Il Vescovo Carlo Bresciani racconta il Beato Paolo VI
San Benedetto del Tronto | Venerdì 24 ottobre alle ore 21.15 presso il teatro San Filippo Neri di San Benedetto del Tronto.
Sua Eccellenza Vescovo C. Bresciani
Venerdì 24 ottobre alle ore 21.15 presso il teatro San Filippo Neri di San Benedetto del Tronto si terrà l’incontro “Paolo VI, il Papa in dialogo con il mondo!” Relatore della serata sarà il nostro Vescovo Mons. Carlo Bresciani. Dialogherà con il Vescovo Carlo il coordinatore diocesano del Rinnovamento nello Spirito, Luigi Mattioli. Il Vescovo oltre ad essere membro esecutivo del “centro internazionale di studi Paolo VI” ha partecipato alla canonizzazione celebrata da Papa Francesco. La serata è organizzata dal nostro giornale diocesano L’Ancora in collaborazione con gli Uffici Pastorali e la Consulta Laicale.
Il Vescovo Carlo Bresciani in merito al Beato Paolo VI dichiara: “Domenica 19 ottobre, papa Francesco ha proclamato beato papa Paolo VI, un papa di cui egli ha sempre manifestato pubblicamente la sua ammirazione e stima, ritenendolo un vero maestro per la Chiesa, di sorprendente attualità anche a distanza di quasi 40 anni dalla sua morte. La sua ammirazione per il beato è tanto grande da ritenerlo quasi un martire per quanto ha dovuto soffrire per amore della Chiesa durante il suo pontificato a causa delle incomprensioni e delle vere e proprie calunnie nei suoi confronti.
Paolo VI venne eletto al sommo pontificato nel 1963, quando il Concilio Vaticano II aveva appena finito la sua prima sessione. Si trovò, quindi, a dover portare a compimento un Concilio che non aveva iniziato e, poi, a dover dare attuazione a tutte le riforme che esso aveva deliberato. Fu questa la sua fatica più grande, compiuta con un appassionato amore alla Chiesa. Ebbe, infatti, a scrivere nel suo “Pensiero alla morte”: «Prego il Signore che mi dia la grazia di fare della mia prossima morte dono d’amore alla Chiesa. Potrei dire che sempre l’ho amata... ma vorrei che la Chiesa lo sapesse; e che io avessi la forza di dirglielo, come una confidenza del cuore, che solo all’estremo momento della vita si ha il coraggio di fare». Un tratto particolare del suo magistero pontificio è stata la ricerca del dialogo con il mondo moderno: con l’arte, la letteratura, la scienza, la tecnica... Avvertiva la necessità del dialogo come modo di ricerca e di comunicazione della verità. Ne fece il programma del suo pontificato scrivendo la sua prima enciclica Ecclesiam suam. Cercò instancabilmente il dialogo con questo mondo, ma purtroppo non fu capito e ne soffrì certamente molto per il suo animo molto sensibile. Scrisse però nel 1975 un’esortazione apostolica sulla gioia cristiana (Gaudete in Domino) per ricordare a tutti che la gioia del cristiano non viene dal plauso mondo, ma da Dio. Egli fu un innamorato di Gesù.
Il modo e i toni con cui ne parlava incantavano gli ascoltatori e ancora oggi leggiamo con spirituale stupore quanto scrisse su di Lui. Vedeva la liturgia come dialogo con Lui, fatto di ascolto della sua parola e di adorazione. Per questo volle la lingua nazionale come lingua liturgica: altrimenti non si potrebbe comprendere quanto Egli ha da dire e allora si finisce nei devozionalismi emotivi che travisano il suo vero volto e la sua Parola di vita. Ė stato il suo amore per Cristo che gli ha fatto amare la Chiesa, suo corpo, l’ha portato a farsi sacerdote e ad accettare con totale dedizione i servizi che essa via via gli ha richiesto, fino a quello del sommo pontificato. Amore a Cristo e amore alla Chiesa furono per lui una cosa sola, indisgiungibile. Per amore si accetta qualsiasi servizio si renda necessario. Egli lo fece: prese il timone della Chiesa e la guidò attraverso le tempeste impetuose della contestazione del 1968, riformando con coraggio quanto c’era da riformare e difendendo la verità della fede con l’audacia di un vero Padre della Chiesa.
Fu il primo a capire che la Chiesa doveva andare ‘in uscita’, per usare una espressione cara a papa Francesco. Incominciò a viaggiare per il mondo, uscendo dal Vaticano, nella ricerca di incontrare tutti e di portare a tutti la parola di pace e di giustizia del Vangelo. A Manila rischiò la vita in un attentato: fu ferito e si salvò solo per la prontezza del suo segretario. La sua maglietta macchiata del sangue di quell’attentato sarà la reliquia che verrà portata al papa nel giorno della sua beatificazione. Si fece voce dell’invocazione di giustizia dei popoli, che allora erano chiamati sottosviluppati, con una enciclica famosa, la Populorum Progressio: se fosse stato ascoltato molte delle tensioni che ora viviamo in questo mondo globalizzato sarebbero state evitate. La Chiesa e il mondo devono molto a questo grande papa: la sua beatificazione lo riconosce e ce lo propone ufficialmente come un modello di amore a Cristo e alla Chiesa da seguire e da imitare. Beato Paolo VI prega per noi e per la nostra Chiesa di oggi”.
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23/10/2014
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