Replica dei dipendenti dell'Ipssar a Carnevalini
San Benedetto del Tronto | I dipendenti dell'Istituto Alberghiero di San Benedetto, così improvvidamente chiamati in causa dalla lettera del signor Davide Carnevalini, esprimono il loro punto di vista.
di Redazione
Edificio Ipssar "Filippo Buscemi"
In primo luogo noi sottoscritti siamo desolati che con la fine del XX secolo siano terminati anche "i migliori anni" della vita del signor Carnevalini. Bisogna però rassicurare i lettori sul fatto che la nostra scuola è tuttora ricca di docenti, tecnici e personale ATA di alta qualità professionale, che quotidianamente si sforzano di dare il meglio di sé. Certo, talvolta si ha l'impressione di fare la fatica di Sisifo, visto che questi sforzi non solo non vengono a volte riconosciuti, ma più spesso sono aggravati dal generalizzato discredito sociale che una certa fetta dell'opinione pubblica (di cui intuiamo che il signor Carnevalini fa parte) ama gettare sui lavoratori della scuola in particolare e dei dipendenti pubblici in generale.
Alcune argomentazioni (diciamo così) addotte dal signor Carnevalini nel lamentarsi della nostra scuola sono quantomeno singolari. Criticare l'alto numero di personale che qui presta servizio attualmente corrisponde a dire che si trova strano che gli iscritti a un Istituto importante come il nostro debbano essere ben seguiti. D'altra parte, l'IPSSAR negli anni è arrivato a sfiorare i mille iscritti, ed è inevitabile che anche il numero dei dipendenti in servizio - cioè coloro che fanno funzionare la scuola - aumenti. A meno di non voler rimpiangere l'epoca delle classi di quaranta alunni dove, qualcuno afferma, "si imparava bene lo stesso".
Quanto al fatto che ci egli qualifica come "Maestri perché chiamar(ci) Professori è uno scandalo", non possiamo che ringraziarlo di questo onore che ci tributa (forse involontario): gli ricordiamo infatti che il termine Maestro (magis ter), lungi dall'essere dispregiativo, è un attributo riservato ai più alti esponenti di un'arte o un mestiere. Non per niente in un'orchestra i Professori stanno in buca, e il Maestro è chi li dirige.
La peregrina osservazione geografica secondo la quale i dipendenti dell'IPSSAR sarebbero "quasi tutti di Grottammare", nella sua irrilevante pertinenza, ci sembra solo manifestare una personale idiosincrasia del signor Carnevalini contro i residenti della limitrofa ridente cittadina. Saremmo inoltre tutti quantomai curiosi di sapere da quale fonte l'inviperito signor Carnevalini abbia attinto i dati fantascientifici sul numero e la lunghezza delle assenze per malattia (presunta, a suo avviso) dei docenti in servizio qui.
A prescindere dall'eventuale rilevanza giudiziaria che certe incaute affermazioni possano avere, riteniamo che sparare nel mucchio nell'intento di infangare la reputazione di quell'altissima percentuale di dipendenti pubblici che - di fatto - ancora fa funzionare lo Stato, e lavora al servizio dell'interesse comune, sia un atteggiamento becero e arrogante, anche se purtroppo sempre più diffuso.
Se il signor Carnevalini è tanto insoddisfatto dell'insegnamento che qui viene impartito, e ha in uggia a tal punto il servizio pubblico, gli consigliamo, per l'istruzione dei suoi figli, di optare a tempo debito per una delle innumerevoli scuole private che sfruttano - volevamo dire "impiegano" - insegnanti pagati ancora peggio di quelli statali, che ammalarsi non possono nemmeno. In coerenza con quell'idea ultra-liberista di tolleranza zero secondo la quale - come il signor Carnevalini esplicitamente dichiara - una supplente (cioè una lavoratrice precaria, non un "acquisto") quando si ammala va licenziata su due piedi.
I firmatari di questa replica non condividono questa visione reazionaria della società e dei rapporti di lavoro; e proprio per questo motivo si impegneranno fino all'ultimo per fornire agli studenti il miglior servizio possibile in termini di istruzione e formazione. La "produzione" lasciamola alle aziende, per favore: qui non si sfornano microchip di ultima generazione, si formano i cittadini di domani.
Alcune argomentazioni (diciamo così) addotte dal signor Carnevalini nel lamentarsi della nostra scuola sono quantomeno singolari. Criticare l'alto numero di personale che qui presta servizio attualmente corrisponde a dire che si trova strano che gli iscritti a un Istituto importante come il nostro debbano essere ben seguiti. D'altra parte, l'IPSSAR negli anni è arrivato a sfiorare i mille iscritti, ed è inevitabile che anche il numero dei dipendenti in servizio - cioè coloro che fanno funzionare la scuola - aumenti. A meno di non voler rimpiangere l'epoca delle classi di quaranta alunni dove, qualcuno afferma, "si imparava bene lo stesso".
Quanto al fatto che ci egli qualifica come "Maestri perché chiamar(ci) Professori è uno scandalo", non possiamo che ringraziarlo di questo onore che ci tributa (forse involontario): gli ricordiamo infatti che il termine Maestro (magis ter), lungi dall'essere dispregiativo, è un attributo riservato ai più alti esponenti di un'arte o un mestiere. Non per niente in un'orchestra i Professori stanno in buca, e il Maestro è chi li dirige.
La peregrina osservazione geografica secondo la quale i dipendenti dell'IPSSAR sarebbero "quasi tutti di Grottammare", nella sua irrilevante pertinenza, ci sembra solo manifestare una personale idiosincrasia del signor Carnevalini contro i residenti della limitrofa ridente cittadina. Saremmo inoltre tutti quantomai curiosi di sapere da quale fonte l'inviperito signor Carnevalini abbia attinto i dati fantascientifici sul numero e la lunghezza delle assenze per malattia (presunta, a suo avviso) dei docenti in servizio qui.
A prescindere dall'eventuale rilevanza giudiziaria che certe incaute affermazioni possano avere, riteniamo che sparare nel mucchio nell'intento di infangare la reputazione di quell'altissima percentuale di dipendenti pubblici che - di fatto - ancora fa funzionare lo Stato, e lavora al servizio dell'interesse comune, sia un atteggiamento becero e arrogante, anche se purtroppo sempre più diffuso.
Se il signor Carnevalini è tanto insoddisfatto dell'insegnamento che qui viene impartito, e ha in uggia a tal punto il servizio pubblico, gli consigliamo, per l'istruzione dei suoi figli, di optare a tempo debito per una delle innumerevoli scuole private che sfruttano - volevamo dire "impiegano" - insegnanti pagati ancora peggio di quelli statali, che ammalarsi non possono nemmeno. In coerenza con quell'idea ultra-liberista di tolleranza zero secondo la quale - come il signor Carnevalini esplicitamente dichiara - una supplente (cioè una lavoratrice precaria, non un "acquisto") quando si ammala va licenziata su due piedi.
I firmatari di questa replica non condividono questa visione reazionaria della società e dei rapporti di lavoro; e proprio per questo motivo si impegneranno fino all'ultimo per fornire agli studenti il miglior servizio possibile in termini di istruzione e formazione. La "produzione" lasciamola alle aziende, per favore: qui non si sfornano microchip di ultima generazione, si formano i cittadini di domani.
Lettera firmata da 60 tra Docenti e Ata
(firme in Redazione)
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10/06/2010
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