Spain

"Sargent Place "

Sargent Place non è altro che il nome della strada situata nella città di Echo Park, in California dove è situata l'abitazione, con annesso studio di registrazione, di Gus Seyffert che di mestiere fa il produttore musicale (Norah Jones, Beck, The Black Keys). Infatti si è affidato (ma lo fa dal lontano 1995 quando esordì con "The blue moods of Spain") ancora a lui Josh Haden, figlio del gigantesco Charlie, contrabbassista di riferimento del jazz contemporaneo.

In venti anni di attività gli Spain, questo è il nome che Josh ha dato al gruppo, hanno prodotto poco (live e antologie a parte): due dischi a metà degli anni Novanta e altrettanti negli ultimi due anni e con un periodo interminabile di incertezza fatto di rotture e ricostruzioni dello stesso gruppo. (De)Merito di un suono che in America non stentano a definire soporifero mentre in Europa ha registrato un gran numero di fans. Che l'essere figlio d'arte provochi sempre tali sconvolgimenti? Eppure i campi d'azione di padre e figlio sono estremamente diversificati. Solo in un paio di casi le strade di Charlie e Josh si sono incontrate. Quando il grande contrabbassista ha inciso, a fianco di Pat Metheny, una sublime versione di "Spiritual" (era nell'album "Beyond the Missouri skies" del 1997) e oggi, in questo disco che uscirà sul mercato la prossima settimana e che fa registrare un eccellente duetto (l'emblematico e affascinante brano di chiusura di "Sargent Place", "You and I" che riconcilia da qualche incertezza lasciata da alcune canzoni di questo lavoro).

I toni e il timbro di Josh Haden non subiscono quasi mai alterazioni, tutto è livellato secondo i criteri di una morbidezza assoluta, che flirta continuamente con la notte e le sue sfumature di colore. I tentativi di risveglio ("Waking song") corrispondono esattamente ai momenti in cui arriva il sonno e la lotta eterna fra luce e buio non fa mai registrare picchi e alterazioni sonore. Tutto si bilancia nella bambagia di un suono cullato dalla dolcissima chitarra di Daniel Brummell (che si inacidisce vagamente nel rock blues di "From the dust" e "Sunday morning" o nella magica e ispirata "In my soul" instile sixties) e da una voce, quella di Josh Haden, sempre densa di sussurro e di spiritualità ("The fighter" e "Let your angel", "It could be heaven", "To be a man"). Le tessiture di tastiere elettriche ricordano molto le atmosfere lucide di Ben Sidran e del suo jazz leggero mentre tutto il suono del disco è una grande coperta di cachemire che avvolge chiunque lo ascolti. Questi sono suoni fatti solo di riflessione e di intimità senza ritmi ballabili né orecchiabili canzoni. Ci sono magari lo scorrere lento di un Blue Nile o di un American Music Club oppure della migliore tradizione dei folk singer americani o irlandesi che necessitano di poche pennellate di chitarra acustica per ottenere la più grande emozione.

Voto 8/10