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L'architetto del suono

San Benedetto del Tronto | East India Youth "Total strife forever"

di

EAST INDIA YOUTH

Total strife forever

Mettere insieme la fredda tecnologia à la Kraftwerk, oggi ottenuta molto più facilmente da sequencer e piccoli aggeggi elettronici presenti in ogni casa, con la vita interiore visionaria e mai astratta fusa sotto le più classiche melodie del pop, sembra essere la scommessa di William Doyle, in arte East India Youth, il quale, dopo una breve apparizione in una formazione indie come Doyle & The Fourfathers e un assaggio da Ep ("Hostel") qualche mese fa, debutta in questo 2014 con un titolo che rimanda direttamente ai Foals ("Total life forever").

"Total strife forever" è fatto di temi e canzoni che inframezzano la lunga suite in 4 parti che mette insieme La Monte Young e Harold Budd, echi di Steve Reich (ma senza le ossessioni minimalistiche) e il Bowie incrociato a Berlino ma non si allontanano da questo panorama superdigitale anche Philip Glass e Vangelis, James Blake e Brian Eno riletti in chiesa dalle partiture di un Buxtehude del XXI° secolo ("Looking for someone") chiuso in un appartamento dei Dockslands di Londra. I riferimenti musicali e i déjà vu di questo lavoro sono molteplici ma la costruzione del tutto tende a dimostrare che dietro il mero esecutore c'è una mente possente e creativa che avrà molte cose da dire in futuro. Basterebbero esempi incisivi e calcanti come "Hinterland" o "Midnight Koto" che inventano un glaciale stillicidio sonoro nell'interfaccia di un portatile da salotto in risposta al brano di apertura, "Glitter recession", nei quali si assiste alla lotta, tra alterne vicende, tra melodia e soundscape. Nonostante i riferimenti molteplici in questo disco è bandita la banalità a favore di un livellamento in stile mantra orientale che giustifica il nome d'arte del musicista. Non mancano momenti di forte espansione e di grande afflato come "Song for a granular piano", "Dripping down" di facile e stimolante trasformazione in house dance o "Heaven, how long", potente e intensa nel suo crescendo, nei quali si incastonano come gemme digitali le rumoristiche invenzioni di Doyle presentato ufficialmente come "giardiniere del suono" e "architetto della canzone".

Un grande album tecnologico insomma, nel quale il suo autore è un esperto nocchiero che attraversa il gran mare della tecnologia digitale. E' lucido spesso, sincretico e avanguardista ma a volte l'umano prende il sopravvento sull'uomo della tecnologia che si perde nella foresta digitale e cerca qualcuno, come canta nella bella "Looking for someone" , un grido quasi disperato contro la freddezza e la solitudine delle macchine.

Voto 7,5/10

24/01/2014





        
  



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