Il ponte di Cecco ad Ascoli Piceno tra storia e leggenda
San Benedetto del Tronto | Appena fuori dal centro storico di Ascoli Piceno, si trova il celebre ponte di Cecco, la cui costruzione viene attribuita da una leggenda a Cecco d’Ascoli.
di Elvira Apone
il ponte di Cecco ad Ascoli Piceno
Appena fuori dal centro storico di Ascoli Piceno, nel punto in cui le sponde del fiume Castellano presentano contrafforti saldi e ravvicinati, sorge il celebre ponte di Cecco, risalente al I secolo a.C.. Edificato con grossi blocchi di travertino e di pietra, il ponte, collegato alla zona di Porta Maggiore, rivela, grazie alle sue armoniose linee e proporzioni, caratteristiche tipiche dei monumenti di epoca romana. Il ponte attuale, però, è la ricostruzione integrale, con lo stesso materiale recuperato nelle acque del torrente sottostante, di quello originario, distrutto dalle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale. Lungo 43 metri e largo più di quattro, il ponte di Cecco presenta due arcate asimmetriche, di cui una è il doppio dell’altra.
Ma ciò che maggiormente affascina di questo ponte è la leggenda medievale che lo riguarda, secondo la quale sarebbe stato costruito con l’aiuto del diavolo in una sola notte dal poeta e astrologo Cecco d’Ascoli. In realtà, il nome Cecco rimanda quasi sicuramente a Mastro Cecco Aprutino che, nel 1349, su commissione di Galeotto I Malatesta, lo ristrutturò a causa delle precarie condizioni in cui versava. La leggenda, alquanto oscura e funesta, che vuole attribuirne la realizzazione a Cecco d’Ascoli e a poteri soprannaturali, è nata soprattutto a causa della fama che il poeta si era procurato sin dalla nascita. Pare, infatti, che persino i suoi natali siano avvolti da un alone di mistero e di esoterismo. Si narra che sua madre, che era solita frequentare feste orgiastiche in onore della dea Ancharia, la divinità femminile pagana che gli abitanti di Ascoli Piceno veneravano come loro protettrice, lo abbia partorito proprio sul prato in cui sorgeva il santuario dedicato alla dea. Ma è stato in particolare l’interesse del poeta e filosofo per l’astrologia e l’astronomia a contribuire alla sua fama di alchimista e negromante dotato di poteri magici ed esperto conoscitore delle scienze occulte.
Francesco Stabili, noto come Cecco d’Ascoli, era nato ad Ancarano nel 1269 e aveva passato ad Ascoli, nei pressi di Porta Romana, tutti gli anni della sua giovinezza, fino a entrare poi nel monastero di Santa Croce ad Templum, centro motore dell’esoterismo templare della Marca Meridionale. Dotato di straordinario acume e di vasta cultura, divenne insegnante di astronomia all’università di Bologna, periodo in cui scrisse la sua prima opera, che gli costò un’iniziale condanna per eresia da parte dell’Inquisizione per le teorie astrologiche esposte, considerate in contrasto con i principi della fede. Trasferitosi a Firenze, dove prese servizio come astrologo e medico di corte presso il duca di Calabria, cominciò a comporre la sua opera principale, l’Acerba, un poema didascalico in sestine rimasto incompiuto a causa della sua morte. In quest’opera, oltre ai frequenti attacchi polemici alla Divina Commedia dantesca, vista come la negazione della "scienza vera" da lui esposta nell'Acerba, sono raccolte nozioni riguardanti l’etica, l’astronomia, l’astrologia, la medicina, la meteorologia e la fisiognomica. Come altri intellettuali del suo tempo, dediti anche loro allo studio dell’alchimia e dell’astrologia, discipline non ufficialmente vietate, ma considerate eretiche dalla chiesa, Cecco d’Ascoli venne condannato al rogo e arso vivo davanti alla basilica di Santa Croce a Firenze nel 1327. Anche la causa della sua morte rimane soggetta a diverse ipotesi. Oltre alla fama di eretico che si era conquistato, e per la quale cominciò a essere perseguitato da un certo frate Accursio, che emise poi la sua condanna definitiva, si racconta, inoltre, che sia stato proprio il duca di Calabria a sospettare della sua buona fede, dopo che Cecco aveva fatto un oroscopo negativo alla figlia Giovanna, predicendo per lei un futuro di dissolutezza e di depravazione.
Comunque siano andate le cose, il ponte di Cecco, incastonato nel verde di una rigogliosa vegetazione, è ancora lì, come sospeso tra realtà e leggenda, a raccontarci una storia lunga e tormentata quasi quanto quella dell’intera umanità.
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29/04/2016
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