Medea a Epidauro
San Benedetto del Tronto | Eleni Karaindrou "Medea"
di
Eleni Karaindrou
Medea
Dodici album in tutta la sua lunga carriera non riescono a colmare la vastità dell'intelletto musicale della greca Eleni Karaindrou. E' per merito dell'etichetta bavarese Ecm dell'illuminato Manfred Eicher che la sua arte ha varcato le soglie nazionali grazie soprattutto al colpo di fulmine, da vera affinità elettiva, che ebbe il regista Theo Angelopoulos presiedendo la giuria del Film Festival di Salonicco nel 1982. Consegnandole il premio per la miglior colonna sonora, il regista la convinse a collaborare con lui per il suo film "Viaggio a Citera". Da allora la Karaindrou è rimasta sempre sua collaboratrice per tutti i suoi film densi di pathos e di malinconia scandita dalla polvere del tempo.
Nel carnet della 75enne musicista, considerata oggi, il vertice della musica greca ci sono anche lavori con registi importanti come Jules Dassin e Margarethe Von Trotta per il cinema e con il teatro di Antonis Antypas sotto la direzione del quale compose, per il Teatro Antico di Epidauro compose, nel 1981, le musiche per "Le Troiane" di Euripide. E oggi torna al suo fianco con la "barbara strega della Colchide", quella Medea il cui mito ha stregato autori, registi e intellettuali di tutti i tempi, messa in scena dalla stessa compagnia ad Epidauro lo scorso anno.
Dopo gli studi di pianoforte e di teoria musicale al Conservatorio di Atene Eleni Karaindrou fu costretta all'esilio dalla Grecia dei Colonnelli e, nel suo soggiorno parigino, allargò il suo campo musicale attraverso studi di etnomusicologia e orchestrazione alla Sorbona. E persino di canto (è sua la voce che canta in "Medea") e coro al Conservatorio di Parigi. E oggi questa "Medea" rappresenta il compendio a 360 gradi di un'intera vita artistica e di studio. Un riflesso dell'ambiente di Teichio, il villaggio in cui è nata, tra le montagne del Peloponneso.
I riflessi del Mediterraneo maghrebino e della non lontana Costantinopoli si percepiscono tutti in ogni passaggio sonoro mediante l'uso del liuto turco, della lira, del ney (il tipico flauto persiano), del bendir (il piccolo tamburo sahariano usato in tutto il medio oriente) e del santouri (un sorta di dulcimer o chitarra da tavolo il cui uso è fortissimo nella tradizione ellenica). Il totale intreccio di strumenti e di voci del coro (come un coro greco usato specialmente per i momenti più tragici della rappresentazione) produce un'incredibile magia che rimanda all'infanzia dell'artista il cui mondo sonoro era fatto di elementi naturali, di vento e di pioggia, di silenzio e di neve, di feste popolari e di processioni, di melodie bizantine e di canti contadini. Qui dentro ci sono "lo sguardo di Ulisse" e "il passo sospeso della gru", i "Paesaggi di nebbia" e la "Nostalgia del ritorno", in altre parole "L'eternità in un giorno nella polvere del tempo", tanto per citare la personale visione di Angelopoulos.
Questa è musica di commento teatrale ma ha vita a sé stante. E' visione ed energia, sogno e poesia. E' riflessione che regala incredibili momenti di magia.
Voto 9/10
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09/02/2014
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