La voce dei poeti mercoledì 21 marzo al Palazzo Bice Piacentini
San Benedetto del Tronto | Mercoledì 21 marzo, in occasione della giornata mondiale della Poesia, al Palazzo Bice Piacentini di San Benedetto del Tronto, grandi poeti del passato e del presente hanno parlato attraverso la voce di Filippo Massacci.
di Elvira Apone
ph. Fania Pozielli
Mercoledì 21 marzo, in occasione della giornata mondiale della Poesia e nell’ambito delle attività del Club Unesco di San Benedetto del Tronto, presso la Sala della Poesia del Palazzo Bice Piacentini di San Benedetto del Tronto, Filippo Massacci, uomo di grande cultura e appassionato lettore, ha proposto una serata all’insegna della poesia dal titolo “Luoghi Persone Poesie”, in cui, attraverso un viaggio immaginario sospeso tra realtà e fantasia, ha condotto il pubblico tra le pieghe dell’animo di poeti straordinari che, con i loro versi, hanno saputo parlare al cuore. All’evento era presente anche un pubblico di non udenti grazie alla presenza del servizio LIS.
“La poesia è un atto di pace” ha osservato la presidente del Club Unesco, Laura Cennini, introducendo l’incontro e citando le parole del poeta Pablo Neruda. E, come ha affermato Filippo Massacci, “la poesia è nata prima della parola stessa; la poesia ci invita alla consapevolezza e per questo ne abbiamo paura. Essere consapevoli è il miglior antidoto alla sofferenza”. La poesia, dunque, concilia, unisce, conforta, placa e, soprattutto, mette ciascuno di fronte alla propria anima con coscienza e sincerità. Forse è per questo che, come Filippo ha sottolineato, “sono i poeti i veri eroi del nostro tempo”.
Dalla sua valigia colma di libri, mercoledì sera Filippo Massacci ha tirato fuori le parole più belle, i sentimenti più puri e più intensi, le emozioni più autentiche di poeti senza tempo, e lo ha fatto proiettando, come su uno schermo, i loro mondi interiori fatti di paure, gioie, dolori, speranze, illusioni, raccontando le loro storie, chiamandoli per nome come si fa con vecchi e cari amici, perché anche coloro che non conosciamo di persona possono esserlo, proprio grazie a quel filo invisibile che lega le anime di coloro che viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda. Perché, come ha spiegato Filippo, la poesia parla con la nostra anima al di là delle parole stesse.
Dal grande William Shakespeare, che proclama: “noi siamo di natura uguale ai sogni”, alla poetessa polacca Wislawa Szymborska, che si interroga sulla poesia e ne conferma la necessità (“mi aggrappo a questo come all’ancora di un corrimano”); da Emily Dickinson, che invita il genere umano all’eroismo e al coraggio che sembra aver paura di mostrare al mondo (“non conosciamo mai la nostra altezza finché non siamo chiamati ad alzarci”), a John Keats, che confessa il proprio sogno di morte e di eternità (“È così vivere in eterno-o venir meno nella morte”); dallo spirito irrequieto e rivoluzionario di Arthur Rimbaud (“Una sera, mi misi in grembo la Bellezza. E l’ho sentita amara. E l’ho ingiuriata. Mi sono armato contro la giustizia”), a Sandro Penna, che canta la vita e l’amore per la vita :“Io vivere vorrei addormentato entro il dolce rumore della vita”; da Acruto Vitali, che regala versi toccanti agli amici Sandro Penna e Osvaldo Licini, a Eugenio De Signoribus, che prefigura “un viaggio verso il proprio inizio”, fino a Giorgio Voltattorni, che rivede l’incantevole bellezza di Venezia negli occhi dell’amata (“Hai Venezie negli occhi” ) e a Lawrence Ferlinghetti, che dedica splendidi versi a una Grottammare dal “mare turchese” e dalle “caverne marine piene di echi oltre l’Adriatico”, per arrivare poi alla poesia della sanbenedettese Enrica Loggi, presente tra il pubblico, dove “i colori del poggio” disegnano insieme al cielo “un viaggio senza tempo e senza mondo”.
L’avventura continua, ancora, senza sosta, rivelando un momento magico ed emozionante, quello dell’incontro tra la poetessa Bice Piacentini e Mario Tozzi, sarto per necessità e musicista per passione, che da lei ricevette in dono un libro di poesie, un libro che Filippo Massacci, mercoledì sera, stringeva tra le mani, come un gioiello prezioso da cui sono usciti, affidati alla voce di Enrica Loggi, alcuni tra i più bei versi in sanbenedettese che la poetessa ha riservato alla propria città natale. Ma il viaggio attraverso la poesia non è ancora terminato. La nostra guida, esperta, attenta, precisa, entusiasta, ha ancora in serbo altre emozioni che, come piccole gocce di rugiada, si posano tra i nostri occhi e il cuore. È un grido struggente, un’invocazione di morte a rompere di nuovo gli applausi del pubblico: quello di Sylvia Plath (“Morire è un’arte, come ogni altra cosa”) che risuona nell’aria fino a far posto all’intenso misticismo dei versi del poeta irlandese William Butler Yeats (“ho steso i sogni sotto i tuoi piedi; cammina piano perché calpesti i miei sogni”), per poi giungere alla poesia di Juan Ramon Jimenez: “Cambian di posto i luoghi, nelle ore propizie”, passare per quella di Alda Merini: “Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta” e finire con la meravigliosa dichiarazione di Jorge Borges sulla poesia: “povera e immortale”, “torna come l’aurora ed il tramonto” e sull’arte: “Talora nelle grigie sere un volto ci guarda dal profondo d’uno specchio; l’arte dev’esser come quello specchio che ci rivela il nostro stesso volto”.
E la poesia, proprio come ogni forma d’arte, è uno strumento, forse il più affascinante e, al tempo stesso, il più inquietante, attraverso cui possiamo guardarci proprio come in uno specchio, per poi riportare alla luce la parte più intima e più vera di noi stessi e, forse, scoprire finalmente chi siamo in realtà.
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22/03/2018
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