Walter Marocchi Mala Hierba

"Alisachni"

Nelle immagini della copertina e nel suo libretto interno vengono suggerite tutte le idee di questo interessante lavoro del chitarrista Walter Marocchi milanese alla sua seconda esperienza discografica con Mala Hierba. Piccole ruote che si incastrano una all'altra, piccoli meccanismi di automazione che possono ritrovarsi in un vecchio orologio, in un giocattolo a carica, in un marchingegno ruotante i cui singoli pezzi creano il funzionamento per la scansione del tempo o per il movimento stesso del gioco.I singoli pezzi che determinano una composizione sono le esperienze di vita, di viaggio, di colori e di profumi del musicista che sono tutti raccolti in un album tradotto in note. E' un po' il risultato di una ricetta culinaria che fonde ingredienti diversi che arrivano persino da habitat diversi.

Questo gioco di fusione e di ibridazione crea in definitiva la ricetta musicale, una sorta di "Impollinazione" (questo era il titolo del primo disco dei Mala Hierba premiato al M.E.I. nel 2009 come miglior album strumentale italiano) frutto del volo di fiore in fiore, dello spostamento di paese in paese, di assorbimento di tradizioni varie. In fondo è questa la vera vita di un musicista e della sua creatività. Ogni esperienza viene filtrata e tradotta in musica anche se alla fine del disco si potrebbe avere l'apparente idea di uno sconcerto e di un disorientamento per la mancanza di un'idea musicale unitaria.

"Alisachni" è un lavoro strumentale (ad eccezione dei brani "La cueva del gato", una sorta di rivoluzione corale in spagnolo, con la voce di Ornella Vinci e il coro Aquilante e la bellissima "Yalistan" in turco/greco con versi di Nazim Hikmet e Vassilis Vassilikos declamati e cantati da Altin Manaf e Giovanna Ferrara e accompagnati dal superlativo clarinetto di Roberto Romano e dal bouzouki dello stesso Marocchi) che nella forma è intriso di jazz e di fusion a volte retrodatata agli anni Settanta ma soprattutto è pieno di tradizione popolare che va dal mar Mediterraneo al Bosforo attraverso i Balcani; da Cuba al Sudamerica attraverso le nostalgie di esuli migranti e di viaggiatori del blues nordamericano ("Hobo") ma anche di disorientanti ritmi di reggae ("Trebisonda"). Il collante di questi suoni disparati è l'onda del mare e il suo movimento che sedimenta il sale ("alisachni" è un termine greco che, come recita il libretto, indica esattamente "lo strato di sale depositato sulle rocce dalle onde del mare"). E di sale si torna a parlare nella bella "Tango del pesce azzurro" nella quale, tra un colore di milonga e un passo di tango, una voce di donna del sud recita varie modalità di preparazioni per diversi piatti a base di alici. E' davvero ricco di suoni questo "Alisachni" e, ascolto dopo ascolto, non ci si sente più alieni e disorientati. Si capisce meglio come il gioco migratorio, da un genere all'altro, da un paese all'altro possa diventare una condizione dell'animo umano, una legge della natura ("Nidi") che ci fa essere tutti esiliati migratori ("Esuli").

Voto 7,5/10