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L'ordine del giorno Grandi e la caduta del fascismo

Roma | Dal 1945, anno della Liberazione dell'Italia dal fascismo, sono passati 70 anni e la Rai con il programma D-Day in prima serata, il venerdì, per quattro puntate su Rai3 con Tommaso Cerno ne sta raccontando le vicende.

di Felice Di Maro

Tommaso Cerno

Prodotto interamente dalla Rai e firmato dall'autore de 'La Grande Storia' Luigi Bizzarri e dal puntata di venerdì 3 aprile dal titolo «Quell'estate del '43» ha presentato e per la prima volta in un programma televisivo quelle vicende che nell’estate del 1943 determinarono la caduta del fascismo. Con Tommaso Cerno che è il conduttore sono stati ripercorsi i momenti salienti e anche i retroscena che hanno determinato la storia d’Italia tra il  25 luglio e il 12 settembre del 1943. Nei particolari la riunione del Gran Consiglio del 25 luglio che provocò di fatto la caduta del fascismo e la liberazione di Mussolini sul Gran Sasso da parte dei tedeschi. Cambiò un regime e cambiarono le alleanze, ben esposti i drammi personali e famigliari.

La puntata ha avuto inizio con la testimonianza di Jennifer Teege, la nipote del comandante del campo di concentramento di Plaszow, Amon Göth, reso famoso dal film di Spielberg “Schindler’s list”. Ha partecipato Paolo Mieli e la scrittrice Irene Cao che ha dato una sua interpretazione al riguardo del travaglio umano di Edda Ciano. Claudio Martelli ha parlato del concetto del tradimento in politica e il premio Nobel Dario Fo per la prima volta ha raccontato la sua dolorosa esperienza di giovane repubblichino convinto a fare quella scelta da un malinteso senso della patria. Fabio Toncelli ha mostrato uno dei luoghi più simbolici del fascismo, la Sala del Mappamondo a Palazzo Venezia e l’attigua Sala del Pappagallo dove si riuniva il Gran Consiglio e ha fatto vedere anche la stanza dell’albergo rifugio di Campo Imperatore, a 2112 metri sotto lo sperone roccioso del Gran Sasso, dove Mussolini passò gli ultimi giorni prima della liberazione e del trasferimento in Germania e dove pensò alla possibilità di uscire da quella umiliante situazione con un gesto estremo, il suicidio, almeno com’è stato raccontato in trasmissione. Con la partecipazione dello storico Mauro Canali si è avuta un’analisi di quella fase che fu di svolta per il regime fascista.

L’attenzione è stata posta sul Gran Consiglio del 25 luglio che com’è noto, per la drammatica situazione dell’Italia e lo sbarco degli Alleati in Sicilia, ormai erano arrivati a Palermo, Dino Grandi presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni e alleato di Benito Mussolini presenta al Gran consiglio del fascismo che era stato convocato per il 24 luglio 1943 un ordine del giorno che restituiva al Re Vittorio Emanuele III di Savoia i suoi poteri politici e militari che per l’art. 5 dello Statuto Albertino erano che: «Al Re solo appartiene il potere esecutivo. Egli è il Capo Supremo dello Stato: comanda tutte le forze di terra e di mare; dichiara la guerra: fa i trattati di pace, d'alleanza, di commercio ed altri, dandone notizia alle Camere tosto che l'interesse e la sicurezza dello Stato il permettano, ed unendovi le comunicazioni opportune.

I trattati che importassero un onere alle finanze, o variazione di territorio dello Stato, non avranno effetto se non dopo ottenuto l'assenso delle Camere». I suoi poteri erano stati dati a Mussolini e poteva riprenderli solo se Mussolini o si dimetteva oppure fosse stato delegittimato da un voto del suo governo. Si tenga conto che erano passati tre anni dalla discesa in guerra dell’Italia a fianco della Germania e doveva essere una marcia trionfale ma si era rivelata un massacro sempre più vasto e con l’asse Roma-Berlino sempre più indebolito e ormai alle corde. Il 19 luglio, pochi giorni prima c’era stato il primo bombardamento su Roma ad opera degli Alleati proprio a San Lorenzo, importante nodo ferroviario nazionale, e in trasmissione si sono viste le immagini. L'approvazione dell'ordine del giorno nella notte tra il 24 e il 25 luglio provoca la caduta del regime fascista e l'arresto di Benito Mussolini.

Fabio Toncelli ha mostrato i verbali della riunione ma per un errore che ha evidenziato, riporta XXII e invece era XXI° l’anno del Regime, lo storico Mauro Canali non lo accetta come documento però ha detto che i lavori del Consiglio si possono ricostruire con le dichiarazioni dei partecipanti raccolte in parte nelle loro memorie che sono state pubblicate. Non è facile quindi ricostruire il dibattito e le varie posizioni ma il tema delle discussioni però è cruciale nel quadro storico di quell’evento anche perché il giorno dopo Mussolini fu arrestato e al termine di un colloquio con il Re. C’erano stati due rimpasti di governo: il 6 febbraio e quindi pochi mesi prima con la perdita della Libia dagli Esteri va via Ciano che diventa ambasciatore in Vaticano e proprio Grandi non è più alla Giustizia, Bottai lascia l’Educazione e Cianetti sostituisce Ricci alle Corporazioni mentre Pareschi va alla Agricoltura; ad Aprile Scorza va al Partito Nazionale Fascista e Giuseppe Volpi conte di Misurata lascia la Confindustria. Appare chiaro che Mussolini aveva fatto delle scelte ed anche il Re ne aveva fatte tra le quali non essere più alleato della Germania ma di attivare relazioni con gli Alleati.

Per l’importanza del peso storico ecco il testo dell’ordine del giorno di Dino Grandi presentato e votato nella seduta del Gran Consiglio del Fascismo il 24 luglio 1943: Il Gran Consiglio del Fascismo, riunendosi in questi giorni di supremo cimento, volge innanzitutto il suo pensiero agli eroici combattenti di ogni arma che, fianco a fianco con la fiera gente di Sicilia in cui più alta risplende l’univoca fede del popolo italiano, rinnovano le nobili tradizioni di strenuo valore e d’indomito spirito di sacrificio delle nostre gloriose Forze Armate.

Esaminata la situazione interna e internazionale e la condotta politica e militare della guerra; Proclama il dovere sacro per tutti gli italiani di difendere ad ogni costo l’unità, l’indipendenza, la libertà della Patria, i frutti dei sacrifici e degli sforzi di quattro generazioni dal Risorgimento ad oggi, la vita e l’avvenire del popolo italiano; Afferma la necessità dell’unione morale e materiale di tutti gli italiani in quest’ora grave e decisiva per i destini della Nazione; Dichiara che a tale scopo è necessario l’immediato ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni, i compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali;

Invita il Governo a pregare la Maestà del Re, verso il quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la Nazione, affinché egli voglia, per l’onore e la salvezza della Patria, assumere, con l’effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare e dell’aria, secondo l’articolo 5° dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre Istituzioni a lui attribuiscono, e che sono sempre state in tutta la nostra storia nazionale il retaggio glorioso della nostra augusta Dinastia di Savoia Roma, 24 luglio 1943 Dino Grandi – Presidente della Camera Seguono le altre 18 firme a favore: Giuseppe Bottai, Luigi Federzoni, Galeazzo Ciano, Cesare Maria De Vecchi, Alfredo De Marsico, Umberto Albini, Giacomo Acerbo, Dino Alfieri, Giovanni Marinelli, Carluccio Pareschi, Emilio De Bono, Edmondo Rossoni, Giuseppe Bastianini, Annio Bignardi, Alberto De Stefani, Luciano Gottardi, Giovanni Balella e Tullio Cianetti che il giorno dopo scrisse a Mussolini ritrattando il suo voto; le 8 firme contrarie: Carlo Scorza, Roberto Farinacci, Guido Buffarini-Guidi, Enzo Galbiati, Carlo Alberto Biggini, Gaetano Polverelli, Antonino Tringali Casanova, Ettore Frattari; l’unica firma di voto astenuto: Giacomo Suardo.

08/04/2015





        
  



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