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La contrastata “Direttiva Bolkestein”

| L’europa sociale si mobilita per la difesa dei diritti, del lavoro e della pace.

di Maria Teresa Antonelli

 

 
La direttiva che porta il nome dell’ex commissario europeo, l'olandese Frits Bolkestein, porterà domani, sabato 19 marzo, in piazza a Bruxelles migliaia di persone per una importante giornata di mobilitazione, alla vigilia del vertice europeo sugli Accordi di Lisbona (l’agenda sociale europea).
La "direttiva Bolkestein" sulla liberalizzazione dei servizi è, infatti, al centro dell'iniziativa dell'organizzazione europea dei sindacati - la CES - e di numerose altre organizzazioni di movimenti sociali e giovanili, che non vogliono l'approvazione di un provvedimento che è considerato come un pericolo per le conquiste sociali.
 
Assieme ai temi del lavoro e della difesa dei diritti, la manifestazione esalterà anche il tema della pace. La scelta della data per la manifestazione non è casuale, perchè il 19 marzo ricorre l’anniversario dell'inizio della guerra in Iraq. Lo spezzone dei movimenti sarà aperto dalle gigantografie di, Florence Aubenas e Hussein Hanoun,. Gli striscioni porteranno scritto, nelle varie lingue, "Contro la guerra, il razzismo e il liberismo. Per un'altra Europa”.
Nel primo pomeriggio, da tre punti diversi della città, si confluirà in unico grande corteo che raggiungerà la Gare du Nord. L'appuntamento per i movimenti sociali è alle 13 a Porte d'Anderlecht  dove, in attesa della partenza, ci saranno musica e interventi.
Il corteo sarà aperto dalle organizzazioni giovanili, seguiranno la Ces e i sindacati nazionali e infine lo spezzone dei movimenti sociali, che parteciperanno con le parole d'ordine decise nel Forum Europeo di Londra dello scorso autunno: contro la guerra, il liberismo e il razzismo.
 
La contrastata “Direttiva Bolkestein”.
Per una profonda modifica, se non per il ritiro stesso della direttiva, si sono già pronunciate numerose organizzazioni. Il Parlamento europeo deve esaminare il rapporto sulla direttiva ma ha già chiesto, con una decisione della Conferenza dei capigruppo, un impegno preciso della Commissione. La Francia, con il presidente Jacques Chirac, ha ufficialmente domandato una revisione profonda della direttiva: l'Assemblea nazionale francese ha approvato una risoluzione che definisce la direttiva "inaccettabile" e ne chiede il riesame.
Il comitato organizzatore italiano - formato dalle associazioni, sindacati, movimenti, partiti, testate che fanno parte della Campagna Stop Bolkestein  , mette in discussione i punti cruciali della Direttiva che, insieme a quella sull'orario di lavoro tenta di dare, secondo i promotori della campagna, il colpo di grazia a quel che rimane del modello sociale europeo, mettendo  definitivamente nelle mani delle grandi corporations i diritti sociali acquisiti, liberalizzando i servizi. Attraverso l'introduzione del "principio del paese d'origine" si vogliono definitivamente smantellare i diritti del lavoro e le norme a tutela della salute e dell'ambiente.
 
Secondo il Comitato della campagna “Stop Balkestein”, la Direttiva prende in considerazione tutti i servizi eccetto quelli erogati direttamente e gratuitamente dai poteri pubblici; la nuova definizione dei servizi è molto ampia e apre la strada alla privatizzazione e alla messa in concorrenza di buona parte delle attività di servizio, compresa la quasi totalità dell'insegnamento, la totalità della sanità e delle attività culturali.

Le legislazioni ed i regolamenti nazionali sono considerati dalla Commissione europea «arcaici, obsoleti e in contraddizione con la legislazione europea».Gli "ostacoli" presi di mira dalla Commissione europea sono decisioni che i poteri pubblici hanno preso per evitare che il settore dei servizi diventi una giungla. La Commissione europea intende invece rimettere in causa «il potere discrezionale delle autorità locali»; allo scopo di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei servizi, il progetto rinuncia a una pratica consolidata nella costruzione europea, quella dell'armonizzazione.
 
L'armonizzazione viene sostituita dal "principio del Paese d'origine".
Secondo questo principio, un fornitore di servizi è sottoposto alla legge del Paese in cui ha sede l'impresa, e non a quella del Paese dove fornisce il servizio. Ci si troverebbe dunque – sostiene Attac Italia -  di fronte a un vero e proprio incitamento legale a spostarsi verso i Paesi dove le normative fiscali, sociali e ambientali sono più permissive.

Con il "principio del Paese d'origine",si accusa la Direttiva di violare l'art. 50 del Trattato istitutivo della Comunità europea, secondo cui «il fornitore di servizi può esercitare a titolo temporaneo la sua attività nel Paese in cui fornisce la prestazione alle stesse condizioni che questo Paese pratica alle imprese nazionali. Il "principio del Paese d'origine" permette di deregolamentare e privatizzare totalmente i servizi che non sono forniti direttamente e gratuitamente dai poteri pubblici consentendo di destrutturare e smantellare il mercato del lavoro nei Paesi in cui è organizzato e protetto.

Ciò vedrebbe legalizzata l'esportazione di contratti di lavoro peggiori laddove vi sono condizioni contrattuali migliori per i lavoratori e le lavoratrici; per facilitare la libertà di insediamento, gli Stati dovranno limitare le condizioni poste all'autorizzazione di insediamento di un'attività di servizio. Questo progetto sottrarrebbe quindi ai poteri pubblici qualsiasi diritto di indirizzare l'organizzazione dell'attività economica del proprio Paese.
Considerato che la direttiva in questione abbasserebbe notevolmente i livelli di tutela dei diritti di lavoratori e lavoratrici, si aprirebbe la strada alla privatizzazione selvaggia di tutti i servizi.

19/03/2005





        
  



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