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Tinariwen: la voce del deserto

San Benedetto del Tronto | Tinariwen "Emmaar"

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Tinariwen

"Emmaar "

Quella dei Tinariwen è una delle storie musicali e sociali più affascinanti degli ultimi anni. Nasce dal disagio, dalla discriminazione, dalla presa di coscienza politica, dalla lotta per la sopravvivenza e dall'emigrazione.

Il gruppo, che in realtà è una comunità di musicisti, poeti, scrittori, è formato da Tuareg del deserto del Sahara di base nel nord del Mali ed è stato fondato da Ibrahim Ag Alhabib, agitatore culturale cresciuto in una società perennemente in guerra (a soli quattro anni assistette all'esecuzione capitale di suo padre, un Tuareg ribelle che rivendicava il diritto di cittadinanza della gente nomade). Dai campi profughi di Algeria e Libia, Ibrahim imparò presto che la musica era un ottimo veicolo per la diffusione di idee libertarie e della protesta della sua gente. Affascinato fin dall'infanzia dal rock e dall'impatto che quella musica potesse avere, iniziò ad esprimersi (dalla fine degli anni Ottanta) con la chitarra attraverso il rai algerino, il rock (Hendrix e i Led Zeppelin, con Presley e Bob Marley erano i suoi miti), lo chaabi usato nella canzone di protesta marocchina e la musica Tamasheq (è il termine con il quale si identificano i Tuareg).

Con l'inizio del nuovo millennio e dopo l'ondata in occidente della musica maghrebina il nome dei Tinariwen (i ragazzi del deserto) iniziò a conquistare le prime pagine dei giornali inglesi e francesi. Il successivo sviluppo del Festival del Deserto aprì loro le porte a grandi festival internazionali dal Womad di Peter Gabriel al celebrato festival di Glastonbury, dal festival di Roskilde al Printemps de Bourges. I più importanti nome del rock (Robert Plant e Jimmy Page, Bono, Carlos Santana, Thom Yorke, Brian Eno, Chris Martin) si inchinarono di fronte alla maestria di Alhabib e il loro sostegno fece sì che il mondo intero si accorgesse di un gruppo nato nelle solitudini del deserto. Oggi i Tinariwen hanno alle spalle centinaia e centinaia di concerti in tutto il mondo, onorificenze in ogni paese e grandi riconoscimenti come il Grammy Award (per l'album "Tassili" del 2011) e sei album di notevole livello artistico. "Emmaar" è il loro settimo disco appena uscito. Con la loro casa (il deserto) nel cuore hanno scelto, per la prima volta, un altro deserto per la registrazione di questo lavoro e, con l'aiuto di Josh Klinghoffer dei Red Hot Chili Peppers, di Matt Sweney dei Chavez, del violinista di Nashville, Fats Kaplin e del poeta Saul Williams si sono trasferiti a Joshua Tree, nel Parco Nazionale del deserto californiano di Mojave dove hanno costruito uno studio di registrazione apposito.

I frastornanti riff ipnotici del loro blues tracciano una liquida linea che dal fiume Niger, principio vitale dei nomadi sahariani, giungo fino al Mississippi come se il mare fosse una lunga pista carovaniera fatta di cielo e di luce, di aride montagne e di sterpi, di nostalgia e di bellezza sospesa sulla corde di una chitarra rigorosamente elettrica ed occidentale. Ma le parole delle canzoni dei Tinariwen contrastano nettamente con il blues del deserto, Nel brano di apertura di "Emmaar" si parla di ideali traditi, svenduti per poche monete, di pace falsata dalle imposizioni esterne e sempre in bilico per la trasformazione in odio. E con le orecchie tese di Al-Qaeda, forte oppositrice di questa musica, i Tinariwen continueranno a vagare tra le dune e i confini del Maghreb a lanciare il loro grido lancinante di poesia e di bellezza, di rabbia e di protesta che non può lasciare indifferenti.

http://www.youtube.com/watch?v=bvFrCulCvgM

Voto 8.5/10

12/02/2014





        
  



1+5=

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