Suzanne Vega

"Tales from the Realm of the Queen of Pentacles"

Esce domani un disco atteso da tempo. Durava infatti da sette anni il silenzio dell'artista, californiana di nascita ma artisticamente newyorkese (fu Lenny Kaye del giro Patti Smith a produrre il suo lavoro d'esordio nel 1985).

Negli anni Suzanne Vega ci ha abituati ad un folk urbano di estrema eleganza. Le sue sono sempre state canzoni acustiche, tutte eseguibili per voce e chitarra e, in definitiva, lo sono anche queste canzoni che presenta oggi, nonostante l'aricchimento strumentale che ha ottenuto grazie ad un bel gruppo di musicisti tra cui emergono il basso di Gail Ann Dorsey, la batteria di Tony Levin che affiancano, negli stessi strumenti, i soliti Mike Viscelia e Doug Yowell. A loro si uniscono anche Zachary Alford e Sterling Campbell, della band di David Bowie che aggiungono al suono un impasto maggiore tra rock ed elettronica.

Il titolo del lavoro lascerebbe pensare al progressive rock, al mondo di Trespass, dei primi Genesis e ai King Crimson ma siamo davvero lontani da quelle atmosfere. E' il gioco dei simboli che conquista Suzanne Vega. La sua forte appartenenza alla città e alla terra si evince, secondo l'antico mondo dei Tarocchi, anche dal titolo ("Tales from the realm of the Queen of Pentacles", Racconti dal reame della Regina di Denari). Il regno delle fiabe è solo nelle parole perché nel simbolo delle carte divinatorie, spesso citate in queste canzoni, si ritrova l'intelligenza femminile che gestisce con ordine la casa e la famiglia ma anche il proprio privato legato alla tranquillità e alla stabilità nell'apprezzamento dei piaceri della vita. Con lei vicino tutto si trasforma in positività anche se il "Knight of Wands" , vale a dire il "Cavaliere di Bastoni" (uno dei brani più belli e tipici del suo stile, nonostante le inseminazioni di elettronica), tende a destabilizzare, ma solo in apparenza, la serenità grazie al suo continuo spostamento o fuga o trasformazione o attrazione verso l'ignoto e il mistero (secondo l'arcano significato, appunto). E nel gioco dei termini cabalistici e dei simboli Suzanne Vega non smette di fare denunce alla stregua di un giullare che si permette di sbeffeggiare il Re con le sue battute, come fa in "The fool's complaint" (seguito del vecchio "Luka" che faceva luce, autobiograficamente, sulla violenza su un minore). Lontana dai tarocchi ma pur sempre dentro il forte simbolismo, Suzanne Vega cita anche la Bibbia nel racconto di "Jacob and the Angel" per la continua lotta per la sopravvivenza e per la riuscita in uno scopo. E la canzone nervosa e tesa si sviluppa in un continuo e ossessivo clapping di mani che accompagna tutto il brano.

E quelle stesse mani scendono invece a carezzare il bisogno di molti nella canzone dedicata a Madre Teresa ("Laying on of hands"). Forse è tutto qui il cambiamento dell'artista che, come in un buco nel muro ("Crack in the wall" è il brano di apertura) fuoriesce dalla dimensione solitaria delle pur belle canzoni di un tempo ("Solitude standing") uscendo di casa e girando per le strade della metropoli andando incontro ad un nuovo sentiero che simboleggia un percorso nuovo per la stessa America e per il mondo. E sceglie quella canzone proprio in chiusura e come un messaggio da lasciare a tutti ("Horizon-There is a road) sotto il suono di una tromba che annuncia il cambiamento del Knight of Wands nel mondo della Queen of Pentacles.

Voto 7,5/10