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A Natale vince la tradizione

Ascoli Piceno | Ci sono sapori e odori, infatti, in grado di risvegliare i nostri sensi, di riportare a galla i nostri ricordi più piacevoli e forti, capaci di donarci, anche se solo per pochi istanti, un irripetibile e impagabile momento di pura e vera felicità.

di Elvira Apone

Struffoli napoletani

“Una sera d’inverno, appena rincasato, mia madre accorgendosi che avevo freddo, mi propose di prendere, contro la mia abitudine, un po’ di tè. Dapprima rifiutai, poi, non so perché, mutai parere. Mandò a prendere uno di quei dolci corti e paffuti, chiamati maddalene, che sembrano lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo. E poco dopo, sentendomi triste per la giornata cupa e la prospettiva di un domani doloroso, portai macchinalmente alle labbra un cucchiaino del tè nel quale avevo lasciato inzuppare un pezzetto della maddalena. Ma appena la sorsata mescolata alle briciole del pasticcino toccò il mio palato, trasalii, attento al fenomeno straordinario che si svolgeva in me. Un delizioso piacere m’aveva invaso, isolato, senza nozione di causa. E subito, m’aveva reso indifferenti le vicissitudini, inoffensivi i rovesci, illusoria la brevità della vita…non mi sentivo più mediocre, contingente, mortale. Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della maddalena. Ma lo superava infinitamente, non doveva essere della stessa natura.”.

È con queste parole che il grande scrittore francese Marcel Proust, nel suo romanzo “Dalla parte di Swann”, descrive la sensazione di benessere e di immensa gioia procuratagli da un sapore gradevole e appagante, che gli fa superare persino mentalmente tutte le contingenze e le mediocrità della vita reale, proiettandolo in una dimensione eterna e infinita. Ci sono sapori e odori, infatti, in grado di risvegliare i nostri sensi, di riportare a galla i nostri ricordi più piacevoli e forti, capaci di donarci, anche se solo per pochi istanti, un irripetibile e impagabile momento di pura e vera felicità. E per me esiste un sapore, un gusto dolce e inconfondibile che mi riconduce ogni volta alla mia infanzia, ai miei antichi affetti famigliari, molti dei quali non mi accompagnano più, ormai, nel cammino della vita. È il sapore degli struffoli, uno dei tipici dolci natalizi della tradizione napoletana, che ogni anno, a Natale, cerco di condividere insieme ai miei cari.

Gli struffoli sono composti di tante palline di pasta realizzate con farina, uova, burro e un po’ di liquore, fritte nell’olio e poi, una volta raffreddate, disposte a mucchio o a ciambella, condite con zucchero e un’abbondante quantità di miele e ulteriormente guarnite con frutta candita e confettini colorati. Per nulla, o quasi, in effetti, sembrano differire dalla marchigiana cicerchiata, fatta pressoché allo stesso modo (talvolta variandola con l’aggiunta di cacao o di qualche mandorla), ma con la sola differenza che la nostra cicerchiata non è strettamente legata alle feste natalizie quanto piuttosto al periodo di Carnevale. Inoltre, mentre il termine “cicerchiata” quasi certamente deriverebbe dalla cicerchia, un legume tondeggiante simile al pisello e al cece tipico dell’Italia centrale, e in particolare della zona umbro- marchigiana, diverse, sono, invece, le ipotesi fatte per ricostruire l’etimologia degli “struffoli”; la versione più verosimile, però, sembra quella che fa derivare la parola dal greco “stroggolos”, cioè “rotondo”, proprio per analogia con la forma arrotondata delle palline di pasta.

Oltretutto, questa ipotesi sarebbe avvalorata dal fatto che, a quanto pare, gli struffoli non sarebbero stati inventati a Napoli, ma introdotti lì dai greci sin dai tempi della Magna Grecia. Anche nella cucina greca, infatti, esiste un dolce molto simile agli struffoli dal nome loukoumades. In ogni caso, tanto l’origine della cicerchiata quanto quella degli struffoli dovrebbe essere geograficamente collegata a una o più aree in cui un tempo era particolarmente sviluppata l’attività di apicultura, proprio perché il miele è l’ingrediente basilare tanto dell’una quanto degli altri. Anche quest’anno, dunque, alla vigilia di Natale, preparerò gli struffoli napoletani o la cicerchiata marchigiana, o comunque si voglia chiamare questo dolce che ormai da decenni fa parte della mia tradizione famigliare e che è e resterà per sempre un anello di congiunzione tra la mia terra d’origine e quella di adozione. Cercherò di farli come quelli che preparava mia nonna quando ero bambina, gli unici che mangiavo con gusto e che preferivo a tutti gli altri, soprattutto a quelli delle pasticcerie.

Li gusterò insieme alle persone che amo facendomi accarezzare il palato dalla piccola rotondità delle palline e coccolare i sensi dal delizioso aroma dei confetti e dei canditi, e soprattutto lasciandomi inebriare dalla dolcezza del miele, che dovrò dosare al punto giusto perché si sposi perfettamente con la pasta. Insomma, credo che, almeno a Natale, qualche buona e sana tradizione come questa debba essere rispettata e rievocata e, proprio in nome di questa mia vecchia e amata tradizione, auguro a tutti un “dolce Natale”.

07/01/2015





        
  



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