Il Sindaco Giovanni Gaspari ricorda l'artista Salvo Mangione
San Benedetto del Tronto | Sabato 12 settembre, a Torino, all'età di 68 anni, è venuto a mancare l’artista Salvo Mangione.
di Giovanni Gaspari
Salvo Mangione era un artista di rilievo mondiale e il “salotto buono” della città ospita una sua opera, “L'elefantino tra le palme”, la più grande scultura da lui realizzata, forse l'unica.
Ricordiamo la sua presenza a San Benedetto in occasione dell'inaugurazione dell’opera e poi per l'apertura della sua mostra alla Palazzina Azzurra nel 1999, a seguito della quale Salvo ha donato al Comune un suo bellissimo quadro che oggi adorna l’Ufficio del Sindaco. Salvo faceva parte di quel circolo di artisti gravitante sulla città di Torino e attorno al maestro Ugo Nespolo che, grazie all’amore per San Benedetto e l’arte nutrito dal dr. Gino Gentile, donò alla città una serie di opere che tutt’ora arricchiscono il patrimonio del centro cittadino, oggetto di attenzione di tantissimi ospiti, immortalate in migliaia di scatti fotografici ricordo della città.
Realizzando l’elefantino, Salvo volle caratterizzare un luogo dove grandi e piccoli si potessero dare appuntamento ma anche augurare a San Benedetto di poter avere le cose che non ha ancora, simboleggiate appunto da un animale esotico come l’elefante. Ai familiari vadano le condoglianze mie e dell’Amministrazione comunale.
Giovanni Gaspari Nota sull’autore Salvo era nato a Leonforte, in provincia di Enna, nel 1947. La Sicilia ce l’aveva nel nome e nel certificato di nascita, ma la sua vita l’ha trascorsa a Torino dove, sin da ragazzino, ebbe chiaro che voleva fare l’artista, da grande. E così fu. Dopo aver preso parte ai movimenti studenteschi sessantottini a Parigi, Salvo rientra a Torino e inizia a frequentare l’ambiente della galleria di Gian Enzo Sperone e gli artisti dell’Arte povera, come Alighiero Boetti, Mario Merz, Gilberto Zorio e Giuseppe Penone. Un po’ guarda ai fedeli di Germano Celant e alla loro ricerca che spingeva l’arte ad una riduzione ai minimi termini, un po’ si lascia affascinare da Joseph Kosuth, Robert Barry, Sol LeWitt e dal concettualismo internazionale. Senza mai aderire a nessuno dei movimenti allora in fermento, inizia a produrre le sue prime opere, come la serie di 12 autoritratti – presentati nel 1970 alla galleria Sperone – in cui combina il suo volto con immagini estrapolate da giornali; o le lapidi in marmo su cui incide epigrafi autocelebrative (“Io sono il migliore”) o legate ad altre tematiche che poi svilupperà nel corso della sua ricerca artistica, come il rapporto con la storia e la ricerca dell’io.
Di questo periodo, sono anche la serie dei Tricolore con il suo nome scritto con i colori della bandiera italiana, e i romanzi in cui l’artista si sostituisce ai protagonisti, secondo un procedimento narcisista che ricorda quello degli autoritratti. Poi, nel 1972, la partecipazione a Documenta 5, la storica edizione curata da Harald Szeemann. Dall’anno seguente, Salvo si consacra alla pittura: rivisita opere dei maestri del Quattrocento, senza mancare di inserire il suo autoritratto, e inizia a comporre paesaggi italiani dai colori vividi e le forme semplificate. Dal 1982, anno della sua prima retrospettiva al Museum van Hedendaagse Kunst di Gand, ad oggi, è stato un susseguirsi di esposizioni in Italia e all’estero. Tra le più recenti, la mostra Quarantanni d’arte contemporanea. Massimo Minini 1973 – 2013, allestita alla Triennale di Milano nel 2013, e Gli anni Settanta a Roma organizzata lo stesso anno al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
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18/09/2015
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