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"Come tu mi vuoi" di Antonio Attorre inaugura i pomeriggi della VII edizione di "Piceno d'Autore"

San Benedetto del Tronto | Il primo dei tardo-pomeriggio previsti da Piceno d'Autore, nel segno del cibo, del locale, dei territori e delle biodiversità, con la presentazione di un libro, edito da Affinità Elettive.

di Umberto Sgattoni

I pomeriggi di Piceno d'Autore - il festival letterario sambenedettese giunto alla sua VII Edizione - principiano nel segno del gusto, della "lingua del cibo", del locale e dei territori, della biodiversità e di un approfondimento sulle peculiarità, le ricchezze, le bellezze e le risorse nascoste della nostra terra, le Marche.

Come opportunamente ha rilevato l'avvocato Silvio Venieri - segretario e membro dell'associazione "I Luoghi della Scrittura" che organizza l'importante rassegna culturale - introducendo questo primo appuntamento, il festival "Piceno d'Autore", non soltanto si distingue per l'apprezzata sezione editoriale (quest'anno caratterizzata dagli approfondimenti sul tema monografico "L'Uomo, il Divino, il Sacro" con ospiti di grosso calibro culturale) e per quella di riconoscimenti premiali alle eccellenze nei vari campi e settori dell'editoria e della cultura, ma anche per una proficua collaborazione e sinergia con le realtà associative del territorio.

E queste stesse, nei pomeriggi di "Piceno d'Autore", intratterranno ed approfondiranno una tematica di sicuro interesse culturale ed attinente alle proprie specifiche peculiarità.

Primo appuntamento, si diceva, sui sentieri del gusto e delle biodiversità, con la presentazione del libro di Antonio Attorre "Come tu mi vuoi" edito da Affinità Elettive.

Ha conversato con l'autore, Valentina Conti editrice di Affinità Elettive.

Dopo una brevissima introduzione di Alessia Consorti di Slow Food San Benedetto - Val d'Aso, l'incontro è entrato subito nel vivo.

"Come tu mi vuoi" nasce come numero 1 di una collana che a sua volta affonda le sue radici in un Festival "La Lingua della Gola" che intende fare un punto della situazione - anche dal punto di vista linguistico e semantico - nel merito dell'enogastronomia.

Un'eno-gastronomia - si sono detti d'accordo Conti ed Attorre - inflazionata da chef maitre à penser, da ricettari e show-cooking patinati.

"Con questo libro, abbiamo inteso parlarne in altro modo" hanno detto l'autore e l'editore all'unisono.

"Ma come parlarne?", ha chiesto all'autore, Valentina Conti.

Antonio Attorre si è detto convinto che tutto parta (e questi in fondo sono l'obiettivo e la segreta ambizione del libro) dal cercare di fare opera di discernimento e di distinzione fra le "cose" e le "etichette".

"Questo libro, nasce dall'esperienza quotidiana di questa difficoltà: di distinguere tra le cose e le etichette" ha detto Attorre.

"Siamo convinti" ha proseguito e si è chiesto l'autore "di andare al centro delle cose o preferiamo i simulacri, gli status simbol e fermarci alla superficie ed alle apparenze?".

Una tendenza diffusa - quella della progressiva capacità di non discernimento - secondo Attorre, particolarmente significativa in ambito enogastronomico; a riguardo, ha poi sottolineato come proprio seguendo e perseguendo percorsi di coscienza critica e consapevole che Slow Food abbia cercato di percorrere e battere i sentieri che parlano di sicurezza del cibo, della rivalutazione delle tradizioni locali e finanche della creazione di microeconomie auto-sostenibili.

"In fondo" ha detto Attorre "l'esperienza di Slow Food nasce dall'Arci, dall'Arcigola, nasce da lì"; e brevemente - non senza una punta di orgoglio - ha sottolineato come Slow Food, strada facendo sia riuscita ad offrire un sostanzioso e credibile contributo teso a rinvigorire il legame che la civiltà italiana ha con l'agricoltura e con i valori antichi e radicati della nostra tradizione.

Senza dubbio, Attorre ha anche sottolineato come l'abuso e la spettacolarizzazione del cibo siano un rischio quotidiano, legato al fatto che l'enogastronomia, come qualunque altro ambito della cultura, sia attratto, risucchiato e sottoposto alle leggi che regolano le dinamiche dell'industria culturale.

Attorre, pertanto ha dunque auspicato un ritorno all'aspetto basico del nutrimento, ad una conoscenza consapevole delle ricchezze e delle biodiversità del territorio, riscoprendone i valori ed i caratteri qualificanti, al fine di creare un sistema virtuoso.

Il libro si prefigge anche lo scopo di approfondire la questione del cibo anche allargando gli orizzonti di una sfera semantica più ampia: "Dobbiamo berci e mangiarci tutto ciò che ci propinano?" si è chiesto Antonio Attorre.

Il quale, con pertinenza si è soffermato su come la nostra soglia critica - tra reale e virtuale, tra cose ed etichette, tra ciò che è realmente e ciò che viene rappresentato - sia fortemente compromessa, e ben sia immortalata nella significativa riflessione di un antropologo del cibo come Michel Pollan, il quale ha ravvisato come mai come oggi - nell'ambito dell'enogastronomia per esempio - vi sia stato tanto interesse, tanta adesione e riscontro di pubblico per show cooking o situazioni ed occasioni che parlano e trattano di cibo e di cucina, quanta diffusa ignoranza ed incapacità nel discernere ed avere una conoscenza basilare ed elementare del tema medesimo.

Il libro "Come tu mi vuoi" è anche un'occasione per approfondire le Marche nell'essenza e nella percezione che di essa si è avuto nella letteratura e nel cinema: spesso terra divisa da campanilismi, "natio borgo selvaggio", grigia (l'Ancona della "Stanza del Figlio" di Nanni Moretti) o macchiettistica (le Marche di "Riusciranno i nostri eroi ..." di Ettore Scola o quella di "Straziami ma di baci saziami" di Dino Risi).

Ebbene, le Marche sono ben altro, terra di eccellenze e di biodiversità da scoprire, da valorizzare e da raccontare.

L'intento del libro - almeno così a noi pare - sembra prefiggersi questo scopo.

"Come tu mi vuoi" è dunque un libro che offre spunti di riflessione sulle Marche e su sentieri critici di un certo taglio ed animato da nuove prospettive.

Nel libro, dunque, alcuni spunti di riflessione su come parliamo di cibo, e qualche tentativo di ricognizione su quei progetti che, in una regione come le Marche, assecondano la vitalità delle sue diversità.

La lettura del libro, è un'occasione per approfondire se esso, abbia colto nel segno.

19/07/2016





        
  



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