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Piattaforma ecologica: tutti colpevoli

San Benedetto del Tronto | Il comune godrà di un risarcimento di €. 500.000

di Martina Oddi

Assessore Paolo Canducci

È' l'assessore Canducci a dare la notizia: il tribunale di Ascoli Piceno ha condannato in prima istanza tutti i tre imputati nella sentenza sul caso della piattaforma ecologica. In quel procedimento il comune di San Benedetto si è' costituito parte civile, e la condanna dei tre imputati, ognuno con ruolo diverso nella compagine societaria che gestiva il sito di rifiuti, determina il riconoscimento del danno subito, tanto da prevedere un rimborso dei danni pari a una pena provvisionale di 500.000 eu, che possono essere riscossi immediatamente.

'Noi riteniamo però che il danno sia superiore e il comune potra' agire in sede civile per coprire tutta la somma, che ammonta a 850.000 eu', spiega Canducci. Il Comune SBT si è' prodigato, attraverso l'ufficio competente, in una lunga indagine - dopo la segnalazione del curatore fallimentare che denunciava il degrado del sito di rifiuti e la presenza di materiale pericoloso - fornendo prezioso materiale, costato tempo e risorse umane, alla procura della Repubblica, che ha sottoposto il caso al Gip chiedendo il rinvio a giudizio.

Ma andiamo per ordine. Secondo la denuncia del curatore fallimentare, risalente all'11 febbraio 2009, nel sito venivano stoccati in modo incontrollato rifiuti stimati tra i 600 e i 1000 metri cubi, ben oltre il limite consentito, con l'aggravante della presenza di materiale tossico, a ridosso del rilevato autostradale e nei pressi della centrale del gas. Una potenziale bomba ecologica.

Dopo un primo sopralluogo delle forze dell'ordine insieme alla Picena Ambiente e all'Arpam, il sindaco, con l'ordinanza 37 del 7 luglio 2010, sentenziava la ricerca dei colpevoli e il recupero della zona inquinata.


Dopo aver revocato l'autorizzazione dirigenziale nel novembre del 2009, il comune si è' concentrato sulla bonifica delle zone inquinate e dei rifiuti pericolosi, coperta grazie alla fideiussione che la società amministratrice aveva stipulato. Ma, se 70.000 eu scarsi non potevano bastare a bonificare tutta l'area (il costo stimato di tale operazione si aggira intorno alle 600.000 eu) la ricerca dei colpevoli è' stata rocambolesca e da manuale. Infatti nel 2010 la società di Cesena detentrice della maggioranza delle quote del sito, le cedeva alla Mediintesa Srl dei fratelli Fanini.


Dopo una lunga attività di indagine, la procura della Repubblica chiesto il rinvio a giudizio al Gip, con prima udienza nel luglio dello scorso anno.


'Accogliamo con soddisfazione il risultato, l'impianto era stato varato per stoccare rifiuti non pericolosi, invece è' stato accertato che il gestore non rispettava ordinanza autorizzatoria. Inoltre la società ha fatto perdere le sue tracce, con un comportamento preordinato, secondo noi, e non poteva passarla liscia' dichiara Canducci.
E conclude 'Non ne parliamo ma conosciamo il problema, monitoriamo il fosso, per vedere se ci sono perdite. Il sito è sotto controllo, non ci rifiuti pericolosi o radioattivi. Certo non ritenevamo giusto spendere i soldi pubblici per un danno fatto da privati, e la condanna al risarcimento immediato e il riconoscimento delle responsabilità gravi degli imputati ci rende giustizia'.

Se la corruzione, secondo la Corte dei Conti, è' il male maggiore in questa Italia spossata dalla crisi, la giustizia segue il suo corso. A volte.

10/02/2015





        
  



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