La detenzione di prodotti e alimenti congelati e surgelati nei frigoriferi di un ristorante, di un esercizio commerciale o di uno spaccio aperto al pubblico, senza che tale stato di conservazione sia indicato nel menù, integra il reato di tentativo di frode in commercio.

Questo afferma la Cassazione , sezione penale, nelle più recenti pronunce in materia, (su tutte Cass. pen., sez. III, 27/06/2005, n. 24190), ritenendo che l'omessa indicazione nella lista delle vivande di tale precondizione degli alimenti e anche senza che si instauri un rapporto concreto con il cliente, dia vita alla fattispecie delittuosa della frode in commercio seppure nella forma del tentativo, anch'esso punibile penalmente, visto l'obbligo dell'esercente di dichiarare la qualità della merce offerta al consumatore, ed il rilievo che ha la presenza della lista delle vivande equivale ad una proposta contrattuale nei confronti dei potenziali clienti e manifesta l'intenzione di offrire i prodotti indicati nella lista stessa.

Nel momento in cui la proposta contrattuale dell'esercente viene portata all'attenzione dell'avventore con la effettiva consegna del menù senza l'indicazione che alcuni alimenti sono congelati o surgelati, ecco che viene consumato e perfezionato il reato di frode in commercio, che non si realizzerà più solo nella forma del tentativo e che sarà punito con la pena maggiore prevista per il reato consumato.

In tale caso è irrilevante per la consumazione del reato che il consumatore potesse facilmente, applicando normale attenzione e diligenza, rendersi conto della difformità tra alimento indicato nel menù e quello consegnato, e l'esercente, ai sensi dell'art. 515 codice penale, potrà essere punito per il reato così commesso con la reclusione fino a due anni o con la multa fino ad 2.065, 00 €.