Le Marche: il paesaggio dell’anima di Carlo Bo
San Benedetto del Tronto | Le Marche rappresentazione dell’anima negli “Scritti sulle Marche e i marchigiani” del grande critico letterario Carlo Bo.
di Elvira Apone

paesaggio marchigiano
“Conoscete le Marche? Siete mai stati o solamente passati per le Marche? Provate a rivolgere queste due domande quando vi capiti, la risposta sarà sempre la stessa: no, non ci siamo mai stati. Eppure è uno dei paesi più belli, più italiani che si possano dire: uno di quei paesi che meglio corrispondono all’idea e alla nozione stessa dell’Italia”. È con queste parole che il critico letterario Carlo Bo, marchigiano d’adozione, esordisce nel suo testo “Città dell’anima”, una raccolta di “scritti sulle Marche e i marchigiani”, come ben spiega il sottotitolo, in cui offre una visione completa e affascinante di una regione, la nostra, pressoché sconosciuta e soprattutto tagliata fuori, nel corso della storia, dai grandi avvenimenti nazionali, ma, al tempo stesso, mosaico rappresentativo dell’intero paese. Una regione dal carattere “alto e semplice, lontano e così familiare, apparentemente accessibile ma in effetti geloso e in grado di difendere la propria originalità”, per usare le parole di Bo. Una terra che offre una stupefacente varietà di paesaggi e di ambienti naturali e umani, che, però, sembrano aprirsi alla vista del visitatore in modo timido e velato, con una sorta di umiltà e ritrosia, ma che, paradossalmente, proprio in questo loro farsi intravedere e concedersi poco alla volta, racchiudono il loro fascino segreto, la loro bellezza discreta. Un mondo che, per citare sempre le parole di Carlo Bo, “ci suggerisce di trovare una collocazione che non sia soltanto geografica epperò esige l’innesto poetico”, perché le Marche esistono al di là di qualunque confine o linea di demarcazione geografica, “vivono per aria, sospese dentro un’idea di poesia quanto mai libera”, vivono di vita propria, sono, appunto, prima ancora che una regione geografica, una viva e concreta rappresentazione dell’anima, in tutta la sua caleidoscopica complessità.
E a quello che Carlo Bo definisce “un sistema di vasi comunicanti”, a indicare la stretta interrelazione che esiste qui tra città e campagna (ricordiamo che nella nostra regione non ci sono grandi centri urbani) corrisponde anche un forte legame tra i luoghi e le persone, che sono riuscite a “non oltraggiare troppo l’imitazione di Dio, di chi ha creato questa natura straordinaria”; un’umanità muta e laboriosa, forse talvolta addirittura superba nella sua distaccata ritrosia, che sembra aver instaurato un rapporto simbiotico con l’ambiente in cui vive. Un microcosmo, dunque, il nostro, quasi sospeso a mezz’aria, in una posizione geografica spesso fraintesa e poco nota, in cui, però, ogni cosa è indissolubilmente legata all’altra in una maniera sorprendentemente naturale, senza forzature o stonature. Un mondo in cui la storia sembra essersi dispiegata con un ritmo più lento, in cui il passato ha lasciato forti tracce senza, però, intaccare e ledere il presente e, forse, senza compromettere il futuro. Uno specchio in cui sembra riflettersi un’interiorità umana dal valore puro e autentico.
E tutto questo lo percepiamo, lo tocchiamo con mano, lo vediamo concretamente ogni volta che abbiamo la possibilità di visitare la nostra regione, abbracciando con uno sguardo stupito, come se fosse sempre la prima volta, tutti quei borghi arroccati sulle verdi colline, perfettamente in armonia con la natura circostante, tutti simili tra loro, eppure ciascuno diverso e ben distinguibile nella sua peculiare individualità; oppure girando tra le campagne, in cui i giochi di luce e i colori dell’avvicendarsi delle stagioni riescono a trasformare ogni volta gli stessi paesaggi su cui la mano dell’uomo si è posata con delicatezza e dove le vie non sembrano “portare a un paese o verso le grandi strade di comunicazione ma a delle terrazze tutte poetiche, a un mondo sospeso tra miracolo e fiaba, in una dolcissima musica, la musica delle piccole eterne verità quotidiane.”, per usare sempre le bellissime parole di Carlo Bo.
Un’eterogeneità, quella che caratterizza le Marche, unica regione al plurale, in cui il molteplice sa esprimersi in una varietà di forme, colori, sapori, odori, scenari naturali, urbani e umani e dove la pluralità diviene un valore aggiunto, proprio perché rappresenta un’inestimabile ricchezza culturale, geografica e spirituale. Come ha affermato il poeta Vincenzo Caldarelli: “…di essere marchigiani bisogna meritarselo”.
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05/10/2018
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