Le sorprese di Neil Young
San Benedetto del Tronto | Neil Young "A letter home"
di
Neil Young
"A letter home"
Neil Young non è solo un gran vecchietto del rock ma è anche un prolifico musicista che non si stanca mai di cantare e incidere dischi e di montare idee su idee. Questa ultima è davvero formidabile. Negli ultimi tempi egli si è abituato a frequentare lo studio Third Man di Nashville (dove è stato registrato il recente omaggio a Willie Nelson), di proprietà di Jack White, comandante in capo dei White Stripes e geniale mente del rock contemporaneo. In quella sala troneggia una sorta di cabina telefonica, rossa, come nella tradizione londinese, che è stata restaurata da qualche mese. Si tratta di un Voice-o-Graph, un vecchio marchingegno del 1947 presentato al pubblico proprio il 20 aprile in occasione della giornata mondiale dedicata ai negozi di vinile che registra voci e suoni per chiunque lo metta in funzione (se ne è visto un modello analogo nel film "La rabbia giovane" di Terrence Malick utilizzato da Martin Sheen).
Beh a Neil Young è balenata immediatamente l'idea di realizzare un intero disco di cover con quello storico sistema, a dimostrazione che la tecnologia avanzata non è certamente e necessariamente sinonimo di arte. Young immagina di scrivere una lettera a casa e la registra con la sua voce nell'intro di "A letter home", un intero disco fatto di omaggi alla canzone del passato che si riascolta con tutto il fruscio dell'epoca ma che, ironicamente, più che al vinile fa pensare alla bachelite (il materiale su cui venivano incisi i 78 giri nella prima parte del Novecento).
Tutto è "sporco" e polveroso su "A letter home", dalla voce, metallica e filtrata, ai pochi strumenti come chitarra, armonica a bocca e pianoforte che frusciano come se quintali di tempo e di cantine fossero passati su quei solchi. Sembra uno scherzo che la prima canzone sia "Changes", un brano del lungimirante Phil Ochs. E' davvero un gran cambiamento di un suono che le nuove generazioni non hanno nemmeno mai ascoltato prima. Si esalta così il folk singer Neil Young, moderno hobo sui binari del tempo che riprende Bod Dylan in una magnifica versione di "Girl from north country" ma anche la tradizione inglese di Bert Jansch ("Needle of death" accompagnata dal suo fischiettare di strada). Due brani per il troppo dimenticato Gordon Lightfoot, suo connazionale canadese ("l'affascinate "Early morning rain" e la poetica "If you could read my mind") e altri due per il mito Willie Nelson, di casa a Nashville (l'immortale "Crazy" divenuta una grande cover del pop e "On the road again", classico di ogni musicista in tournée e da non confondere con i Canned Heat). Young continua la lettera a sua madre rendendole omaggio al pianoforte con "Reason to believe" di Tim Hardin, resa in cover da tantissimi artisti. In chiusura un omaggio al boogie man Ivor Joe Hunter ("Since i met you baby"), a Don Everly degli Everly Brothers ("I wonder if i care as much") e al più americano Springteen di "Born in the U.S.A." con "My hometown". Insomma un album di vere hobos songs che uscirà sul mercato a fine maggio in edizione superlusso con cd, dvd, due vinili e sei 45 giri, download card per versione audiofili e libretto.
Una bella follia per tutti gli appassionati di Neil Young e di canzone storica americana.
Voto 8/10
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29/04/2014
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