Con Antonio Pennacchi allo Strega trionfa il romanzo storico
San Benedetto del Tronto | Pennacchi vince con "Canale Mussolini".
di Silvio Venieri
Antonio Pennacchi ha vinto l'ultima edizione del Premio Strega con l'opera "Canale Mussolini", ove narra della migrazione di massa che ripopolò l'Agro Pontino bonificato da Mussolini e, attraverso la storia di una famiglia di mezzadri per tre generazioni, i Peruzzi, ripercorre anche un pezzo importante della storia nazionale, dal socialismo contadino dei primi del ‘900 al fascismo negli anni del massimo consenso.
L'assegnazione dell'ambito riconoscimento segna una ulteriore importante affermazione del romanzo storico, uno dei generi letterari privilegiato in questi ultimi tempi dai nostri autori nazionali, il che comporta alcune riflessioni.
Sfiorando l'archetipo di tutti i tempi del romanzo storico, "I promessi sposi", prima che il suo Autore ripudiasse tale modello perché giudicato intrinsecamente contraddittorio (così nel trattato "Del romanzo storico e, in genere, de' componimenti misti di storia e di invenzione"), non possiamo non registrare che nel corso dell'intero ‘900 importanti autori si sono dedicati ad una produzione letteraria di matrice ispirativa storica, si pensi a Banti, Pirandello, De Roberto, Sciascia, Vittorini, Bellonci, Bassani, Striano, Vassali, Eco.
Preme rispondere alla domanda circa il senso del volgere retrospettivamente lo sguardo al passato per attingere linfa narrativa nell'evo che siamo chiamati oggi a vivere, in una società della modernità liquida, in cui la vita dedita al consumo è una esistenza di rapido apprendimento e fulminea totale dimenticanza e il tempo è puntillistico - ossia frammentato in una moltitudine di particelle separate, che si avvicina alla idealizzazione geometrica della assenza di dimensione - per cui la cultura non si percepisce come cultura dell'apprendimento e dell'accumulo ma invece come cultura del disimpegno, della discontinuità e dell'oblio (Zygmunt Bauman, "Vite di corsa Come salvarsi dalla tirannia dell'effimero", Il Mulino, 2008).
Un tempo dominato dalla "tirannia del momento", per cui il passato e il futuro, come categorie mentali, sono minacciate dalla tirannia dell'istante (Thomas Hylland Eriksen, "Tempo tiranno Velocità e lentezza nell'era informatica", Eleuthera, 2003) e le situazioni messe in scena dalla storia rimangono sotto le luci dei riflettori solo per i primi minuti (Milan Kundera, "La lentezza", Adelphi, 1995). In questo orizzonte, in cui la cultura di massa, tra reti ed immaterialità, ha decretato il trionfo del virtuale, il mondo si è ridotto alle sue immagini e il reale e l'immaginario si contaminano senza più separazione né distinzione, viene cancellato il valore dell'umanesimo, determinando le difficoltà a raccontare storie di un mondo ineclissatosi: la finzione del romanzo non ha più spazio.
In considerazione, quindi, del tramonto dell'autorità del vivere e dell'esperienza, si teorizza e si pratica il ritorno al romanzo storico come unica via per lo scrittore, in quanto narrazione di una vita già vissuta, che, in quanto tale, è oggettivizzata e non corre il rischio di affrontare il dilemma realtà/irrealtà (Antonio Scurati, "La letteratura della inesperienza", Bompiani, 2006).
Cosi come scrive il critico Angelo Guglielmi, non si sfugge alla cosiddetta "crisi del romanzo" se non attraverso l'ausilio della memorialistica, biografica o autobiografica, o della narrazione di eventi attinti alla storia del passato, pubblica o privata (Tuttolibri, supplemento de La Stampa del 27/1/2007). A coloro che, nel mondo letterario, ostentano un autentico prodotto neo-realistico, cioè un puro auto racconto della realtà, così incappando in eccessi iperrealistici -che, in quanto tali, sconfinano nell'irreale- andrebbe ricordato che l'ars poetica occidentale si fonda sulle lezione aristotelica secondo la quale il contrario della falsità non sarebbe la realtà ma la finzione.
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12/07/2010
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