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Tubolare Mike Oldfield

San Benedetto del Tronto | Mike Oldfield "Man on the rocks"

di

Mike Oldfield

"Man on the rocks "

Per la serie "A volte ritornano" (qui di thriller à la Stephen King c'è ben poco) ecco bussare di nuovo alle porte del mercato discografico quel Mike Oldfield che il 99% del pubblico ricorda per "Tubular bells". A dire il vero il thriller è passato anche da quelle note se pensiamo alle citazioni dei Goblin di "Profondo rosso" ma soprattutto all'utilizzo di quegli spartiti per il film "L'esorcista", reale propulsore di un disco da milioni e milioni di copie in tutto il mondo. Sicuramente quel lavoro del lontano 1973 sarà stato delizia e croce stessa per il suo autore costretto ad una decina di versioni diverse da allora ad oggi. Una vera crocifissione per il musicista Oldfield che ha ripetuto l'operazione "campane tubolari" per tutta la vita e anche nella spettacolare esibizione alle ultime Olimpiadi di Londra.

Per Mike Oldfield i generi e le etichette si sono sprecate, le definizioni si sono esaurite ma nonostante tutto egli si ostina a chiudersi in sala di incisione (non fa tanta strada dal momento che è nei sotterranei della sua villa alle Bahamas) e, dopo una decina di anni di silenzio (l'ultimo lavoro - "Tubular bells" in versione enne non fa più testo - era "Light + Shade" del 2005) eccolo di nuovo che ci fa ciao con "Man on the rocks" che si avvale di una bella copertina con una "grotta azzurra" emersa verso il sole. Con la produzione di Stephen Lipson (Annie Lennox, Jeff Beck, Paul McCartney) in "Man on the rocks" non ci si discosta molto dal pop rock, a volte rock tout court, ascoltato decine di migliaia di volte, tanto per essere in difetto, e con qualche sprazzo di assolo di chitarra -di base, pur essendo polistrumentista, Mike Oldfield è un chitarrista piuttosto bravo- il disco dimostra di non avere nemmeno un briciolo di novità né un guizzo di genio e mette a dura prova l'ascoltatore.

Per ricordare il ciclone Irene che colpì le Bahamas tre anni fa ha composto il brano omonimo che sembra uscito dai compitini di scuola di un anonimo sedicenne degli anni settanta infarcito degli ascolti più beceri e triviali. Cita un po' di folk cantautorale in "Minutes" e con il brano che dà il titolo al disco oppure tira fuori un riff à la Mark Knopfler in "Dreaming in the wind", ruba in "Nuclear" il ritornello di "Epitaph" dei King Crimson e tocca persino il gospel ("I give myself away" di William McDowell in chiusura) ma in tutto il disco non c'è uno sprazzo di originalità né di interesse. E' solo un operazione di marketing che prevede edizione doppia e tripla con i soliti banalissimi inediti (strumentali, demo e b-side) e doppio vinile colorato per l'allocco fan di turno che vuole tutto, ma proprio tutto, del suo idolo.

Voto 3/10

13/03/2014





        
  



3+2=

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