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Casa di Alice- la parola a chi vive sulla propria pelle l'Autismo

San Benedetto del Tronto | Volevo capire quali competenze autorizzano qualcuno a dare dei “capiscioni” a qualcun altro

di Sabrina Cava

Dopo l’intervento della giovanissima psicologa Claudia Chiappini che ha affidato alla sua pagina Facebook una “lectio magistralis” su cosa sia o non sia l’autismo, in cui dichiarandosene  espertissima prendeva una netta posizione a difesa delle procedure adottate presso la struttura  Casa di Alice,  quella gestita dalla Cooperativa  kojnema  e  finita sotto inchiesta per alcuni comportamenti ritenuti dalla  Procura di Fermo talmente scorretti da determinare l’arresto per 5 operatori, mi sono incuriosita.

Volevo capire  oltre alle competenze dichiarate dalla dottoressa che si definisce esperta e che,  non si risparmia in virtù di questo di dare dei “capiscioni”  a chiunque in questi giorni abbia ritenuto di esprimere  perplessità sulla vicenda, in cosa consistessero queste  competenze.

Leggendola, le sue credenziali si sostanziano tutto sommato nella redazione di una tesi sull’autismo ( io l’ho fatta in diritto canonico la mia tesi di laurea magari potrei essere Papa un giorno) e  nella descrizione di un episodio a suo dire di violenza da parte di un ragazzo autistico (racconto anche deontologicamente molto scorretto e che fornisce un’immagine distorta  di ciò che è l’ autismo ) sono andata a questo punto a dare una sbirciata  al suo profilo, proprio quello di Fb dal quale ha pontificato  divulgando il suo “verbo”.

Qui tra le notizie pubbliche ho letto che la giovane psicologa ha una relazione sentimentale ( più che legittima)  con il Coordinatore del Servizio Sollievo Ambito Sociale 21  a libro paga  proprio alla Cooperativa kojnema.

Il dato non sarà certo significativo ma io credo che farlo registrare al lettore sia importante affinché lo stesso poi si faccia un’idea personale sull’eventuale giudizio “super partes” della professionista che comunque, non ho ben capito dove impieghi le sue conoscenze oltre che sul Social.

Detto questo, ieri 21 luglio ho incontrato chi di autismo se ne intende davvero,  fosse solo per il semplice fatto di sperimentarlo sulla propria pelle tutti i giorni. I genitori dei ragazzi  autistici che,   sgombriamo subito il campo non sono malati né tantomeno dei violenti tout court. 

Ho incontrato con piacere Antonella Foglia, Presidente di ANGSA MARCHE  (Ass. Nazionale Genitori Soggetti Autistici) e Debora Coradazzi, referente di zona di ANGSA MARCHE nonché Presidente dell’Associazione Magica-Mente Onlus.

Insieme a loro,  la mamma di uno degli ospiti della Casa di Alice che,  dai racconti che mi vengono fatti non pare proprio essere quel bel “paese delle meraviglie”.

Abbiamo parlato della famigerata e ormai stranota “stanza di contenimento” o come definita dai vertici della Cooperativa stanza della “crisi”, definizione che ha indignato  non poco i genitori.

La difesa dei cinque operatori di Casa di Alice, oggi agli arresti domiciliari, continua ad  invocare la delibera inserita nel progetto “Autismo Marche” del 2002 attuata poi con la delibera numero 1206/2003 in cui si legge a chiare lettere “….ricavare una stanza per svolgere anche attività individuale con ciascun ospite autistico e per gestire EVENTUALI momenti di crisi”.

Credo appaia chiaro a chiunque abbia  una minima padronanza della lingua italiana e un grado minimo di comprendonio che la gestione individuale dell’eventuale momento di crisi dovrebbe estrinsecarsi  in un rapporto a due, operatore/ ragazzo,  dove l’operatore, in un ambiente dedicato possa gestire in assoluta armonia e competenza  il momento problematico lavorando allo scopo di riportare  la calma e soprattutto cercando di capire quali possano essere stati i motivi scatenanti della difficoltà.

A quanto pare invece  questa stanza era una stanza prigione, non certo di 12 mq come previsto dalla delibera né arredata e attrezzata come la delibera stessa prevede  e cioè con adeguata aereazione e illuminazione, dotata di una arredo almeno minimo  di un tavolo,  due sedie (guarda caso due, forse una per l’operatore e una per il ragazzo? ), un divanetto e uno o due scaffali con rotelle. Nulla di tutto questo in quell’angusta stanza.

Quella era la  stanza della punizione dove il ragazzo veniva rinchiuso anche per diverse ore ( ci sono i filmati), spesso lasciato lì ad addormentarsi stremato dalla sua stessa frustrazione e disperazione.

Mi parla di violenze psicologiche ancora più che fisiche la mamma di un ragazzo.

Lei è già stata sentita dai carabinieri ai quali ha raccontato dell’assoluta mancanza di dialogo e di  interazione tra il Centro e le famiglie.

Mai una riunione, mai un report  giornaliero sulle attività svolte nelle ore in cui suo figlio era ospite della struttura.

Allora le chiedo, mi viene spontaneo, ho un po’ d’esperienza d’insegnamento,  se   al  momento in cui andava a riprendere suo figlio, in qualche occasione,  l’operatrice le abbia mai detto di momenti di intemperanza del giovane, se le sia mai stato raccontato di una crisi, può capitare a tutti i bambini il giorno in cui non hanno voglia di fare nulla o siano più irrequieti del solito, non c’è nulla di male nel raccontarlo ai genitori se nulla di male c’è anzi,  è proprio la procedura più corretta per capire insieme cosa possa essere successo di anomalo da determinarne quel comportamento.

 “Mai, quando andavo a riprendere mio figlio me lo riconsegnavano pulito e ordinato e mi dicevano sempre che era andato tutto bene, che era tutto a posto, e che il mio era un ragazzo d’oro che - dove lo metti sta-”. Appunto dove lo metti sta!!!!

Allora chiedo ancora se abbia mai riempito un “questionario di gradimento” e ancora viene risposto no, non ha mai riempito nessun questionario.

Ma non ho letto da qualche parte una dichiarazione dei servizi sociali del Comune di Grottammare  che si dichiaravano tranquilli e che non avevano mai avuto sospetti perché gli venivano prodotti dei questionari di gradimento sempre impeccabili?

Per ogni ospite di questa come di ogni struttura che si occupa di minori disabili, viene redatto un PEP mi spiega la Presidente Foglia, cioè il Piano Educativo Riabilitativo Personalizzato,  ma poi si manca nella verifica dei report.

 Demandati al controllo  infatti sono le UMEE ( unità multidisciplinari dell’età evolutiva ) e le UMEA (unità multidisciplinari dell’età adulta) servizi dell’Asur che con il taglio dei finanziamenti soffrono di un cronico sotto dimensionamento.

I ragazzi autistici, mi spiegano queste mamme favolose sono ragazzi indifesi, le loro crisi o la loro violenza è spesso determinata da dolori fisici, i ragazzi autistici  sono più delicati degli altri e con disturbi ad esempio gastroenterici di gran lunga maggiori.

La procedura corretta  in caso di una eventuale crisi non è la reclusione dentro una stanza per ore, la procedura corretta è quella che prevede da parte degli operatori la ricerca continua delle cause che portato all’ eventuale gesto violento, un monitoraggio continuo e puntuale di tutto  ciò che riguarda l’ospite , cosa lo gratifica e cosa lo disturba, cosa gli piace fare o non fare, cosa ama mangiare e cosa no e tutto questo non pare essersi mai verificato in quel centro.

I genitori non hanno mai visto un “libro di bordo” su cui venissero  annotate le attività giornaliere.

“Un ragazzo autistico è un ragazzo che non sa difendersi, non ha le sovrastrutture per farlo, è un ragazzo che vive di paure e che sa di essere diverso”.

Quella che si vede nei filmati non è la meravigliosa  “stanza azzurra”. E’ un luogo spiacevole in cui alcuni ragazzi anche con difficoltà  motoria  venivano lasciati a terra per lunghi periodi incapaci di rialzarsi da soli.

 Lasciati a terra ore a piangere, a urinarsi addosso, spesso denudati proprio per evitare che si sporcassero in modo da essere “restituiti” perfetti alla famiglia.

Ci tiene molto la Presidente Foglia a rilasciarmi questa dichiarazione che mi dice essere stata distorta nel significato da qualcuno che non ha riportato fedelmente il suo pensiero e allora come mi è stata dichiarata la trascrivo “ Non è vero che la ANGSA Marche denunciava già da tempo i maltrattamenti in quella struttura, nessuno li  immaginava né poteva immaginarli, si sarebbe agito in maniera decisa se ci si fosse avveduti di questo,  ma è vero che l’Associazione ha più volte manifestato delle perplessità specie nei primi anni dopo l’attuazione del piano Autismo Marche sulle modalità di intervento utilizzate dal Centro Casa di Alice”.

Mi piace concludere da profana dell’argomento quale sono, ma arricchita dai tanti, tantissimi racconti, dalle esperienze di sofferenza ma anche dalla tanta gioia che ho visto sui volti di questi genitori.

Le persone autistiche sono solo persone un po’ “difficili” e per scoprirli nella loro complessità umana  occorrono tante competenze e tanta predisposizione, dovrebbe viverla come una missione chi opera con questi ragazzi e mi chiedo e chiedo, ma la Cooperativa Kojnema, offriva un supporto psicologico ai suoi operatori? Questi cinque ora agli arresti domiciliari erano a loro volta psicologicamente supportati ? avevano  periodicamente una  verifica a conferma  delle loro capacità  psico-attitudinali?

Previsto per il 27 Settembre un convegno – già organizzato prima dei fatti di cronaca che stiamo raccontando- dal titolo “ Autismo: Istruzioni per l’Uso – gestione delle emergenze e dei comportamenti problema”.

22/07/2014





        
  



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