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San Benedetto del Tronto | Peter Hammill & Gary Lucas "Other world"

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Peter Hammill & Gary Lucas

"Other world"

Era l'estate del 1967 quando al mancuniano Judge Smith, durante un viaggio californiano, venne l'idea di un gruppo di progressive rock che all'epoca rappresentava la punta di diamante dell'avanguardia giovanile. Nacque così il celebre gruppo dei Van Der Graaf Generator di cui Peter Hammill fu il cantante e leader acclamato sin dall'uscita di "Aerosol grey machine".

Con alterne vicende di rotture e riprese la formazione si spinse, un po' stancamente, fino alla fine degli anni Settanta per riformarsi nuovamente nel 2005. Fu durante un concerto di Hammill nel 1973 che ebbe luogo il primo incontro con Gary Lucas, definito da Rolling Stone "Il migliore e più originale chitarrista d'America". Lucas aveva collaborato con notissimi personaggi del rock alternativo (e non solo) americano, da Captain Beefheart a John Zorn passando per Lou Reed, Van Dyke Parks, Leonard Bernstein, Jeff Buckley, John Cale, Nick Cave solo per citarne qualcuno. Da una iniziale promessa di collaborazione i due hanno lasciato trascorrere 40 anni. Quel rapporto artistico vede oggi la luce tra sperimentazione e canzoni in un ibrido che non fa certo gridare al miracolo.

L'apertura di "Other worlds" è "Spinning coins" e fa subito immergere l'ascoltatore in una grande atmosfera acustica, quasi da folk singer di vecchi tempi. Le corde vocali di Hammill, il cui viso è scarnificato dal tempo, sembrano intatte e miracolate. E' un piccolo gioco da testa o croce che si ripete da "Some kind of fracas" in avanti con decine di ribaltamenti e di effetti sonori creati dalla chitarra di Lucas. "Wrong time, wrong place", canta Hammill e con lo sviluppo dell'album ci si sente davvero un po' a disagio per uno sperimentalismo fine a se stesso che giustifica esattamente quel verso: "Tempo sbagliato, posto sbagliato". La canzone subisce man mano una terribile involuzione e il soundscape creato dagli affetti chitarristici prende il sopravvento sulla stessa. E' una specie di onda del tempo che preferisce spesso il flusso interno e profondo piuttosto che emergere spumeggiante. Succede in brani come "Of kith & kin" dai sapori folk rock di un passato denso di nostalgia che si adattano alle (melo)drammatiche corde vocali del titolare del bel "Pawn hearts" che non abbiamo mai dimenticato. Gli echi dei Van Der Graaf tornano con "Cash" (ma anche "2Views") dagli accordi à la Animals/Eric Burdon ma non è davvero uno sforzo che richiedeva un così lungo periodo di attesa. Come se non fossero mai apparsi Brian Eno o Robert Fripp. Qualche eco di blues/rock espresso in "This is showbiz" o "Black ice" non è sufficiente però per sostenere il lavoro fino alla fine.

Voto 5/10

12/03/2014





        
  



4+2=

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