Giovanni Vespasiani, "Ciarevedeme su ..."
San Benedetto del Tronto | Il 12 maggio 1967 - esattamente 49 anni fa - ci lasciava il grande poeta sambenedettese. Delicato cantore della Città e dell'umanità della sua Gente. Autore di capolavori poetici assoluti come la poesia "Ciarevedeme su!"
di Umberto Sgattoni
Il poeta Giovanni Vespasiani, nella sua San Benedetto
Il 12 maggio del 1967, - esattamente 49 anni fa - moriva Giovanni Vespasiani, uno dei più intensi e significativi poeti sambenedettesi.
Resta, la sua poesia.
Il canto amorevole, sincero e devoto, di un innamorato della terra natìa e della sua gente: della sua umanità e della sua vita spicciola e quotidiana, còlta nel suo caleidoscopico divenire. Tra gioie e dolori; nella cruda e dura alternanza di momenti di felicità, pace e di quiete, ad altri di improvvise, burrascose vicende od immani tragedie (come il mare); nell'immersione umile ed operosa nel sudore della fatica e del lavoro e nella coltre faticosa e nebulosa dell'incertezza del vivere.
Ma anche e soprattutto - il Vespasiani - tenero cantore dei sentimenti e dei paesaggi più intimi e sublimi dell'anima, della Città, della sua gente.
Voler ripercorrere in breve - per di più in un semplice articolo - la poesia e la grandezza del poeta Vespasiani, non è soltanto arduo, ma davvero ingeneroso.
Sarebbe come voler scorgere la poesia e l'anima di San Benedetto - senza visitarla, senza viverla, senza assaporarne e respirarne fino in fondo gli scorci, i sapori, i colori ed i tesori: della Città e della sua Gente.
In verità, dell'insigne ed assoluto valore poetico di Vespasiani, una meravigliosa lettera dello storico e poeta sambenedettese Francesco Palestini - scritta nell'ottobre del '52 - ne raccoglie in una densa ed affettuosa epistola, tutta la grandezza e la sensibilità e ce ne restituisce vivida testimonianza:
«L'Artista è interprete della Natura, dell'Umanità.» scriveva il Palestini «E tu (Giovanni Vespasiani ndr) hai adempito alla tua missione. Dappertutto, nella bella cittadina sull'Albula, in riva all'Adriatico, hai trovato la poesia, perché ovunque è: negli uomini e nelle cose; tanta nelle cose, come la prodiga Provvidenza ha voluto, ma più ancora negl'uomini, i quali, ancorati alle loro tradizioni, ai loro costumi, sono abituati al sogno dall'immensa vastità marina, che pare rifletta il suo mistero nei loro occhi. E i pensieri dominanti per un pescatore sono il mare e l'amore. Se non c'è sabato senza sole, non c'è nemmeno marinaio senza donna. E' la legge dei flutti, questa, che macera il corpo ed esaspera i sentimenti. E se il mare e l'amore sono le note dominanti in San Benedetto del Tronto, essi, insieme al loco natio, sono i motivi preferiti della tua poesia, perché tu sei l'interprete dell'anima sambenedettese. Nei tuoi versi, nessun diaframma fra l'intuizione e l'espressione: il canto, sgorga direttamente dalla sua profonda sorgente».
E nel rimarcare la sublime qualità poetica del Vespasiani, il Palestini sottolineava e confidava all'amico Giovanni, come nel suo essere "così profondamente sambenedettese, il tuo canto varca la cerchia angusta delle mure cittadine ed assurge all'universalità".
Quell'universalità, che è dono e cifra esclusiva dei grandi poeti.
Le doti e qualità poetiche del Vespasiani, si mostrarono altresì straordinarie e palesi, quando, - invitato dalle reiterate preghiere del Prof. Dott. Filippo Fichera, direttore del Convivio Letterario di Bergamo (che lo scongiurava di inviare alcuni componimenti leopardiani, per una raccolta di interpretazioni dialettali dei canti del grande poeta recanatese) - egli seppe mirabilmente restituire, intatte nel fascino ed incanto poetico leopardiano ma acquarellate nella cadenza dell'idioma natìo, due celebri poesie di Giacomo Leopardi [L'Infinito e Alla Luna] che egli traspose in una versione in dialetto sambenedettese [L'Infenite - A la Lune].
Chi pure certamente - del Vespasiani poeta - seppe coglierne con efficacissima sintesi e significanza la grandezza e sensibilità non comune, fu Pompilio Bonvicini, nell'introduzione ad una delle opere più note del Vespasiani, intitolata "Canti della Riviera".
«Generalmente si crede che un poeta dialettale, ossia che scrive nel dialetto nativo, non possa essere un grande scrittore, né un vero artista». - così principiava il Bonvicini.
E, proseguendo, nel biasimare come questo giudizio fosse tanto inesatto quanto superficiale, il Bonvicini ravvisava come questo errato luogo comune fosse decisamente "smentito non solo dalla considerazione che ci si esprime meglio e si riesce più efficaci usando la lingua materna, perché abbiamo iniziato con essa a manifestare i nostri primi sentimenti e perché ne conosciamo le sfumature e i particolari espressivi;" ma come ciò, fosse smentito anche "da nomi di fama mondiale, come Trilussa, Belli, Porta, Di Giacomo ecc. e dal fatto che i massimi scrittori dell'umanità hanno redatto i loro capolavori nel dialetto usato nella propria città, dall'ateniese Platone al fiorentino Dante, da Omero a V.Hugo".
Ed in questo suo articolato, denso e lusinghiero commento e giudizio, il Bonvicini riteneva vi fosse la giusta considerazione e misura nel rendere il giusto "merito e la giusta caratura ad un poeta come Giovanni Vespasiani, che non solo è stato testimone, ma verace poeta e cantore della sua città".
Di Vespasiani, persino il celebre Trilussa (in riferimento al volume "'N ci abbadà!") ebbe a dire: «Ho notato, nella varia produzione del volume : spontaneità, colore e forza di sentimenti. L'autore dà prova di ricca vena e di efficace forma espressiva.»
E di questa sua feconda vena poetica, spiccano - proprio per quegli stessi caratteri rilevati dal grande poeta romanesco - (giusto per citarne solo alcune), le poesie "Sammenedette mmine!" (dichiarazione di amore ardente e devoto del poeta per la sua città natale); "Vanne, lancetta mì ..." (accorata preghiera di una madre straziata che, nell'umile rassegnazione chiede alla "lancetta" - l'imbarcazione - che le riconduca il figlio strappatole dalle onde); ed infine, "Ciarevedeme su!", poesia che tocca le più alte vette del lirismo - nella cruda tragedia di una sposa che resta sola e vedova del marito pescatore morto in mare e con un figlio piccolo - che, sia pure nel comprensibile e straziante dolore e smarrimento, non culmina nella disperazione, ma in un atto sublime di religiosa ed amorevole tenerezza.
Ampia e diffusa, fu la fortuna del Vespasiani poeta; un'ammirazione che si nutrì e contraddistinse per i numerosi e lusinghieri giudizi e riconoscimenti che egli ricevette diffusamente da poeti, critici, giornalisti e personalità del mondo della Cultura e dell'Arte.
Ma che trovò probabilmente culminante testimonianza - nel sancirne l'indiscutibile valore di poeta - nella nomina a Socio Corrispondente (Classe Prima Discipline Letterarie) dell'Accademia dei Catenati, con lettera del 1 ottobre 1952, del Principe Buonaccorsi.
Un'Accademia - quella dei Catenati di Macerata - (ritenuta da alcuni fra i più antichi cenacoli letterari d'Italia) che vide - peraltro - fra i suoi membri, figure illustri quali Torquato Tasso, Terenzio Mamiani, Niccolò Tommaseo, Antonio Rosmini, Massimo D'Azeglio ed altre illustri personalità della cultura nazionale.
Per inciso, pare che lo stesso Torquato Tasso, volle presentare, nel 1587 ai "Catenati", la sua "Gerusalemme Liberata".
Ulteriore testimonianza - come se non fosse sufficiente la sua opera - dell'assoluta qualità poetica e letteraria del Vespasiani.
Disse il drammaturgo Bertolt Brecht: "Beato il popolo che non ha bisogno di eroi".
Sciagurato - aggiunge chi vi scrive - quello che non coltiva con amore e riconoscenza, la memoria dei propri poeti.
Giovanni Vespasiani, fu poeta e poeta sambenededettese; e ci lasciò 49 anni orsono.
Resta la sua poesia. Resta quel patrimonio di umana poesia che ha voluto rendere immortale omaggio all'amata San Benedetto ed all'umanità della sua Gente.
Da qualche anno - in una cerimonia avvenuta nell'ottobre del 2014 - una targa affissa sulla casa ove visse, - in via XX Settembre - ne perpetua il ricordo affettuoso della Città.
Altresì, sono fortemente e fermamente convinto, che qualunque sarà l'esito delle consultazioni elettorali di giugno - e qualsivoglia sarà poi l'Amministrazione che andrà ad instaurarsi - essa vorrà rendere un riconoscente omaggio a questo suo figlio innamorato ed amorevole, di cui, proprio in questo giorno, l'anno venturo, si celebrerà il 50° anniversario della scomparsa.
La poesia di Giovanni Vespasiani, resta.
Resta patrimonio poetico, culturale ed identitario della Città, da conservare e tramandare amorevolmente alle giovani generazioni.
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11/05/2016
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