Trenitalia round zero
San Benedetto del Tronto | Lunedì 27 febbraio alle 7.15 il popolo dei viaggiatori (e non solo) in stazione per dire no ai tagli dei treni di lunga percorrenza.
di Martina Oddi
Eurostar
Tre province - Ascoli, Teramo e Fermo - con tutti i rispettivi comuni, le associazioni di categoria, i gruppi ambientalisti, i partiti politici, i viaggiatori per lavoro, studio o piacere. E tutti quelli che non ci stanno a vedere il proprio territorio condannato al sottosviluppo economico, alla disoccupazione, al declino turistico. Il giorno della rivolta è lunedì prossimo, in stazione, tra le 7.15 e le 8.30, nell'ora della massima affluenza di viaggiatori. Quando un intero territorio si solleverà contro le politiche cieche e le scelte inspiegabili di Trenitalia che adducendo inconsistenti motivazioni relative a ritardi, ristrutturazione e ottimizzazione dei servizi ha privato un tratto di 170 km, tra Ancona e Pescara, della sua fermata strategica di riferimento.
"San Benedetto è una sosta baricentrica per 500.000 persone, e non accettiamo che un intero territorio venga penalizzato dal punto di vista dello sviluppo che le infrastrutture garantiscono" punta il dito l'Assessore Luca Spadoni. "Ci opporremo con tutti i mezzi all'umiliazione di una terra che già è al limite della sopportazione" gli fa eco Pasqualino Piunti e aggiunge "non riusciamo a capire come l'essere border line possa rappresentare solo un fattore di penalizzazione, quando per il nord della Regione non è così". Il sud delle Marche, vessato già dai gravi problemi inerenti la sanità - su cui più difficile sembra trovare un accordo bipartisan - subisce infatti i ‘tagli lineari' di RFI che decurta 4 fermate su 4 dei collegamenti nazionali per il nord, mentre Pesaro perde 4 stop, distribuiti però su 18 treni.
E poi perché, se la logica della compagnia è quella di snellire i collegamenti dei piccoli centri, vengono salvaguardate le soste a Termoli, Faenza o Cesena? "Non si tratta di campanilismo" assicura Spadoni, che pone l'accento sulla debolezza di un servizio pubblico che nuoce ai consumatori, rendendo inagibile al popolo il mezzo che gli è sempre stato più congeniale. Per non parlare della incongruenza rispetto alle politiche di tutela ambientale che spingono sull'implemento del trasporto pubblico e della mobilità sostenibile.
Appare evidente poi, come ad un aumento dei costi non fa fronte un commisurato miglioramento dei servizi, se è vero che oggi chi parte da qui per raggiungere Milano deve sottoporsi al disagio e allo stress di almeno due cambi, con i relativi ritardi, le soste prolungate alle stazioni intermedie, e un esborso maggiorato del 30% sul biglietto. Questo significa per Trenitalia assicurare un servizio di pubblica utilità, per cui la Regione Marche sottoscrive un contratto da 42.000.000 di euro l'anno? O è forse la gestione suggerita dalla condizione di vantaggio in cui si sostanzia il suo immeritato monopolio?
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24/02/2012
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