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7-8 Chili: dal teatro dei sensi al senso di fare teatro

Grottammare | La performance "Ortica": un fallimento si tramuta in una riflessione sul teatro contemporanea ed il suo rapporto con la società.

di Ugo Mancini

7-8 Chili

Raccogliere i cocci di un progetto fallito per ricomporli in una nuova performance ricca di stimoli e vitalità: questo è ciò che è avvenuto sabato sera al Dep Art di Grottammare sotto gli occhi del pubblico intervenuto per assistere ad Ortica, l'ultima creazione dell'associazione culturale 7-8 Chili.

Ortica, secondo la scheda tecnica diffusa dagli autori già mesi prima dello spettacolo, ed in coerenza con il cartellone della rassegna I Sensi e il Cuore, organizzata dall'associazione Blow Up, doveva essere una ricerca sulla percezione dei sensi.

L'idea è quella di narrare una storia attraverso la stimolazione dei cinque sensi percettivi. Ciò viene esplicato in scena tramite la presenza di una "struttura" che diffonde un crescendo di suoni, luci, odori e materie che lambiscono le prime file del pubblico presente.

Ma tutto crolla e tutto si blocca: la "struttura" non funziona, troppi problemi tecnici. È a questo punto che viene fuori la vera essenza dello spettacolo, nel momento in cui i sei autori si presentano in scena a discutere sul perché questa performance non può andare avanti, palesando un difficile momento di crisi.

Si diceva che numerosi problemi tecnici impediscono alla "struttura" di funzionare, ma il nocciolo della questione è un altro: è sufficiente una semplice forma per esprimere un contenuto? Le varie parti si confrontano, il dibattito resta aperto.

Ma soprattutto, quale contenuto offrire ad un certo tipo di pubblico che ormai frequenta gli spettacoli solo perché irretito da macchinari complessi e costosi? Una chiave di lettura, quest'ultima, già introdotta nel monologo d'apertura di Ortica, in cui si polemizza con certe compagnie di teatro contemporaneo che usano "Deus Ex Machina" allo scopo di adescare spettatori ammaliati dalla trovata estemporanea. Un pubblico che frequenta i teatri non per arricchirsi interiormente, ma solo per mettere in mostra gli abiti nuovi negli almeno 50 minuti di spettacolo imposti dagli enti sovvenzionatori.

Alla luce di ciò ecco, con studiato sarcasmo, la "trovata" di 7-8 Chili per risolvere la situazione: servire crostate e vino al pubblico che potrà ritenersi soddisfatto di trascorrere, riempiendosi lo stomaco, il tempo che rimane dei fatidici 50 minuti.

Il tutto in un profondo gioco metateatrale, in cui la discussione tra gli autori è stata proposta con una naturalezza tale che qualsiasi spettatore sarebbe potuto intervenire per dire la sua, c'è anche chi si alza per contribuire a servire dolci e bevande. Un'operazione di metateatro che sfonda i confini della performance in sé, essendo già cominciata mesi prima, con la diffusione della "falsa" scheda tecnica e mai conclusa, innescando il dibattito sull'arte contemporanea degli spettatori che si attardano a discutere all'uscita del Dep Art.

In sintesi lo spettacolo viene abilmente risolto in un sottile gioco delle diverse sfumature della parola "senso": da facoltà percettiva al domandarsi che significato ha fare ricerca teatrale al giorno d'oggi. Allora, si può concludere che Ortica è stata davvero una performance sui sensi.

Quanto di scaltrezza e di necessità ci sia stato in questa operazione potremmo anche chiedercelo. Ma ciò che conta è solo il coraggio di portare in scena un fallimento e di elaborarlo in una critica amara, spietata e ironica. Pungente come un cespuglio di ortiche.

E quanto 7/8 Chili abbia colto nel segno lo dimostra un'immagine emblematica: dopo la performance una signora se ne va, avvolta in una pelliccia portando a casa un piatto con avanzi di crostata.....

02/03/2010





        
  



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