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Edoardo Albinati – Vincitore del Premio Strega 2016 – al Circolo Nautico Sambenedettese

San Benedetto del Tronto | Lo scrittore romano a San Benedetto del Tronto, nell'ambito della rassegna “Incontri con l’Autore”, giunta alla sua XXXV edizione ed in virtù del sodalizio stabilitosi fra il rinomato premio letterario e la Città.

di Umberto Sgattoni

Edoardo Albinati al Circolo Nautico Sambenedettese

Edoardo Albinati - Vincitore del Premio Strega 2016 - al Circolo Nautico Sambenedettese.

Nel corso del tardo pomeriggio di domenica 24 luglio, lo scrittore romano - vincitore del prestigioso premio letterario, con il romanzo "La Scuola Cattolica" - a San Benedetto del Tronto, nell'ambito della rassegna "Incontri con l'Autore", giunta alla sua XXXV edizione ed in virtù del sodalizio stabilitosi fra il Premio Strega e la Città.

Un momento di grande significato culturale, che non soltanto attiene al valore intrinseco di un ospite - come l'Albinati - di elevato spessore e caratura intellettuale in Città.

Ma testimonia altresì, il prezioso sodalizio e legame d'amicizia fra la Città di San Benedetto con uno dei più rinomati Premi Letterari - se non, diremmo, il più rinomato ed importante in assoluto su scala nazionale - di rilievo e ben noto anche su scala e ribalta internazionale.

Come ebbe a dire tempo fa, l'instancabile promotore ed organizzatore di eventi culturali cittadini Mimmo Minuto - Presidente dell'associazione I Luoghi della Scrittura, avamposto fondamentale per lo stabilirsi ed il consolidarsi di questa amicizia tra San Benedetto ed il Premio Strega - "un evento culturale di rilievo, non è solo significativo per sé stesso, ma qualifica, identifica e valorizza la Città".

E di questa sua considerazione, ne è stata certo recente conferma, l'occasione avuta dallo stesso Minuto - proprio nel corso della serata conclusiva del Premio Strega 2016 dell'8 luglio scorso all'Auditorium Parco della Musica di Roma - nell'incontrare quel Gianni Bisiach che anni addietro, proprio Minuto aveva avuto modo di portare ospite nella Città di San Benedetto per un incontro culturale; un Bisiach, che pur non ricordando - sulle prime - il nome del noto organizzatore culturale cittadino, ricordò perfettamente da dove venisse, esclamando: "San Benedetto del Tronto!". E questo - giusto soltanto a testimoniare - come la cultura possa essere volano fondamentale e formidabile per valorizzare e promuovere anche l'appeal turistico di una città e/o di un territorio, al di fuori dei propri confini. 

E sicuramente, la presenza di Edoardo Albinati, in quest'ottica, significa molto non solo nel senso stretto e primario culturale della sua gradita presenza, ma anche in termini di immagine, valorizzazione e promozione di una città - San Benedetto - che ha fatto del turismo e della cultura un binomio inscindibile ed imprescindibile.

E che in questa direzione, intende decisamente proseguire.

Del romanzo di Albinati - La scuola cattolica edito da Rizzoli - che dire: saremmo dell'avviso e dell'opinione che un libro vincitore del Premio Strega (lo vinsero giusto per citarne solo alcuni, capolavori del livello di "Il Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa nel 1959; "Lessico Famigliare" della Ginzburg nel 1963; "Il Nome della Rosa" di Umberto Eco nel 1981; e - stando semplicemente agli autori - nomi del calibro di Flaiano, Cardarelli, Pavese, Alvaro, Moravia, Bontempelli, Soldati, Bassani, Morante, Buzzati, Volponi, Levi, e davvero chi più ne ha, più ne metta) - un libro vincitore del Premio Strega, si dovrebbe leggere, prima di essere "commentato".

E di certo, la natura corposa e massiccia - quasi 1300 pagine - una corposità che in qualche modo ha persino generato dibattito e per certi versi scalpore, non è ovviamente uno dei viatici più accattivanti per confrontarcisi; un timore iniziale - tuttavia - che svanisce di pagina in pagina, come opportunamente ha segnalato il Direttore della Fondazione Bellonci Stefano Petrocchi riferendo che questo libro è stato persino letto da quei ragazzi delle scuole che hanno partecipato alla Giuria del Premio Strega (i due Licei Sambenedettesi, lo Scientifico B.Rosetti ed il Classico G.Leopardi - per inciso - hanno fatto parte, rispettivamente, della Giuria del Premio Strega Giovani e del Premio Strega Ragazzi e Ragazze).

E, come ha altrettanto opportunamente segnalato Francesco Piccolo in una sua riflessione sul Corriere della Sera (nel merito del migliaio di pagine) "se si tratta di un tentativo di capire il mondo, o, come nel caso del libro di Albinati, ancora più precisamente un tentativo di trovare un modo di starci, nel mondo, allora no. Allora sono poche. Sono sempre poche".

"Il Grande Romanzo Italiano del 2016" ha detto de La Scuola Cattolica, Francesco Pacifico in IL - Intelligence in Lifestyle, il magazine mensile de Il Sole 24 ORE.

"Un'opera di disarmante potenza", così invece l'ha definita il Piccolo, vincitore tra l'altro, del Premio Strega, giusto qualche anno fa, nel 2014 con il romanzo Il desiderio di essere come tutti.

Lodi della critica e persino dei colleghi scrittori, piuttosto diffuse.

Dunque, La scuola cattolica, si potrebbe definire il romanzo di una vita (visto che il protagonista si chiama Edoardo), ma soprattutto - o forse piuttosto e più precisamente - il tentativo di mettere in gioco ed in ordine, i tasselli della propria esistenza, approfondendo ed indagando nella stagione della propria adolescenza, fase cruciale e determinante per la formazione della personalità di ogni essere umano. O più propriamente, l'adolescenza di un maschio. Che forse, è più specificatamente, ben altra cosa che una generica adolescenza.

Sì, perché - come è emerso dalla conversazione fra il Petrocchi (coordinatore dell'incontro) e l'Albinati - fra i numerosi temi affrontati nel poderoso libro dello scrittore romano, certamente il fattor comune che li lega ed accomuna, o forse sarebbe più opportuno dire il cardine attorno al quale essi vanno a integrarsi e svilupparsi è - per ammissione stessa dell'autore - l'adolescenza.
Una narrazione densa ed intensa, che scruta nel fondo del pozzo dell'esistenza - mescolando personaggi veri con figure romanzesche - e che si dipana e sviluppa attraverso 1300 pagine nelle quali si affrontano i grandi quesiti della vita e del tempo, mostrandone il rovescio.

Sì, perché come ha annotato lo scrittore Roberto Ippolito nel suo intervento dalla platea, sembra davvero che il romanzo di Edoardo Albinati, proceda e si produca in un continuo capovolgimento dei punti di vista e rovesciamento dei punti e dati di partenza; un'impressione giusta quella dell'Ippolito - come confermato dallo stesso autore, che - nel rispondere al collega scrittore ha lasciato intendere tra le righe come forse - proprio questa esigenza ed approccio a voler vedere, ricercare ed indagare il complementare, il doppio fondo o più propriamente il rovescio delle cose (che nel versante dritto non si vede) - possa derivargli, appunto o magari, da quella stessa educazione cattolica che ha ricevuto.
"D'altronde" - ha detto Albinati - "sin da quando ero ragazzo mi ha sempre colpito il fatto che Gesù - questo grande rabbi - prendesse una cosa e la rovesciasse".

Fra l'altro, presente in platea, fra il pubblico, anche la scrittrice locale Silvia Ballestra.

Un'opera, quella dell'Albinati che - per citare Christian Raimo - "è un romanzo fagocitante, bulimico, che cerca, impossibilmente, di fare i conti una volta per tutte con gli atti e le ideologie di quella generazione diventata adulta negli anni settanta, tra crisi dei valori borghesi ed esplosione della violenza non solo politica".

Ed è proprio partendo dall'esperienza personale, quella diretta - i suoi anni scolastici trascorsi al San Leone Magno, nel Quartiere Trieste di Roma (un quartiere emblematico, esemplare e significativo in cui si sono sperimentate "le forme estreme, positive e negative, del vivere e del morire" ha detto l'Albinati) che parte, a macchia d'olio, la possente riflessione dell'autore; e di lì, dipana la storia di tutta una generazione, intessendo tanti temi - diversi fra loro eppure strettamente legati - (la borghesia, la famiglia, l'educazione ed il sesso).

E, attraverso la sua storia e quella di tanti altri, lo scrittore romano giunge a raccontare il Delitto del Circeo - di cui sono stati protagonisti alcuni suoi compagni di allora - cercando di comprenderne le "ragioni", le radici e l'humus in cui esse si produssero e generarono.

Un libro imponente, senza dubbio imponente - ben oltre le 1200 pagine - ma dovuto, perché "se non ci ragionassi sopra con calma, i ragazzi di questo libro resterebbero incollati come figurine su grandi fogli bianchi".

Ho avuto modo - in qualità di giornalista de IlQuotidiano.it - di poter porre all'Albinati alcune domande.
Non ho voluto - di proposito - entrare nel merito di un romanzo che, come ho già espresso e ribadito sopra, va innanzitutto e soprattutto letto. E va letto nella sua articolata densità. Per quanto si voglia argomentare, la verità, le ragioni e/o le visioni di uno scrittore - prima che in ogni altro luogo - vanno ricercate (e sono rivelate) in quello che scrive.
Tuttavia - non lo nascondo - mi ha colpito molto la dedica del vincitore del Premio Strega 2016 a Valentino Zeichen, poeta e scrittore molto significativo (recentemente scomparso ed il cui funerale, si è celebrato proprio nel giorno della finale del premio letterario), cui Edoardo Albinati era legato da profonda stima ed amicizia; "una persona molto cara e familiare, un punto di riferimento" ci ha detto l'autore de La Scuola Cattolica.

Quando gli abbiamo chiesto - poi - se nel corso della redazione del libro, vi siano stati alcuni o particolari scrittori che gli abbiano - per così dire - fatto compagnia, in tutta onestà, l'autore ci ha lasciato intendere tra le righe, come francamente, non gliene venissero in mente di particolari da citare; e come non ve ne fossero stati, né uno né qualcuno più di qualcun altro, in particolare.

Ci è sembrato - tuttavia - di percepire, ma forse il nostro è un terribile azzardo o un tremendo abbaglio, come, anche soltanto sotto il profilo della forma, quella delle "Confessioni", e dunque il riferimento ad autori quali Jean Jacques Rousseau e Sant'Agostino, non siano soltanto nostre vaghe e semplici suggestioni. 

Infine, essendoci noto come sia ben più di una semplice ipotesi o probabilità il concretarsi della realizzazione di una riduzione e trasposizione televisiva/cinematografica de "La Scuola Cattolica", l'Albinati ci ha confermato la notizia; sottolineando - altresì - come da parte sua, vi sarà certo attenzione o eventualmente supervisione, ma non vi sarà alcun intervento, contributo o apporto concreto e diretto in termini di sceneggiatura (o altro ancora); rivelandoci, poi - piuttosto - l'auspicio che, nel merito della trasposizione in chiave cinematografica del libro (un libro poderoso che raccoglie la riflessione di chi fu giovane in quegli "assiali" anni '70) possa cimentarvisi - attraverso il filtro della propria e personale riflessione e sensibilità - un giovane di oggi.

Un romanzo - La Scuola Cattolica - che, è stato approfondito, nei suoi temi e questioni cardine, dalla sapiente conversazione che Stefano Petrocchi (Direttore della Fondazione Bellonci) ha instaurato con Edoardo Albinati.

Innanzitutto, Petrocchi ha chiesto all'autore le impressioni che gli sono derivate dal tour che - conseguente e successivo alla vittoria del Premio Strega 2016 - lo scrittore romano ha intrapreso e sta compiendo attraverso le varie regioni e realtà della penisola.
Nel merito, l'Albinati si è detto innanzitutto particolarmente colpito dall'attenzione che il suo libro ha destato nel pubblico dei vari incontri culturali di cui esso è stato oggetto.

Un'attenzione verso un libro corposo come "La Scuola Cattolica" - si è detto convinto Albinati - che non è assolutamente in contrapposizione e necessariamente in contrasto con quell'era della velocità e di twitter che precipuamente contraddistingue questi tempi nostri; "nell'atletica, d'altronde" - ha detto lo scrittore romano usando un parallelo pregnante e significativo "ci sono i 100 mt ma c'è anche la maratona".

"Di certo" - ha aggiunto lo scrittore romano - "trovo che questa attenzione sia un bel segnale, in un momento in cui pare che la comunicazione debba esser necessariamente ridotta ed improntata esclusivamente alla brevità ed alla velocità".
Un elemento ed un dato positivo che sfata il luogo comune e diffuso che vuole la gente interessata solo ad una comunicazione rapida ed essenziale; e che invece attesta e certifica una varietà dell'esperienza nei confronti della quale l'Albinati si è detto assolutamente favorevole.

Il Petrocchi, poi - nel tentare di entrare nella carne viva del romanzo nonché di innescare la conversazione con l'autore di un libro così poderoso ed interessante - si è chiesto quale possa essere la chiave di accesso in un romanzo in cui vi sono alcune parole cardine che forniscono pertugi e/o porte di entrata alla comprensione. Proprio quegli stessi temi (fra gli innumerevoli) che nel suo articolo sul Corriere della Sera Francesco Piccolo (e come già da noi sopra brevemente citati ed accennati) riferisce come "la formazione del maschio; l'educazione cattolica; la famiglia; la borghesia; il sesso; la violenza come risultato spesso poco sotterraneo delle frustrazioni che creano tutte queste cose insieme".

"Un libro fondamentalmente sull'adolescenza," - ha ribadito l'Albinati - "sull'adolescenza dei maschi" ha specificato e puntualizzato. 
Un tema - quello dell'adolescenza dei maschi - sia pur spesso variamente raccontato ed affrontato nella letteratura che però - nel colossale romanzo dello scrittore romano - viene "confinato", isolato, analizzato ed indagato precipuamente facendo riferimento a quel 1975, anno che l'Albinati non ha esitato a definire "assiale" ed esemplare per "compresenza di tempi e di modi".
Un'epoca, caratterizzata da una realtà composita ed eterogenea; complessa non meno che compressa: e che, - in quanto tale (compressa) - poteva e capitava che esplodesse in manifestazioni di brutalità e violenza.
In tal senso, l'Albinati ha approfondito quel periodo - a cavallo degli anni '70 - che ha definito come un vero e proprio "passaggio epocale".
Proprio in quegli anni - infatti - si incrociano, scontrano e coesistono in tutta la loro carica contraddittoria, complessa e variegata, le concezioni tradizionali con quelle nuove.
"Contesti" ha detto l'Albinati "in cui c'era tutto ed il contrario di tutto, un'epoca di forte sperimentalismo"; periodo e contesto nei quali - peraltro - si produce il tentativo della creazione di un patchwork morale e di un sistema di valori coerenti, che si riveleranno però, al di là della dubbia coerenza, ancor più significativamente di scarsa efficacia e consistenza.

La compresenza di certi modi di essere e concezioni cosi diverse, ma concentrati ed addensati in un così breve periodo, costituiscono - secondo Edoardo Albinati - un aspetto, narrativamente parlando, interessantissimo.

Pungolato ed innescato poi dalla sapiente conduzione del Petrocchi, l'autore de "La Scuola Cattolica" è stato invitato ad entrare nel vivo di un tema, nel merito del quale, il moderatore dell'incontro ha riscontrato - per così dire - una sorta di "accanimento" da parte dell'autore (e di parte della sua riflessione, presente ed insita nel romanzo): la borghesia, la famiglia borghese, la dimensione borghese nel suo senso lato, nella sua complessità e nella sua accezione più ampia.
"Un romanzo, il tuo" - ha detto il Petrocchi rivolgendosi all'Albinati "che indubbiamente esplora la dimensione borghese dell'esistenza, per capirne l'ideologia e le linee guida"; poi il Petrocchi, ha chiesto allo scrittore romano se possa avere ancora senso - oggi - parlare di dimensione borghese o di "famiglia borghese".

"Oggi, la dimensione borghese - e parlare di dimensione borghese - è parlare di qualcosa che è svuotato di senso; sarebbe come a dire o definire - al tempo della Rivoluzione Francese - Terzo Stato tutto ciò che non fosse o aristocrazia o clero" ha detto Edoardo Albinati.

Il quale poi, nell'approfondire cosa intenda per borghesia o dimensione borghese, ha puntualizzato come questa concezione e convenzione non sia tanto una questione di reddito ma di forma (sia pure in quegli anni '70 nei quali, economia e borghesia erano in assoluta sintonia, cioè in crescita ed in ascesa).
Inoltre, ha lasciato intendere come la sua riflessione non voglia essere una critica alla dimensione borghese, radicale e fine a sé stessa; ma come pure - chiaramente - non possa tacerne le profonde contraddizioni e lacerazioni, e non possa esimersi dal porsi domande su come - per esempio - nel caso del Massacro del Circeo (che vide tra i protagonisti alcuni suoi compagni di classe) sia sconcertante il fatto che uno degli aguzzini alternava con assoluta naturalezza, il ruolo di animalesco carnefice e seviziatore di donne, a quello di chi - con misura, compostezza ed assoluta insospettabilità tipicamente borghese - tornava a cena, a casa, in famiglia.
"Questo, è quello io cerco di trovare" - ha detto Edoardo Albinati - "grattando sulla cornice dorata della convenzione borghese".
E questo - ha aggiunto lo scrittore romano - può essere riscontrato oggi, con maggiore evidenza nella borghesia in ascesa di quei paesi che stanno ora vivendo uno sviluppo sociale ed economico: lì - al giorno d'oggi - possiamo vedere più evidenti e lampanti, quei caratteri e tratti di avidità, aggressività, ferinità e calcolo, che spesso vengono addotti e contestati - come luogo comune - generalmente alla borghesia di ogni luogo e di ogni tempo.

L'Albinati, dunque ci ha tenuto a precisare come la sua non sia una critica estrema nei confronti della borghesia; ma una valutazione che chiede le ragioni, indaga e riflette su come sia possibile che - nell'esatto rovescio del Fanciullino Pascoliano - nella dimensione composta e formale del borghese su cui si è posata la riflessione del romanzo (o meglio ancora, al di sotto o al di dietro di quella dimensione) vi sia e vi possa albergare un personaggio ed un sentimento così beluino, risentito e violento.

Toccando l'argomento e la vicenda del Massacro del Circeo, la riflessione complessiva si è focalizzata su un altro tema fondamentale del romanzo: la questione del maschio; della formazione del maschio.

Albinati è partito da una questione cruciale: una volta che il femminismo ha messo in discussione - in quegli anni assiali e sperimentali - una determinata mentalità e società, di conseguenza - per reazione - si è prodotta una "riflessione" del maschio.

"E, notevole scoperta dell'acqua calda" - ha detto sul filo dell'ironia Albinati - si è pervenuti alla realtà oggettiva che i maschi (come distinzione di genere dalle femmine) sono oggettivamente più deboli e fragili.

In estrema sintesi, l'Albinati ha messo in luce l'aspetto che il maschio - come creatura - non è assolutamente corrispondente a quell'immagine accreditata forte e virile.
"Anzi, alla resa dei conti, l'essere maschio, coincide con la scoperta e la frustrazione di non esserlo affatto" ha detto l'Albinati.

E in tal senso, l'Albinati è pervenuto paradossalmente a sfatare la teoria freudiana dell'invidia del pene che ci sarebbe da parte delle donne.
E - piuttosto - ha parlato di quella "enorme fatica di essere maschio", fonte di permanente insicurezza e di una carenza costitutiva che, se da un lato può essere idealmente (e/o parzialmente) riempita da un coriaceo spirito di fratellanza e cameratismo mascolini e dal desiderio di primeggiare, dall'altro molto più spesso surroga ed integra - questa enorme insicurezza e precarietà del proprio stato - con una violenza verbale, fisica e persino con un'arroganza che può anche semplicemente manifestarsi con la postura o celarsi in tante piccole manifestazioni o gesti di forza e sicurezza simulata. 

"E quando hai poca forza" - ha detto lo scrittore romano parlando di questa insicurezza del maschio - "usi la violenza".
Un'enorme fatica, quella di essere maschio che - ieri come oggi - è una realtà oggettiva, ben lontana dal tramontare.

"Non ho nascosto nulla al lettore, nel romanzo" si è detto convinto Edoardo Albinati.
Un romanzo che è poderoso, non soltanto nelle pagine, ma anche nei temi, negli spunti e nei contenuti che vi sono insiti.

Quando poi il Petrocchi ha chiesto ad Edoardo Albinati se da questa dimensione borghese esplorata in lungo ed in largo possa venir fuori un'epica, lo scrittore romano ha espresso la convinzione che quella che il Petrocchi aveva posto, fosse una questione di particolare importanza e rilevanza perché si misurava con la domanda se la nostra vita meritasse di essere vissuta e di essere memorabile (dunque di essere degna di memoria).
Ebbene, l'Albinati si è detto convinto che, se la vita non ce lo richiede (come invece accadrebbe, ipoteticamente in caso di guerra), non è assolutamente necessario essere eroi; certamente, ciascuno magari crede che la propria "epica" personale ed individuale possa essere tale. Ma schegge di epica ed eroismo possibili, nella nostra società contemporanea, possono solo riscontrarsi nella compostezza con cui riusciamo ad affrontare le situazioni più difficili e più dure della vita quotidiana e della nostra esistenza.

Avviandosi alla conclusione dell'incontro, durato quasi due ore, Edoardo Albinati ha infine confessato come la più grande sorpresa per lui, sia stato scoprire "come questo libro - La Scuola Cattolica - sia stato letto e capito dalle persone, fra le più diverse".

Un gran bel momento di cultura, quello che ha contraddistinto il tardo pomeriggio del Circolo Nautico Sambenedettese domenica 24 luglio. Un momento di cultura intenso, assolutamente significativo e memorabile, non solo per gli appassionati di letteratura, ma - diremmo a buon diritto - anche per la Città.

 

25/07/2016





        
  



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