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Chiara Tremaroli recensisce "Ernest e Celestine" di Daniel Pennac

San Benedetto del Tronto | Dai delicati disegni di Gabrielle Vincent la penna di Pennac attinge la trama di "Ernest e Celestine", romanzo scritto in ricordo di un'amica mai vista, un'amica, per definizione dello scrittore, di inchiostro, di acquerello e di carta.

di Chiara Tremaroli

Copertina

All'inizio della storia, Ernest e Celestine non si conoscevano. E' normale. Celestine viveva nel mondo di sotto, con gli altri topi, ed Ernest viveva nel mondo di sopra, con gli altri orsi. Il mondo dei topi di sotto e quello degli orsi di sopra non si frequentano, è così da sempre.

Ma cosa potrebbe succedere se, un giorno d'inverno, un orso musicista ed una topina pittrice si incontrassero in un bidone della spazzatura? Disordini! Fughe! Inseguimenti! E la più grande amicizia del mondo, più forte della diversità e di qualunque convenzione sociale.

Dai delicati disegni di Gabrielle Vincent la penna di Pennac attinge la trama di "Ernest e Celestine", romanzo scritto in ricordo di un'amica mai vista, un'amica, per definizione dello scrittore, di inchiostro, di acquerello e di carta.

Partendo dall'omonima raccolta di libri illustrati, Pennac propone una nuova versione della storia, alquanto rocambolesca e adatta ad un pubblico più esteso. I due protagonisti, già tratteggiati dalla creatrice come figure di grande personalità, attraverso le pagine del libro manifestano tutta la loro "umana" complessità, fatta di dubbi, certezze, gioia e dolore. Quella che si vive leggendo è, senza dubbio, la storia di una vera amicizia.

Tuttavia, se Pennac ha saputo animare personaggi di non facile interpretazione, cosa in realtà prevedibile per chiunque conosca le sue opere, non sembra aver avuto altrettanta arguzia nella scelta del pubblico: il romanzo utilizza uno stile rivolto solo ai bambini, fatto di frasi semplici ed un linguaggio molto comprensibile, per quanto il tutto sia reso indubbiamente poetico dalla maestria dell'autore. Anche i personaggi di contorno sono molto più vicini al fiabesco che al realismo dei protagonisti.

Alcuni indizi stilistici, come l'uso di nomi composti e la ripetizione, suggeriscono un'ispirazione ai racconti di Sepulveda; l'uso di intermezzi con dialoghi tra personaggi, autore e (ipotetico) lettore, invece, sembra essere un espediente prettamente pennacchiano. Non è chiaro se questi stacchetti servano ad accrescere l'aspettativa, separare meglio le varie fasi della vicenda o rendere costante la presenza dell'autore in tutte le sue opere.

In definitiva, "Ernest e Celestine" è un libro per l'infanzia che avrebbe potuto facilmente essere un libro per tutti; l'impressione è che Pennac, preso dal desiderio di omaggiare la memoria di Gabrielle Vincent, abbia dato risalto soprattutto al personaggio di Celestine, la quale sembrerebbe avere molto in comune con l'autrice, trascurando tutto il resto.

11/01/2014





        
  



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