L'italiano è la quarta lingua più studiata al mondo
San Benedetto del Tronto | I migranti sono in aumento e l'evoluzione della nostra lingua riceve continue accelerazioni. Per coglierne la bellezza e l'armonia il libro di Annalisa Andreoni offre un contributo anche per conoscerne la storia.
di Felice Di Maro
Copertina Ama l'italiano
L'italiano viene studiato a scuola ma non ha molti cultori e l'inglese, lingua ufficiale della scienza, viene sempre più privilegiata anche fuori dagli ambiti di ricerca almeno rispetto alla nostra lingua e non solo per motivazioni professionali. Non ci preoccupiamo molto non solo dei neologismi che si formano e che sono processi continui ma anche di come si evolve la nostra lingua parlata. Quella scritta con l'uso dei computer tende a migliorare almeno a livello grammaticale in quanto aiuta a rispettare maggiormente le regole per la formazione delle frasi e delle parole.
Abbreviazioni, sempre in aumento, ed espressioni sintetiche variamente utilizzate pesano sulla sintassi e si moltiplicano i diversi modi in cui le parole si uniscono tra loro per formare una proposizione compreso i modi con i quali le proposizioni si collegano per formare un periodo. Nascono quindi nuove varianti che pesano sull'evoluzione della nostra lingua e ci allontanano da quell'italiano che abbiamo imparato a scuola e non offriamo in senso dialettico quella resistenza alle evoluzioni non naturali della nostra lingua contro le accelerazioni che riceve per ragioni chiaramente non esterne all'Italia ma interne per le quali come cittadini quasi niente possiamo fare ma prendendo coscienza dei fenomeni linguistici in corso possiamo fare davvero resistenza e tutelare il nostro italiano.
Tra le varie spinte che la nostra lingua riceve e che velocizzano la sua evoluzione e che quindi ormai da tempo non è più un'evoluzione naturale vi è l'aumento dei flussi migratori. Naturalmente per le ragioni sociopolitiche non ne parlo qui perché dedico quest'articolo solo alla nostra lingua che mai come in questo momento ha bisogno di tutele e penso che sia prioritario conoscerla meglio. I migranti anche se gradualmente si inseriscono nella nostra comunità aumentando di numero è chiaro che senza volerlo propongono quanto meno interpretazioni delle strutture grammaticali e sintattiche che tendono a modificare l'armonia e la bellezza della nostra lingua.
Bisogna distinguere tra i migranti che frequentano corsi di italiano che vengono organizzati dai comuni e quelli che non partecipano comunque a nessun corso e tra questi vanno considerati i clandestini che anche se non classificati a livello demografico comunque stazionano in Italia e chiaramente comunicano come possono ma per i fenomeni che investono la nostra lingua comunque hanno un ruolo marginale almeno come io penso. Sono quelli regolari che maggiormente frequentano luoghi pubblici e quant'altro che di fatto operano quelle accelerazioni che dicevo prima e che andrebbero seguiti per i loro percorsi d'i inserimento.
I corsi di italiano devono aumentare e debbono articolarsi a più livelli, da quelli di base a quelli a più alti!!
Può bastare? No!!
Purtroppo non è sufficiente. Perché se pensiamo che per la tutela della nostra lingua, come spiegato prima, possa essere sufficiente che i migranti vengano messi in condizioni di partecipare ai corsi non facciamo una valutazione obiettiva dei fenomeni che sono in atto. Certo i migranti che hanno aspettative e queste sono non collettive ma personali, di diventare cittadini italiani con i corsi e a più livelli s'intende vengono agevolati e gradualmente contribuiranno anche a rendere il nostro italiano più aderente alle pieghe delle loro comunicazioni comprese quelle di italiano scritto ma è necessario che come italiani si svolga anche un ruolo più attivo verso la nostra lingua. In pratica dobbiamo ritornare a scuola? Sì e no.
Quello che possiamo fare è essere più attenti alle pieghe del nostro italiano, non è facile ritornare a scuola e non è indispensabile ma partecipare a seminari e comunque aggiornarsi penso che sia necessario. Un contributo è il libro pubblicato dalla Piemme "Ama l'italiano - Segreti e meraviglie della lingua più bella" (pp. 204) a cura di Annalisa Andreoni, docente di letteratura italiana all'università IULM di Milano e studiosa della modernità letteraria.
Per lei "la nostra è la lingua più bella del mondo, tanto da farne la quarta più studiata tra le lingue straniere". Leggendo il libro si coglie che mette in evidenza l'eleganza e la musicalità. Tutto Ok. Dice anche che le parole che ancor oggi utilizziamo hanno una storia antica e nobile.
Ecco le 8 "passeggiate" che propone: La lingua degli angeli; La lingua libera; La lingua madre; La lingua dell'amore; La lingua della beffa e della parodia; La lingua delle arti e della scienza; La lingua del canto e della musica; La lingua oscena.
Gli itinerari che presenta variano da Boccaccio alla "supercazzola" di Amici miei, da Galileo a Benigni e come dice l'obiettivo è quello di innamorarsi o re innamorarsi della "lingua degli angeli" nella definizione di Thomas Mann.
Importante. Dice che l'italiano ricambierà regalando godimento, fascino, sicurezza in sé stessi e nelle proprie idee. Ed è quello che abbiamo bisogno per fare resistenza. L'invito è dunque di amare la nostra lingua ma per amare bisogna conoscere e anche bene. Si tratta di processi che hanno tempi non brevissimi. Presento qualche osservazione che potrebbe essere d'interesse.
Nel secondo capitolo a pagina 36 alla fine del punto 2, "La libertà sintattica", si legge: ".... e ci ha ricordato che chi conosce veramente le lingue ne parla una alla volta". Sembrerebbe banale ma assicuro non lo è. È una citazione (di A. Testa - fonte: nota 21 p. 180 e a p.198 il titolo dell'opera) presentata in relazione alla liberta della sintassi italiana rispetto a quella inglese che com'è noto è molto più rigida. La lingua italiana viene continuamente caricata con parole inglesi e chiaramente è negativo e si spiega il perché.
Leggendo questo libro si colgono bene le relazioni tra l'italiano e le altre lingue e in particolar modo con l'inglese. Ovviamente al di là che chi conosce le lingue le dovrebbe parlare una alla volta e senza intrecciarle si segnalano quelle situazioni che si verificano spesso e dimostrano -secondo me- che a volte si fanno queste scelte perché non si conosce bene l'italiano e si preferisce fanno scelte in condizioni d'incertezza utilizzando termini inglesi perché si rifiuta di fare ricerca sulla nostra lingua.
Nel sesto capitolo a pag.135 alla fine del punto 5, "Cosa perdiamo se perdiamo l'uso dell'italiano come lingua della scienza e della tecnica?" viene presentata secondo me una maglia di problematiche complesse che potrebbero essere alleggerite.
Ecco il testo: "In Italia, proprio perché la cultura scientifica della popolazione è drammaticamente limitata, c'è bisogno che il mondo della scienza e quello dei cittadini si avvicinino sempre più, e il gusto galileiano di spiegare cose molto difficili nel modo più semplice e chiaro possibile, con parole comprensibili a tutti, può servire ancora oggi da esempio". Come si vede si tratta di diversi temi come quello di farsi comprendere e di rilanciare il ruolo della nostra lingua. In questo punto del libro si pone con forza l'interrogativo: come rilanciare l'italiano?
E con il rilancio dell'italiano si spera che anche il quadro sociopolitico dell'Italia cambi perché attualmente, l'emarginazione, un po' in tutti i settori, è in aumento ed è davvero diversa rispetto a quelle di altre fasi storiche.
Sia chiaro. Al di là delle raffinate statistiche sui consumi e sull'occupazione che i media continuamente propongono e che fanno idealizzare che è in atto una inversione di tendenza dei processi economici nel nostro paese il potere di acquisto di salari, stipendi e pensioni tende sempre più a diminuire perché la fruizione dei servizi primari come quelli della sanità e anche dell'istruzione ha un costo sempre più alto.
Si tenga conto che la cultura ormai in tutte le sue manifestazioni costa sempre di più e chiaramente se in non poche famiglie c'è il problema di mettere insieme il pranzo con la cena, proprio in queste famiglie non è facile occuparsi o comunque anche solo pensare alle sorti e progressive della nostra lingua madre. Chiaramente si vive alla giornata e non si cercano emozioni e comunicare almeno a livello quotidiano è un'attività obiettivamente non degna di attenzione. Peraltro i noti processi di precarietà e povertà che da anni si manifestano nel nostro paese hanno fatto aumentare opinioni che le motivazioni della crisi economica sarebbero nell'aumento dei flussi dei migranti che come persone, sia chiaro, non hanno responsabilità.
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16/01/2018
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Kevin Gjergji