Moralità: quando il privato è pubblico?
San Benedetto del Tronto | ..La verità umilia ma rende liberi .
di Maria Teresa Rosini
Nulla sembra essere più adatto di questa massima per connotare la posizione di chi, di fronte ai presunti ricatti della vicenda denominata “vallettopoli”, ha scelto la strada dello svelarsi agli occhi della pubblica opinione nelle proprie debolezze.
Se si volesse rintracciare una labile impronta di moralità in tutta questa storia, questo comportamento ce ne potrebbe offrire un esempio.
Chi riveste un ruolo istituzionale, però, si obietta, seppure non da protagonista, dovrebbe costituire un punto di riferimento anche, o proprio soprattutto, riguardo alla moralità personale e, per questo, anche il suo privato dovrebbe essere, per così dire,ineccepibile.
La morale però è, ed è stata spesso in passato nel mondo politico, come un abito full-size, adattabile da ognuno ai confini più o meno ampi della propria coscienza.
Viene da chiedersi allora dove inizia il “pubblico” di un uomo politico, che può, anzi deve, essere oggetto di giudizio e valutazione morale e politica e dove inizia “il privato” che dovrebbe costituire, come per ognuno, territorio riservato e protetto?
Mi sembra pericoloso, di fronte ad una realtà di costante emergenza morale, abdicare alla propria capacità di giudizio e valutazione e cedere alla tentazione di fare “di ogni erba un fascio”, coltivando ragionamenti che alimentano qualunquismo e inducono atteggiamenti di disinteresse nei confronti del mondo della politica.
Abbiamo bisogno dell’esatto contrario.
Abbiamo bisogno di conoscere e comprendere i fatti e soprattutto le intenzioni che dietro ai fatti si svelano o si nascondono.
Quanta parte della nostra società possiede o ricerca strumenti culturali adeguati per poter giudicare e distinguere e discriminare tra tutto ciò che la stampa, la televisione o Internet sottopone alle nostre menti e alla nostre coscienze?
Esiste una responsabilità in tutti noi, in qualunque settore della vita sociale in cui siamo coinvolti e in cui operiamo verso chi, come i più giovani o i bambini, questi strumenti non li posseggono o stanno ancora elaborandoli?
Esiste una educazione alla consapevolezza e quanto ce ne facciamo carico nelle scuole, nelle famiglie o in altri contesti?
Mi sembra che la vera disuguaglianza sia ancora tra chi è in grado di documentarsi e leggere la realtà cogliendone tutte le sfumature, le implicazioni, i collegamenti e chi questa capacità non ce l’ha ed è preda di coloro che davvero non conoscono altra morale che quella del proprio interesse personale, anteposto a qualunque altra valutazione e responsabilità.
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29/03/2007
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