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Carlo Crivelli, tanti spunti di ricerca per un grande pittore

Ascoli Piceno | Hanno suscitato estremo interesse gli argomenti esposti nel convegno di sabato sull'artista ascolano d'adozione. Tra gli altri uno straordinario ritrovamento nel Museo Diocesano, una nuova ipotesi di attribuzione e l'indagine sulla tecnica del maestro.

di Ugo Mancini

Il Polittico di Crivelli conservato nella Cattedrale di Ascoli.

La nostra redazione ha già pubblicato ieri un articolo relativo al convegno su Carlo Crivelli tenutosi sabato mattina presso la Pinacoteca di Ascoli. Tuttavia si sente la necessità di integrare quel pezzo, ricalcato su un comunicato stampa della Provincia e che si soffermava sulle dichiarazioni dei politici presenti, con una cronaca più dettagliata, che dia un fedele resoconto dei contributi scientifici, tra l'altro pregevoli, apportati dalla giornata di studi ascolana.

Dunque, con l'obiettivo di trascurare la sfilata delle autorità civili, cerchiamo di informare tutti gli appassionati di storia dell'arte delle nuove proposte di ricerca sul pittore quattrocentesco determinatesi dalle relazioni del convegno.

Come ha specificato il Prof. Gino Troli, coordinatore del progetto che vede una serie di iniziative su Carlo Crivelli, il rinnovato interesse sull'artista di origine veneta è stato acceso da due motivi fondamentali. Innanzitutto dalla consacrazione definitiva avvenuta per mezzo della recente mostra tenutasi a Milano presso la Pinacoteca di Brera. In secondo luogo il progetto Neptune 2, con fondi della comunità europea destinati alla ricerca sulla cultura adriatica, ha determinato la necessità di focalizzare gli studi piceni sul XV secolo, come epoca cardine per la conformazione attuale del nostro territorio.

Infatti nel Quattrocento, la massiccia presenza di coloni Dalmati e Slavi (confermata anche da un imponente presenza in provincia di cognomi come Schiavi o Schiavoni) fu fondamentale, sia per la ripresa economica e demografica dopo la peste del 1348, sia per nascita della mezzadria, istituzione agricola tipicissima del nostro territorio. Il Piceno, in quell'epoca, fondendosi con l'altra sponda dell'Adriatico, andò a formare una vera e propria società cosmopolita, di cui l'arte di Crivelli, il quale soggiornò in Dalmazia, fu interprete.

La prima relazione esposta è stata quella di Michele Picciolo. Il delegato del Vescovo per i rapporti con le soprintendenze ha raccontato di una sensazionale scoperta avvenuta nel Museo Diocesano, dove all'interno di un reliquiario di San Benedetto Martire sono stati ritrovati ben cinque drappi tessili risalenti alla prima metà del XV secolo. Si tratta di cinque veli di straordinaria fattura, con ricami a figure geometriche, floreali o animali, la cui fedele riproduzione appare ancora 50 o 60 anni dopo nelle Madonne di Crivelli e Pietro Alemanno. Le stoffe verranno esposte nella mostra che prossimamente si terrà nel Battistero, insieme ad un paliotto con figure di santi della seconda metà del XV secolo, probabilmente ispirato al polittico crivellesco della Cattedrale.

È seguita la dissertazione del Prof. Stefano Papetti su una nuova attribuzione relativa ad un dipinto della Pinacoteca. La tavola in questione è un San Bernardino da Siena, da sempre ritenuto opera di Pietro Alemanno. Il recente restauro ha portato alla luce una tecnica pittorica estremamente evoluta, determinata da sottili sovrapposizioni di colori, che contrasta, invece, con la pennellata a campiture piatte tipica dell'Alemanno. Inoltre il modo in cui il santo si allunga goticamente all'interno dello spazio ristretto della tavola e la resa delle dita dei piedi fanno pensare che il San Bernardino sia un prodotto delle maestranze operanti nella bottega del Crivelli, nella quale i suoi allievi usavano la stessa tecnica e gli stessi cartoni del maestro.

La superiorità tecnica del San Bernardino è stata confermata dalla docente dell'Unicam Graziella Roselli, la quale ha esposto i risultati delle analisi riflettografiche compiute sulle opere di Crivelli e Alemanno conservate in Pinacoteca. Da tale indagine è emerso che il Crivelli costruiva i suoi dipinti su un disegno preparatorio estremamente curato, ottenuto mediante una tecnica mista di carboncino a secco e pennello. Su questa figura, già particolareggiatissima, si stendevano le trasparenti e sottili velature di colore. Il dipinto veniva poi rafforzato in una terza fase di lavoro in cui venivano rifiniti i contorni ed i dettagli a pennello.

Ha chiuso la mattinata di studi la relazione di Giuseppe Clerici sui rapporti tra Crivelli e le Arti Minori. L'esposizione è stata incentrata soprattutto sul rapporto tra il pittore e l'orafo Pietro Vannini, autore del noto Sant'Emidio in argento. Tra i due si instaurò sicuramente un intenso rapporto di scambi e di citazioni di modelli. Molto interessanti anche i legami che Clerici ha posto in luce tra le opere crivellesche e l'architettura veneto-dalmata del XIV e XV secolo. Un esempio tra tutti: le cimase mistilinee della cornice del polittico della Cattedrale ricordano molto da vicino il coronamento gotico della Basilica di San Marco a Venezia.

Le riflessioni e gli argomenti esposti nel convegno di sabato, riguardano in gran parte la Bottega di Crivelli: con quale metodologia lavorassero il maestro ed i suoi allievi, di quali maestranze si avvalesse il pittore (orafi, ebanisti), sono tutti spunti di ricerca non ancora sufficientemente indagati e che andranno a determinare gli studi futuri sul pittore ascolano.

06/06/2010





        
  



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