, subita da Licinio Crasso, nel 53 a.C., è famosa nel quadro delle lotte dei triumviri; meno conosciute invece le imprese dell'ascolano Ventidio Basso sui parti, grazie alle quali i romani uccisero a Gindaro lo stesso Pacoro figlio del re Obode, nel 38: questa vittoria fu così determinante che, nonostante la successiva sconfitta di Antonio, i parti cominciarono a trattare tregue e poi fecero la pace con Augusto, ratificata due volte con un foedus iniquum. Più tardi Ventidio Basso passò indisturbato lungo il territorio adiabene, perché aveva promesso aumento territoriale contro il re armeno, nemico, e perché aveva manovrato a creare screzi con il gran re. L'effettiva neutralità adiabene permise al romano di ottenere quei grandi risultati. In seguito. Fraate, il nuovo re parto, chiese la pace, restituì le insegne e mandò come ostaggi a Roma i suoi figli.
12 Arbela (oggi Arbil) è il luogo, dove avvenne la battaglia tra Alessandro e Dario III 332 a.C. nei pressi di Gaugamela, un villaggio, centro di una vasta pianura. Cfr Arriano, Anabasi di Alessandro, III, 8,7 Dario si era accampato presso il fiume Bumelo, a circa seicento stadi dalla città di Arbela, in una regione del tutto piatta.
13.G. Licinio Muciano, come uomo politico e militare fu così insigne da essere acclamato imperatore nel 68, alla morte di Nerone; rifiutato il titolo, sostenne dapprima Otone e poi Vespasiano; fu governatore di Siria dove sembra morì nel 77. A causa degli incidenti adiabeni, rimase zoppo per il resto della vita. Come letterato è citato da Plinio Il vecchio (Storia Naturale,XXXVIII,29; XXX,16,19; XXXII, 62)
14 Carre è l'odierna Haran , ad oriente di Edessa, luogo dove fu sconfitto nel 53 L. Crasso. In una località, non distante da Carre, forse Carron, una regione dove si produceva abbondanza di amomo (cfr Flavio, Antichità Giudaiche, XX,25 e sgg. Vi si conservano pure i resti dell'arca, nella quale Noè si salvò dal diluvio, che anche oggi si mostrano a chiunque vuole vederli). La zona è quella dell'odierna Sanliurfa in Turchia, famosa per le caratteristiche case alveolari (abitazioni dalla bizzarra forma a cono, costruite con pietra calcarea, facile a modellarsi, adatte al clima umido caldissimo estivo e a quello rigidissimo e freddo invernale. Tutta la regione, piena di integralisti musulmani, venera Noé e specie il ricordo di Abramo, personaggio biblico, celebrato anche nel Corano per la sua santità.
15 Gathe sono capitoli dell'Avesta (Testo fondamentale), "una raccolta di libri sacri e canonici dei seguaci della religione di Hahura Mazda , che si divide in: 1 Yasna (preghiera) , 2 Vispered (tutti i capi), 3 Vendidad (legge contro i demoni) 4 Yasht (adorazione , sacrificio), 5 Khorda (piccola Avesta).
16. Le imprese di Asineo ed Anileo sono testimoniate solo da Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche,XVIII, 310-379, per mostrare la massima sventura dei giudei mesopotamici.
17 Antonio Felice è un liberto fratello di Pallante, fatto governatore (epitropos tes ippikes .. tacseos) di Giudea da Claudio. Essendo governatore, vide Mariamne figlia minore di Agrippa I , se ne innamorò e convisse con lei, che pur aveva sposato Archelao, figlio di Helchia. Felice ebbe da lei un figlio di nome Agrippa, morto all'epoca dell'eruzione del Vesuvio. Mariamne, dopo essersi separata anche dal marito, si sposò con l'alabarca Demetrio alessandrino. E da lui ebbe un figlio di nome Agrippino (cfr Flavio, Ant. Giud. XX, 137-147).
18 Artabano III sovrano di Partia dal 10 al 40 d. C. è personaggio famoso per la sua potenza militare e per il suo odio verso Tiberio (Svetonio, Tiberio, Caligola ).
E' descritto come esempio di mutevolezza della fortuna da Giuseppe Flavio(Antichità Giudaiche, XVIII, 48-52;96--104;326 e XX, 54-69) ed è citato da vari altri autori. Tacito ne parla come di un grande antagonista di Tiberio e della Romanitas (Annales VI, 34-36).
19 Flavio (Antichità Giudaiche, XX,27-33) informa che Monobazo iunior era stato fatto reggente dalla madre, prima dell'arrivo di Izate, e che aveva, però, giurato di essere fedele al fratello minore, riconosciuto da tutti come re e di mantenere il trono per lui..
20 Secondo le Olimpiadi, che si svolgevano ogni quattro anni a partire dal 777/6, la data iniziale sarebbe quella del 456, sotto il regno di Artaserse I Longimano (464-424).
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19/01/2010
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