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Il Centro Agro Alimentare Piceno ha toccato il fondo. Ora si può solo risalire

San Benedetto del Tronto | Pochi venditori, pochissimi clienti, e un futuro quanto mai incerto. Molti lavoratori chiedono alla politica risposte chiare ed alcuni di loro, riuniti in un Comitato, formulano una ricetta per cercare di uscire dalla crisi.

di Marco Braccetti

Un'immagine dell'interno del Centro Agro Alimentare

Centinaia di cassette di frutta impilate, molte delle quali andranno buttate. Pochi box per la vendita hanno le serrande alzate. Il bar interno è aperto ma desolatamente vuoto. Sopra un tavolino sono appoggiati decine e decine di mazzi di fiori. Sono rimasti invenduti e i negozianti piuttosto che buttarli preferiscono regalarli.

E' un pomeriggio di un giorno qualsiasi al Centro Agro Alimentare Piceno di San Benedetto e basta fare un giro di pochi minuti al suo interno per avere il polso della situazione, la crisi di un settore che da tempo si trova sul ciglio del baratro. La struttura ospita trenta box per la vendita all'ingrosso di frutta e verdura, ma ad oggi sono operanti sono otto (con affitti di 2160 euro al mese) e delle oltre cinquecento persone che vi lavoravano ne sono rimasta all'incirca venti. Venti, come il numero dei clienti che, di media, frequentano giornalmente la struttura.

In questa situazione di pericoloso declino cerca di operare il Comitato per lo sviluppo dell'Agro-Ittica del Piceno, un gruppo di lavoratori del Centro che ha le idee chiare su cosa occorra fare per uscire dalla crisi. "Perché si può uscire da questa situazione di stallo - spiegano i membri del Comitato - basta sono rimboccarsi le maniche". Alla politica chiedono chiarezza. "Il mondo politico parli con una sola voce e dica una volta per tutte ai lavoratori cosa Comune, Provincia e Regione hanno in serbo per il Centro". Per i banchi girano voci sulla possibile vendita dell'intero stabile ad aziende private. Un'eventualità giudicata negativamente dal Comitato.

I lavoratori facenti parte del gruppo non sono stati con le mani in mano ed hanno stilato una serie di punti da sottoporre alle forze politiche, sindacali ed imprenditoriali del territorio:

*Creazione di un Osservatorio per la raccolta dati sullo stato del settore e di monitoraggio costante dell'andamento produttivo e finanziario delle imprese nelle varie tipologie di attività.
*Azioni volte al raggruppamento e alle sinergie delle varie imprese in un piano organico di investimenti e organizzazione innovativa.

Formulazione di un Piano strategico di settore che preveda:
*Un piano di investimenti finanziabili per l' ammodernamento delle strutture e degli impianti di produzione delle imprese.
*Un piano di investimenti per la creazione di un marchio di area e suo lancio sul mercato nazionale ed europeo.
*Un piano di investimenti nell' innovazione di prodotto e la loro certificazione.
*Un piano di investimenti volto ad una maggiore penetrazione commerciale tramite l' organizzazione di eventi fieristici e promozionali e accordi diretti con i canali della distribuzione sia in ambito locale che nazionale.
*Un piano di investimento per una maggiore produzione primaria sia in campo agricolo che ittico con particolare riferimento alla difesa delle specie adriatiche oggi a rischio di estinzione.
*Un piano di qualificazione e riclassificazione professionale degli addetti.
*L' accesso agevolato al credito bancario tramite l'istituzione di linee di credito specifico.

Basterebbe creare intorno a questi pochi ma significativi punti una sorta di coalizione di volenterosi formata, come detto prima, da tutti gli attori politici economici e sindacali del territorio, per rimettere in carreggiata un'importante attività produttiva che la nostra zona non può e non deve permettersi di perdere.

28/01/2008





        
  



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