Benvenuti all'Inferno
San Benedetto del Tronto | Dall'Inferno di Dante, Vincenzo Di Bonaventura atto[re] unico.
di Giorgio Camaioni
Dentro, la navicella-teatro da sopravvivenza, con tutto quanto serve nei lunghi viaggi e niente di superfluo. Nessun pezzo di design, nulla d'allineato, di studiato, di coordinato, nulla di molle. Tavole, blocchi squadrati di legno, travi, chiodi, bulloni, spesse tende quasi antiproiettile, fari da lavoro, non led da salotto o da supermercato. Panche sofferte, da diluvio universale, tubi neon da officina, luci-"tartaruga" in fila sull'architrave, opachi manifesti di Gaber, Fo, Carmelo Bene, tutti con Di Bonaventura (mi ricordano i quadri Mozart-con-Mascitti, Bach-con-Mascitti...), un'unica sedia rossa imbottita, casse acustiche di ogni tipo (ma minimo trentenni), il contrabbasso dentro il suo "garage" di nylon, che dorme disteso sui sedili di Peugeot morta a 500.000 km.. Allo spettacolo non s'alzerà. Sulla destra una ripida scaletta verso la "galleria", come verso il paradiso. Stasera non serve, c'è l'Inferno.
Sei spettatori sabato, quindici domenica, la navicella-teatro-auditorium può contenerne trenta. Scelti come tra gli astronauti, assortiti nella specie e nell'età. Tuttavia campione non rappresentativo, per fortuna, sennò saremmo meno.
Sei canti dell'Inferno per attore solista (Vincenzo Di Bonaventura), orchestra di 4 percussionisti (tutti di nome Vincenzo), Vincenzo anche il regista, Vincenzi i tecnici del suono e delle luci, Vincenzo il presentatore e moderatore, Vincenzo il comandante-pilota della navicella...
Oltre due ore di viaggio con Dante. In orbita, fuori dal mondo. Perché mica con quei Danti di scuola, né con quelli leggeri celebrati televisivi e di moda dei Benigni e dei Preziosi.
Un Dante altro e alto, sconosciuto, reboante, martellante, pauroso e dolcissimo. Tutto realmente a memoria, senza gobbi né leggii, senza rete. E mai "recitato". Di Bonaventura "entra" in Dante. La Commedia pare la scriva lui. Un Dante-viaggiatore strabiliante che ti centrifuga, ti senti un diavolo con la coda, non uno spettatore (neppure pagante...). Atmosfere, linguaggio, incontri, personaggi... troppo poco dire teatro. E noi che credevamo di sapere, di conoscere, di ricordare: era solo retorica, rovine di scuola media e di liceo. Invece quest' Inferno è un paradiso.
Quando usciamo dalla navicella-teatro ci vuole un po' per riprenderci. Quasi cadessimo come corpo morto cade e dovessimo presto rialzarci. L'inferno è qua fuori, anche se la strada per tornare alla macchina adesso è in discesa.
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12/07/2010
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