La Traduzione: "Un 'infinità di mondi possibili"
San Benedetto del Tronto | Si è conclusa soltanto da pochi giorni la quinta edizione del festival letterario “Piceno d’autore”, della cui organizzazione ed eccellente riuscita può andare fiera l’associazione “I luoghi della scrittura”.
di Elvira Apone
Presentazione Piceno Autore 2014
Grazie all'intervento di scrittori, editori e traduttori, che hanno affrontato e sviscerato moltissime problematiche riguardanti l'argomento in questione, si è svolto, soprattutto durante i due giorni di convegno, ma non solo, un dibattito vivace, accesso, interessante, e tuttora aperto.
Tradurre, qualcuno ha detto, è un vero e proprio atto creativo, al pari di quello che si compie scrivendo, dovendo il traduttore "riscrivere", "ricreare" il testo che traduce, ovvero che "trasporta" dalla lingua originale a quella di arrivo. Ne nasce, dunque, un testo diverso da quello di partenza, in cui il traduttore, pur nel rispetto dello stile, e soprattutto del "sentimento" dell'autore che traduce, lascia inevitabilmente la propria impronta personale.
Qualcun altro ha, invece, paragonato la traduzione a un'adozione, nel senso che il traduttore "adotta" il testo originale, allevandolo, curandolo, nutrendolo, educandolo, proprio come si fa con un figlio, fino a farlo crescere talvolta persino più sano e più forte di come era all'origine. Personalmente, ritengo che, in ogni caso, tutti e due questi punti di vista siano straordinariamente affascinanti e che possano entrambi convivere nel nostro immaginario collettivo.
Un altro spunto interessante, quasi un mito sfatato, riguarda il faticoso e meticoloso lavoro del traduttore che non è, come spesso si è portati a pensare, unicamente un'attività solitaria, di necessario e volontario isolamento, ma talvolta diventa addirittura un lavoro di squadra o, per lo meno, di interrelazione, avendo ormai il traduttore a disposizione parecchi mezzi attraverso cui interagire con gli altri, traduttori e non, dando e ricevendo supporto, suggerimenti, consigli. Tutto questo mi sembra alquanto consolante e positivo.
Ma la principale questione che è stata sollevata riguarda la possibilità della traduzione. A questo proposito vorrei citare un grande linguista, Roman Jacobson, che sosteneva che non esistono corrispondenze perfette tra le lingue, cioè che a una qualsiasi parola di una lingua non corrisponde mai un'unica e ben precisa parola in un'altra, ma magari più di una, o parte di essa, o nessuna. Questo significa che le parole delle diverse lingue si sfiorano tra loro, si intersecano, ma mai si sovrappongono perfettamente l'una all'altra.
Vista in quest'ottica, quindi, la traduzione non sembrerebbe possibile, ma lo diviene proprio perché non ci propone l'esatta copia del testo originale, ma ci offre, invece, un'altra credibile visione di quel testo, pur tentando di mantenerne intatto lo spirito che lo anima. Di conseguenza, come è stato ben sottolineato durante la discussione, possono coesistere diverse traduzioni di uno stesso testo, anche in una stessa epoca storica, e possono essere tutte altrettanto valide, ciascuna con la propria indiscutibile soggettività.
La traduzione, dunque, lavoro duro ed appassionante, atto coraggioso ed entusiasmante, ci offre l'opportunità di entrare in infiniti mondi possibili, diversi l'uno dall'altro, ma tutti in grado di creare una sorta di magia: quella di far avvicinare il lettore, tanto a nord quanto a sud del globo, tanto a est quanto a ovest del mondo, a testi che, altrimenti, non conoscerebbe mai, perché non avrebbe mai la possibilità di leggere.
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30/05/2014
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