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Il 19 marzo a In Art: una serata tra storia, cultura e tradizione

San Benedetto del Tronto | Intenso e coinvolgente, il primo appuntamento della seconda parte della rassegna In Art domenica 19 marzo alla trattoria “Da Rino Al Pontino” ha riconfermato il consenso e la partecipazione del pubblico.

di Elvira Apone

un momento della serata del 19 marzo

Domenica 19 marzo, presso la trattoria “Da Rino Al Pontino”, il primo incontro della seconda parte della rassegna letteraria e musicale In Art, a cura dell’associazione culturale Rinascenza sotto la direzione artistica di Annalisa Frontalini, ha riconfermato un ampio consenso e un’attenta partecipazione di pubblico. Gli ospiti di questo appuntamento sono stati il fotografo Paolo Soriani, padrino e sostenitore della rassegna, che ha nuovamente esposto il suo progetto SORIANSKY MEETS, in cui la fotografia incontra la musica e la pittura attraverso splendidi ritratti di grandi personaggi della musica jazz immortalati in un contesto visivo inusuale e lontano da quello ufficiale; il poeta basco Jose Angel Irigarai, che ha presentato il suo libro di poesie “Luoghi, sensi…nel viaggio” (Perosini edizioni), e il musicista Raffaello Simeoni che, accompagnato da Stefano Manelfi alle chitarre e da Carlo Ferretti alle percussioni, ha regalato al pubblico di In Art il suo sorprendente e originale concerto “Saltarello all’Alhambra”.

Guidati dalle sapienti parole del magistrato e poeta Ettore Picardi, che ha moderato l’incontro con il suo solito garbo, gli ospiti hanno parlato ciascuno la propria lingua, quella che meglio di ogni altra li rappresentava e che più di ogni altra li ricongiungeva alla propria identità artistica e personale. Così, attraverso i propri versi e quelli di altri poeti che lo hanno ispirato, Jose Angel Irigarai, uomo di profonda cultura e spessore umano, artista e poeta raffinato, ha condotto il pubblico di In Art in un viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta non solo della letteratura basca, ancora assai poco conosciuta nel nostro paese, ma anche della nostra identità linguistica e culturale, di quelle radici storiche profonde e radicate in ciascuno di noi, da cui ognuno, sia come individuo sia come membro di una comunità, non può prescindere. Un percorso avvincente, interessante, emozionante che, dagli albori dell’umanità, giunge fino ai nostri giorni, in cui sembra quanto mai importante il ruolo salvifico della poesia che, come Irigarai ha rilevato, è essa stessa un viaggio, un cammino di conoscenza lungo e spesso tortuoso, ma necessario, dove ciò che più conta non è tanto la meta finale, quanto il tragitto stesso.

E sulla scia di questo magnifico viaggio nel tempo, seguendo le tracce lasciate da chi ci ha preceduti, il testimone è passato a Raffaello Simeoni, che ha dato al pubblico una splendida anticipazione del concerto in cui si è esibito dopo la cena. Simeoni ha parlato attraverso la propria musica, una musica che affonda anch’essa le radici lontano nel tempo, tra le antiche tradizioni del nostro passato e tra le remote melodie legate a mondi a noi distanti, che parla al cuore attraverso le note di strumenti sconosciuti o in disuso, eppure resi così vivi e attuali dal magico tocco di un menestrello della canzone d’autore, di un cantore della vita nella sua essenza più vera e più autentica. E poi ha preso la parola Paolo Soriani, artista di rara sensibilità e generosità, fautore di quella interdisciplinarietà tra le arti che non solo ben si accorda all’intento della rassegna, ma che, a maggior ragione durante questa serata, ha rivelato quel filo sottile, eppure così saldo e netto, che lega la letteratura alla musica, la poesia, che nasce dai riposti sentimenti di un animo puro e di una mente aperta agli stimoli esterni, alla canzone che scaturisce dalla passione per la propria terra e da quel senso di appartenenza al proprio universo culturale, sociale e spirituale. La multimedialità, come ha ribadito Paolo Soriani, non è un’invenzione moderna; al contrario, rimanda a quel concetto universale di trasversalità tra le arti e tra le culture di cui il pubblico di In Art ha potuto ricevere un mirabile esempio domenica.

Con semplicità e naturalezza, come un pittore che con poche e decise pennellate riesce a dipingere un quadro di forte impatto emotivo, Jose Angel Irigarai ha saputo tratteggiare in questa breve intervista, più simile a un dialogo tra allieva e maestro, il proprio mondo interiore, quell’inquietudine che spesso lo porta alla ricerca di una nuova dimensione esistenziale, il proprio desiderio di comunicare e di fare della cultura un valido strumento per vivere.

 “Oltre a scrivere poesie lei ha anche scritto saggi e racconti. Qual è, però, la veste in cui si sente meglio?”

Jose Angel Irigarai: “Scrivo un po’ di tutto, ma la poesia riesce a esprimere e trasmettere meglio quello che sento; mi dà l’opportunità di fuggire dallo stretto mondo in cui mi trovo per cercare nuovi orizzonti e nuovi sguardi con cui osservare il mondo in un’altra maniera e trovare così una collocazione nell’esistenza. È comunque sempre un modo di comunicare”.

“Quali funzioni pensa che possa avere la poesia?”

Jose Angel Irigarai: “Per me la poesia, consciamente o inconsciamente, ha sempre l’intento di salvarci; è una specie di terapia inconsapevole per trovare delle vie nel percorso della vita, come il poeta greco Kavafis ha scritto, per arrivare fino a Itaca. Ciò che è più importante, però, è il cammino, il viaggio, per questo credo che la poesia sia un appuntamento con l’eternità, come del resto ogni forma d’arte.

“So che fa parte di varie associazioni culturali. Qual è il loro scopo principale: diffondere la lingua e la cultura basca?”

Jose Angel Irigarai: “Non solo: lo scopo è di diffondere diverse forme d’arte e di cultura. Per esempio, ho diretto un centro culturale e teatrale, dove cercavamo di fare cultura in contesti conviviali in cui si mangiava e si beveva, cercando, quindi, di non separare la cultura da tutto il resto, ma tentando di dare alla cultura la realtà della vita e alla vita l’orizzonte aperto che la cultura può offrire”.

“Come mai conosce bene la lingua italiana?”

Jose Angel Irigarai: “Vengo in Italia da più di venticinque anni, soprattutto in Piemonte, Valdossola e nella zona del lago di Garda, però sono stato anche in Puglia, Sicilia e Toscana. Poi, grazie al mio amico Antonio Breschi, ho conosciuto Annalisa Frontalini e l’associazione Rinascenza e sono stato invitato qui a San Benedetto, un posto che mi è piaciuto moltissimo, ma soprattutto per me è un onore essere ospite di In Art stasera e vivere esperienze come questa, che sono veramente poetiche e informali, alla presenza di un pubblico ristretto”.

“Grazie, l’onore è nostro. Certo, l’obiettivo di Rinascenza sarebbe di allargare questi eventi a un pubblico più ampio, ma non è facile…”

Jose Angel Irigarai: “Lo immagino. Il mondo attuale, con la tendenza al consumismo e all’individualismo, va proprio contro queste iniziative. A maggior ragione, mi complimento con Rinascenza e la ringrazio; è una fortuna che ci siano piccole cellule vive come questa che, anche se non possono cambiare la società, lasciano sicuramente un seme”.

Con la stessa spontaneità e schiettezza, Raffaello Simeoni ha brevemente raccontato delle sue passioni, soprattutto di quella per gli strumenti musicali che, come grandi famiglie di girovaghi, hanno segnato il cammino dell’intera umanità.

“Puoi parlarmi di questo tuo nuovo progetto, “Saltarello all’Alhambra, che presenterai stasera?

Raffaello Simeoni: “Saltarello all’Alhambra” in realtà è un progetto molto più ampio di quello che sentirete stasera, in cui saremo solo in tre a suonare. Include, infatti, quattordici musicisti provenienti da tutte le parti del mondo: un arabo, un messicano, uno spagnolo, due musicisti che fanno musica medievale, tra cui anche un premio Oscar, e tanti altri. Si tratta di tutti musicisti che fanno musica legata alle proprie radici, creando così un viaggio tra le tradizioni di tutto il mondo”.

“So che suoni tanti strumenti che hai recuperato anche tra quelli vecchi e addirittura in disuso. Come è nata questa passione?”

Raffaello Simeoni: “Ce l’ho da sempre. Ho incominciato a suonare l’ocarina a cinque anni anche perché vengo da una famiglia di musicisti e mio padre la suonava. Sin da piccolo, quindi, ho sempre cercato altro nella musica e ho iniziato a conoscere e suonare strumenti tradizionali di tutto il mondo, dal Giappone al Nicaragua”.

“Nel coniugare la nostra tradizione popolare alle altre, in questa apertura verso gli altri, hai rilevato aspetti e filoni comuni che collegano la nostra musica tradizionale a quelle degli altri paesi?”

Raffaello Simeoni: “Sicuramente. Proprio gli strumenti musicali sono un grande collegamento. Molti strumenti musicali della nostra tradizione, per esempio, li troviamo in forma molto simile in Giappone, in Cina. Stasera, ad esempio, suonerò anche uno strumento tipico della tradizione italiana, la ciaramella, eppure questo strumento non ha origini italiane ma viene dalla Turchia e, ancor prima, dalla Cina e dal Giappone. Quando vado all’estero trovo sempre similitudini grandissime tra gli strumenti musicali e, ovviamente, nella musica in genere. Gli strumenti sono come grandi famiglie che si sono mosse nel corso dei secoli, insieme addirittura alle guerre, che hanno portato da una parte all’altra anche gli strumenti musicali”.

“So che hai avuto tante esperienze con musicisti di diverse estrazioni musicali. Ci sono elementi che hai preso e fatto tuoi in modo particolare?”

Raffaello Simeoni: “In realtà ho preso qualcosa un po’ da tutti. È normale che sia così. È difficile che un musicista che lavora con altri butti via delle cose, proprio per una crescita reciproca. Così funziona la musica: è una crescita, un contatto, un passarsi dei mondi, ed è questa la cosa più bella”.

“Che cosa pensi di questa rassegna?”

Raffaello Simeoni: “Sono felicissimo di esserci, e in particolare in questa serata in cui si parla di cultura basca perché io sono amante dei paesi baschi; inoltre, ho incontrato di nuovo Paolo Soriani, che già conoscevo perché molti anni fa mi fece delle fotografie che mi portarono fortuna. Auguro tutto il bene a questa rassegna perché l’incontro tra le culture e tra le arti che promuove è fondamentale, è uno stimolo continuo”.

Dopo i due bis finali che Simeoni, insieme ai due musicisti che lo accompagnavano, ha concesso al pubblico affascinato e conquistato dalla sua musica, è calato il sipario sulla serata, una serata che, ancora una volta, ha sorpreso, emozionato, lasciato il segno; una serata in cui l’eco del passato ha risuonato forte tra le atmosfere del presente, in cui la fiamma ardente dell’arte ha dato di nuovo prova della sua inossidabile esistenza.

22/03/2017





        
  



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