Damon Albarn e il suo capolavoro
San Benedetto del Tronto | Damon Albarn "Everyday robots"
di
Damon Albarn
"Everyday robots"
Chi l'avrebbe mai detto che dietro molta mediocrità à la Blur e Gorillaz, a mio avviso davvero troppo sopravvalutati, ci sarebbe stata una mente come quella di Damon Albarn, che pure ne era l'animatore e il leader. Quella di Albarn è una personalità complessa, di vera star secondo i canoni più antichi, che della rockstar ha vissuto tutti i passi, i più alti e i più profondi, i più acclamati e i più disperati. "Everyday robots", in uscita la prossima settimana, sembra un esordio solistico (e in fondo lo è) ma in realtà è il suo quarto lavoro che porta il suo nome e arriva dopo le lunghe esperienze di successi planetari con i Blur e i Gorillaz (una dozzina di dischi in tutto) ma anche dopo la brillante esperienza "africana" con "Mali music" del 2002 - a fianco di Afel Bocoum e Toumani Diabaté - prima, quindi con Tony Allen e Paul Simonon dei Clash ("The good, the bad & the queen" del 2007) che ne ha determinato un forte cambiamento.
In "Everyday robots" (dedicato alla gente più comune che lavora ogni giorno in una vita automizzata) Damon Albarn ha messo da parte il pop rock inglese e l'hip hop elettronico dei gorilla fumettari per dare una svolta che lascia senza fiato sin dalle prime note del brano che dà il titolo all'intero lavoro. Il baratro della droga in cui si era cacciato sembra colmato lasciando una disillusione che traspare in ogni nota di questo capolavoro, a cominciare da "You & me", scritta esattamente per quella avventura che egli stesso però non giudica come esclusivamente negativa ma che gli ha lasciato un segno forte nei quindici anni di dubbio e di esperienza prima del cambiamento ("solo così ho capito la poesia", afferma). Lo stesso Albarn non ha paura di sostenere, un po' polemicamente, come gli hippies degli anni di Timothy Leary, che il suo cambiamento è dovuto all'eroina e alla musica africana. Brani come "Hollow ponds", "Everyday robots" (nulla a che vedere con i Kraftwerk), "Hostiles", che ha l'immediato sapore di un nuovo standard rock per la sua impressionante bellezza, "Lonely press play", "The selfish giant" (dal nome di un sottomarino, canzone superlativa con accenti antibellici e con la grande apertura di jazz contemporaneo e con la voce ospite di Natasha Khan dei Bat For Lashes), "You & me" (sublime e con un uso elegantissimo dell'elettronica e delle percussioni), "The history of a cheating heart" e la chiusura meno pessimistica di "Heavy seas of love", in coppia con Brian Eno, lasciano il segno pesante sin dal primo ascolto.
Come un "Hunky dory" di David Bowie o un "Kid A" dei Radiohead o un "Tumbleweed connection" di Elton John, Damon Albarn scaglia vibranti frecce nel cuore con un pugno di canzoni che pesano come tanti classici del rock degli anni Settanta che non smetteresti mai di ascoltare. La vita lo ha cambiato totalmente. Oggi Damon Albarn è sì un uomo nuovo ma è soprattutto un musicista enormemente cresciuto (che ha definitivamente chiuso il capitolo Blur e ogni stronzata dello show business). E'un cantante consapevole del messaggio che nasce da una canzone che racconta la vita, un sensibile poeta malato di malinconia che ha stracciato ogni orpello legato allo star system e regala al mondo un meraviglioso lavoro come "Everyday robots".
Un nuovo capitolo tra i capolavori del rock della nostra storia.
Voto 10/10
http://www.youtube.com/watch?v=rjbiUj-FD-o
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24/04/2014
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