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Mieli Vs Montanelli

San Benedetto del Tronto | Sulla liceità che il direttore del più autorevole quotidiano italiano, il Corriere della Sera, scenda in campo per una squadra politica.

di Laura Ripani


E' lecito che il direttore di un giornale si schieri apertamente per una coalizione politica? E, nel far questo, impegni la sua testata? E' quanto accaduto nei giorni scorsi in Italia, dove, sul più autorevole giornale italiano, il Corriere della Sera, il direttore, Paolo Mieli, ha deciso di schierarsi apertamente per il centrosinistra.

Proviamo, quindi, a capire perchè a questa domanda la maggior parte delle risposte, alcune anche di politici del centrodestra, sia stata favorevole. Innanzitutto perchè è stato onesto. Da tempo i lettori si erano accorti di una deriva in tal senso. Non con i toni accesi del presidente del consiglio che lo ha paragonato all'Unità, ma certamente dopo la direzione di Ferruccio de Bortoli e l'interregno di Stefano Folli, qualcosa era cambiato.
Inoltre basta il buonsenso a capire che, nemici o amici (senza entrare nel merito della questione prettamente partitica) è sempre meglio sapere chi si ha difronte.

Piuttosto che restare all'oscuro.
Però. Però, così facendo, il direttore ha dimostrato alcune evidenze. E i limiti della sua posizione. Già ai tempi della fecondazione assistita cercò di intervenire con tesi del tutto ragionevoli che si doveva sposare una certa idea. E fu clamorosamente smentito dai risultati del Referendum.

Egli, insomma, va per la sua strada. Non si pone il problema di rappresentare o no i lettori nè, tantomeno, i suoi editorialisti ai quali per fortuna della democrazia, ha comunque concesso la libertà, anche in aperta antitesi con il suo pensiero. Ma le persone normali, la maggioranza del Paese, ha dimostrato che, proprio in occasione del tema etico, non accetta il mielismo. Quella posizione, vale a dire, che pur non obbligando, cerca di convincere con il sofismo.

Le persone vogliono fare come gli pare, sbagliare o indovinare con la loro testa. E non piace che, gli intellettuali soprattutto, li manipolino. Insomma, la sensazione è che, di fatto, Mieli abbia rappresentato soltanto sè stesso. Usato il giornale per i propri virtuosismi intellettuali. Nè tanto nè quanto si accusa Berlusconi di fare con la politica, curare i propri interessi che, in questo caso, sono di visibilità.

Altro da Indro Montanelli. Egli fu l'inventore della famosa battuta "turatevi il naso e votate Dc", addirittura un ordine. Ma lo fece da giornalista. E, per questo, fu addirittura creduto e seguito. Da una lucida e disincantata analisi della realtà, intelligentemente interpretò il comune sentire. Dando voce ai suoi "padroni", i lettori. E diritto di cittadinanza ad una tesi che, consapevolmente o no, era già
patrimonio dell'italia. Ecco, a Mieli manca questa empatia. Si è rivelato un campione che gioca per una squadra. Che può anche vincere la Coppa dei Campioni, per carità. Ha compagni che lo rispettano, ma con la sensazione di essere ignorati.

E se è vero come è vero che il Corriere della Sera è giornale filogovernativo per eccellenza, allora il suo assomiglia ad uno scoop: dare la notizia prima che gli altri se ne accorgano, vince il centrosinistra. Per non appecoronarsi se dovesse accadere ma avendo traghettato verso il nuovo. Mai seguendo.

Infine una domanda. Ma se Mieli si fosse schierato con Berlusconi, cosa sarebbe accaduto?

13/03/2006





        
  



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